Esclusiva Stadiosport – Francesco Vitale presenta ‘Calciomercato-Sliding Doors’: ”Ecco come sarebbero cambiati gli eventi”

Francesco Vitale, conduttore della trasmissione “Cittaceleste Te’ Best” di Cittaceleste TV e corrispondente della Lazio per Sport 65, ha presentato in esclusiva ai microfoni di Stadiosport.it il suo libro, “Calciomercato-Sliding Doors”, che uscirà nelle librerie il 7 gennaio 

Come sarebbero stati gli eventi se Cristiano Ronaldo avesse firmato per la Juventus? Oppure, le carriere di Lionel Messi e Robert Lewandowski sarebbe state le stesse se avessero iniziato le rispettive storie in Italia con Como e Genoa? E, ancora, Ronaldo sarebbe stato tartassato dagli infortuni se avesse scelto la Lazio invece dell’Inter

Domande e dubbi che tutti gli amanti del calcio si pongono. Perché, talvolta, una scelta, un rifiuto, una visita medica, un provino, possono cambiare la carriera di un calciatore e, quindi, anche la storia di una squadra. Ma c’è chi ha provato a raccontare gli aneddoti che si celano dietro a trattative ed operazioni di mercato fallite, stendendo un velo di nostalgico romanticismo nel romanzare ormai impossibili futuri di improbabili passati. 

Infatti, il 7 gennaio uscirà nelle librerie italiane “Calciomercato-Sliding Doors” di Francesco Vitale, conduttore della trasmissione “Cittaceleste Te’ Best” di Cittaceleste TV e corrispondente della Lazio per Sport 65, edito da Urbone Publishing, che si è espresso così in esclusiva ai microfoni di Stadiosport.it.

Come e quando nasce l’idea di scrivere “Calciomercato-Sliding Doors”, un libro che si concentra sulle trattative fallite?
«Durante un pomeriggio, stavo andando al cinema, ma mi ero sbagliato sull’orario di ingresso, perché il film iniziava alle 18:30 ed io ero andato alle 16:30 al Cinema Adriano. In quel lasso di tempo di 2 ore decido di andare in libreria, dove noto, nella sezione dei libri sportivi, che non ci sono libri che parlano di calciomercato, soprattutto non in una forma romanzata, magari su come sarebbero potuti cambiare gli eventi. Così subentra Sliding Doors. Un’altra fonte di ispirazione me l’ha data Paolo Di Canio: una sera che stavo vedendo la sua trasmissione su Fox, lui racconta della chiamata di Alex Ferguson, che lo voleva a Manchester, e del suo rifiuto». 

Secondo te, Dan Peterson avrebbe potuto replicare le sue vittorie anche nel calcio?
«Probabilmente no. Lui ha rifiutato questo incarico di allenare il Milan, la cui panchina gli era stata offerta prima dell’avvento di Arrigo Sacchi, che non era un tecnico famoso, perché arrivava dal Parma, ma ha avuto l’umiltà di non cimentarsi in uno sport che non è il suo. Però, nella vita mai dire mai. E’ proprio questo il bello di Calciomercato-Sliding Doors. Magari Dan Peterson avrebbe potuto cimentarsi in un qualcosa che non lo riguardava per quella che era la sua storia, ma sarebbe potuto essere un vincente, visto che si nasce con il dna vincente. Probabilmente, ha influito il fatto che non era il suo sport e anche che aveva lasciato l’Olimpia Milano con la vittoria del triplete, quindi da vincente. Forse, il suo approdo nel calcio avrebbe potuto affievolire il suo ricordo di come aveva lasciato il mondo del basket. Fu Adriano Galliani a segnalarlo a Silvio Berlusconi per costruire quello che poi divenne il grande Milan».

Perché saltarono gli affari Messi al Como e Lewandowski al Genoa?
«L’affare Messi saltò perché lo staff tecnico del Como non ritenne adatto fisicamente questo ragazzino, che aveva 15 anni. Mentre Lewandowski saltò perché Preziosi ritenne i 3,5 milioni di euro richiesti dal Lech Poznan una cifra non congrua a quello che doveva essere il mercato del Genoa, soprattutto rispetto all’effettivo valore del giocatore. Andò anche in tribuna al Marassi, perché era convinto di essere tesserato dal Genoa».

Di Canio disse no a Ferguson, Ibrahimovic a Wenger. Due rifiuti clamorosi, ma completamente diversi. Non pensi che queste scelte siano state fondamentali per le loro carriere?
«Quella di Di Canio fu una scelta di cuore verso il West Ham. Però, probabilmente, il suo passaggio a Manchester avrebbe potuto fargli compiere quella definitiva consacrazione che non ha mai avuto. In Italia, al Napoli è stato un ottimo giocatore, ma alla Juventus era arrivato come talento che doveva sbocciare, non mantenendo le attese, e al Milan era un comprimario. Mentre in Premier League ha vissuto la sua parabola calcistica migliore, perché è diventato un grandissimo giocatore proprio quando il campionato si stava rilanciando con l’esodo degli italiani. Addirittura, nel 2000 fece 16 gol con il West Ham, ma non venne preso in considerazione per gli Europei. Quindi, probabilmente, ha sbagliato, perché non ha fatto un salto di qualità definitivo nella propria carriera, ma se ci mettiamo il lato romantico, lui si è legato al West Ham. Magari se avesse accettato il Manchester non sarebbe mai andato alla Lazio. Mentre non sapremo mai se la carriera di Ibrahimovic sarebbe cambiata, anche perché per lui è stata fondamentale la tappa intermedia dell’Ajax, come dico anche nel libro. Ma c’è anche da dire che Wenger è un allenatore che punta molto sui giovani, per cui probabilmente avremmo potuto vedere il vero Ibra. Questo non lo sapremmo mai. Io ho provato a raccontare nel libro il suo destino, qualora fosse andato all’Arsenal. Probabilmente, non avrebbe mai giocato in tutte le grandi d’Italia, perché non ci sarebbe stato il lasso di tempo per poterlo fare. Magari avrebbe giocato solo con una e la sua carriera sarebbe cambiata. Però, bisogna dire che lui non ha rifiutato Wenger, voleva andare all’Arsenal ed era andato anche al centro sportivo per completare tutto l’iter del trasferimento, ma un collaboratore del Malmoe fu stizzito per l’atteggiamento di Wenger e decise che l’affare non si doveva più fare».

Come sarebbe cambiata la geopolitica del calcio contemporaneo con Cristiano Ronaldo alla Juventus?
«Credo che per Ronaldo sia stato fondamentale Alex Ferguson. Probabilmente, sarebbe stato un talento eccelso comunque, ma nella sua maturazione definitiva il passaggio al Manchester United credo sia stato un elemento fondamentale, perché Ferguson era anche una guida per i giovani nella formazione del carattere. Quando Ronaldo arrivò dallo Sporting Lisbona era un giocatore che si guardava molto allo specchio, poi è diventato un giocatore pratico e si è migliorato molto anche tatticamente e fisicamente con Ferguson. Non credo sarebbe cambiata la geopolitica del calcio, perché sarebbe arrivato in Italia nel 2002, quindi avrebbe dovuto fare prima il settore giovanile, poi il salto in prima squadra. L’affare non si fece per il rifiuto di Marcelo Salas di andare allo Sporting. Magari Ronaldo sarebbe stato ceduto lo stesso, visto che la Juventus è stata coinvolta in Calciopoli».

La Lazio fu vicina a Ronaldo nell’estate del 1997, ma anche l’affare Felipe Anderson è stata una vera e propria telenovela. Perché non si chiuse nel gennaio 2013?
«Non ci fu nulla da fare, perché l’affare si era protratto fino agli ultimi giorni di calciomercato, c’era stata anche l’intermediazione di Stefano Castagna per portare Felipe Anderson alla Lazio, ma c’era una differenza di 250 mila euro, che Lotito non voleva dare al Santos e quindi saltò. Mentre per Ronaldo, che giocava al Barcellona, prevalse il prestigio dell’Inter, che era spalleggiata dalla Pirelli. La Lazio era una squadra che si stava formando come una grande e vinse anche più dell’Inter in quegli anni, ma prevalse la scelta per il maggior prestigio dell’Inter. Ma la cosa interessante è che qualora Ronaldo fosse arrivato alla Lazio ci sarebbero state tante sliding doors: la prima, che lui non avrebbe affrontato la Lazio nella finale di Coppa Uefa, umiliando Nesta; poi, non ci sarebbe stato il 5 maggio; e, magari, avrebbe vinto anche la Champions League, l’ultimo anello mancante della Lazio dell’era Cragnotti e della sua carriera».

Infine, torniamo al presente. Dove può arrivare questa Lazio?
«E’ una squadra da quarto posto. E’ stato molto bravo Inzaghi in una situazione difficile dopo il mancato arrivo di Bielsa, riuscendo a creare un gruppo, mostrando anche una notevole duttilità tattica e di saper studiare molto bene gli avversari da affrontare di volta in volta. Però manca uno step, quello di dominare le squadre grandi e di poterle battere. Oltretutto, molto dipenderà anche dal calciomercato, su cui non ho particolari illusioni, visto come opera di solito il presidente Lotito. Lo stesso El Ghazi, messo fuori rosa dall’Ajax, può arrivare solo con una partenza di Keita, quindi è più fattibile per giugno. Per questo, credo che Lazio sia da quarto posto, eventualmente anche da quinto».

Benito Letizia © Stadio Sport

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