Analisi Tattica Derby di Milano Inter – Milan 2-2 – Serie A 2016/17

Pioli sceglie Joao Mario come trequartista per il suo 4-2-3-1, lasciando Banega in panchina, in difesa Medel affianca Miranda, mentre i terzini sono Nagatomo e D’ambrosio. Per il resto rimane invariato l’undici preferito dell’allenatore ex-Lazio, mentre Montella inserisce ancora Mati Fernandez nell’undici di partenza del Milan, come mezzala sinistra, con Sosa in cabina di regia e la fisicità di Kucka alla destra del Principito. In difesa, accanto a Romagnoli, il protagonista della gara Zapata.

PRIMO TEMPO

La gara è indirizzata verso binari abbastanza chiari già nei primi minuti. Entrambe le squadre la mettono sull’intensità e sul pressing, e di conseguenza è veramente difficile vedere un’azione fluida che parta da dietro e che porti ad un tiro in porta. I problemi in fase di costruzione dell’Inter si denotano dopo appena 1 minuto di gioco, quando Gagliardini sbaglia l’appoggio verso la sinistra, per via del pressing degli avversari, e di fatto propizia un’occasione pericolosissima per i rossoneri.

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Quello che a prima vista sembrerebbe un errore individuale dell’ex-centrocampista dell’Atalanta in realtà sarà una vera e propria costante tattica che si ripeterà durante tutta la prima frazione. I due allenatori hanno preparato in maniera precisissima la fase di non possesso, con l’intento di non fare giocare gli avversari per bene da dietro, così,  il quadrilatero che l’Inter costruisce con i due centrali, i due terzini, ma soprattutto i due pivot (Kondogbia e Gagliardini, appunto) ha sofferto moltissimo il pressing del reparto mediano del Milan, e in generale di tutta la squadra di Montella disposta in un ordinato 4-1-4-1.

Ancora più feroce, invece, è il pressing che l’Inter attua nei confronti dei portatori di palla del Milan quando sono i rossoneri, invece, a cominciare l’azione. Sono proprio Kondogbia e Gagliardini che si alzano moltissimo, e marcano letteralmente a uomo Sosa (sbocco principale della manovra) e Kucka.

 

Con queste prerogative, e questi dettami tattici, il derby di Milano diventa una sfida molto intensa, ma poco godibile dal punto di vista prettamente tattico. I portieri diventano protagonisti, non tanto per le parate, ma per i lanci lunghi che servono a scavalcare le linee di pressione: quelli di Handanovic hanno come destinatario principale Perisic sulla sinistra, anche a volte il portiere sloveno viene sostituito da Miranda nell’inizio dell’azione, mentre i lanci di Donnarumma sono più imprecisi, e non hanno una destinazione precisa. Il Milan, a differenza dell’Inter, preferisce impostare con 3 uomini, Romagnoli, Zapata e De Sciglio, che nella maggior parte dei casi rimane arretrato, con Calabria, l’altro terzino, che invece sale molto, sulla linea di centrocampo.

Dopo 35 minuti di gioco è dopo una serie di rimpalli la palla torna per inerzia ai difensori dell’Inter, Gagliardini la riceve da Miranda e lancia verso Candreva che attacca la profondità, la difesa del Milan è schierata, ma De Sciglio arriva in maniera pigra sul contrasto e non copre bene, permettendo all’esterno azzurro di colpire il pallone dopo il primo rimbalzo. Il vantaggio dell’Inter è quasi casuale.

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Il Milan ha appena il tempo di reagire, riprova a tessere un po’ il gioco, ma passano 8 minuti, ancora una volta da una serie di rimpalli la palla arriva a Gagliardini che appoggia a Miranda. Il centrale brasiliano lancia verso l’attacco dove c’è Joao Mario in posizione intermedia, ma spalle alla porta. Zapata esce provando l’anticipo, Perisic conquista la seconda palla e sale in cattedra, triangolando con Icardi nello spazio. Il cross basso del croato è perfetto per l’inserimento di Maurito Icardi, alle spalle di Romagnoli, con Zapata che non arriva in tempo per coprire la traiettoria della palla. L’Inter va in vantaggio di due reti, di fatto seguendo in maniera coerente quello che l’allenatore aveva chiesto: provare ad attaccare la vulnerabile retroguardia rossonera con dei lanci in profondità. Il Milan, però, ha poco da rimproverarsi, se non una serie di errori individuali che spesso si ripetono.

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SECONDO TEMPO

Nella seconda parte del Derby il Milan alza il baricentro, soprattutto per via dell’atteggiamento dell’Inter che abbassa l’intensità del pressing, vuoi per le temperature, vuoi per il doppio vantaggio che permette ai nerazzurri di cambiare piano di gioco: difendere bassi, e provare a ripartire affidandosi ai due esterni, e gli attacchi letali dell’area da parte di Icardi.

Il Milan riesce a dare ampiezza alla manovra con un Calabria molto più intraprendente, anche Deulofeu è più pericoloso, dopo un primo tempo in cui era sempre tenuto a bada da un ottimo D’Ambrosio, aiutato molto bene dai raddoppi dei compagni.

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A 10 minuti dalla fine Montella decide di puntare tutto sulla fascia destra, inserendo Ocampos, e spostando Deulofeu, appunto, sul lato destro del Milan, con l’intento di sovraccaricare la manovra e mettere in difficoltà l’Inter lì, dove staziona l’uomo con più classe, Suso. Anche questa volta, in maniera quasi casuale, la mossa ha i suoi effetti, il Milan manda in area una serie enorme di cross, uno di questi, viene sfruttato da Romagnoli, che realizza la rete della speranza.

Spostare Deulofeu sulla destra (posizione in cui ha giocato soprattutto nell’ultimo periodo buono all’Everton) ha permesso anche a Suso di venire più dentro il campo a giocare nell’halfspace.

Il pareggio del Milan arriva quasi come se il campo fosse inclinato, come se il destino volesse far finire questo primo derby cinese, non c’è primo derby giocato all’ora di pranzo, con un pareggio, che tutto sommato però è apparso il risultato più giusto.

Le due squadre si sono divise le frazioni del match, un Inter più padrona del gioco nel primo tempo, un Milan arrembante nel secondo, ed è ancora più significativo come il risultato di una gara così carica di tradizioni sia stato convalidato di fatto dalla tecnologia. Orsato che segnala a Medel sull’orologio il segnale inviato dalla Goal Line Technology sarà per sempre un’immagine che rimarrà nella mente di tutti gli amanti del nostro calcio, come una sorta di spartiacque fra passato e futuro.

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