Nella giornata di ieri, 4 gennaio 2017, ci ha lasciato una delle più grandi leggende del calcio: Ezio Pascutti, attaccante che ha fatto le fortune del Bologna tra gli anni ’50 e ’60.
E’ proprio grazie a lui, infatti, che i rossoblu riuscirono a vincere lo Scudetto nel 1964: i suoi gol furono fondamentali.
I tifosi, soprattutto quelli di lunga data, lo ricordano per la sua celebre rete in tuffo rasente il terreno di gioco ed a pochi centrimentri dalla linea di porta nella gara contro l’Inter. A nulla valse la disperata rincorsa di un fulmineo Tarcisio Burgnich: la palla entrò in rete.
Pascutti, però, non rese soltanto grande il Bologna, ma anche la Nazionale. Non sono molte, a dire il vero, le presente che il bomber mise a segno con la maglia azzura, soltanto 17, ma condite da ben 8 reti all’attivo.
La società emiliana e tutti i suoi tifosi, dunque, piangono il suo campione ed uno dei suoi figli, calcisticamente parlando, più amati di tutti tempi.
L’attaccante, che faceva coppia con Perani in un attacco tutto fantasia e qualità, era ricoverato da tempo in una clinica privata nel bolognese, ma il ricordo di quella formazione piena di stelle è ancora forte.
Nella stessa rosa, infatti, militava Giacomo Bulgarelli, colui che materialmente faceva girare tutta la squadra in campo, ancor più del capitano Mirco Pavinato. L’allenatore era Fulvio Bernardini ed il presidente era Renato Dall’Ara, a cui è dedicato lo stadio nel quale gioca la compagine ora allenata da Donadoni.
La carriera tra i grandi di Pascutti è iniziata prestissimo, a soli 18 anni, quando viene lanciato nel 1958 in Serie A, per poi rimanerci fino al 1969: in 11 stagioni collezionò qualcosa come 296 presenze e 142 gol divenendo il terzo marcatore di sempre del Bologna, dietro soltanto a Schiavo e Reguzzoni.
Il fatto che, però, colpisce è che, a differenza di questi ultimi due, Pascutti non ha mai realizzato reti su calcio piazzato.
Suo è, inoltre, il record di reti consecutive segnate in campionato, ben 10, battuto solamente da Batistuta.
Celebre è anche la sua frase in merito alla conquista del titolo di campione di Serie A:
L’anno dello scudetto ci davano dei drogati, ma l’unico doping era il grande cuore.
Se ne va, così, un’altra leggenda del calcio che fu, di quello impregnato di passioni viscerali. Quel pallone che era poco business e molto più sentimento , quello che ora si fa fatica a trovare e che un giorno, chissà, tornerà ad essere protagonista.
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