Oggi è il quinto anno dalla morte di Marco Simoncelli: il Sic ha lasciato un ricordo indelebile in tutto il mondo
Sono passati cinque anni dalla morte di Marco Simoncelli in quel maledetto incidente del 23 ottobre 2012 a Sepang, nel MotoMondiale di Malesia. Ma nessuno ha dimenticato il Sic, perché, come diceva Russell Crowe nel vestire i panni di Massimo X Meridio ai soldati della legione Felix prima della battaglia con i Germani nel film Il Gladiatore (2000): “Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità”.
Una ferita che si è ormai rimarginata, ma è impossibile da cancellare. Perché la vita ci ha tolto un ragazzo d’oro, non solo un campione in pista, ma anche nella vita. Un uomo vero, un italiano come ai bei vecchi tempi, che si circondava di affetto e amore per vivere il suo sogno. Un sogno spento dal destino. Un sogno che non si potrà mai più realizzare. Un sogno diventato sin da subito di tutti gli amanti di questo sport, che non dimenticano, né lo faranno mai, il Sic.
Il Sic era un ragazzo umile, simpatico e soprattutto amante della vita. Un ragazzo semplice, che a 24 anni ha perso la vita mentre stava facendo ciò che lo rendeva felice: correre, cosa che sapeva fare benissimo. Uno stile tutto suo, aggressivo, forse qualche volta anche contro le regole della sportività. Uno stile che l’aveva fatto considerare come l’erede naturale di Valentino Rossi. Un idolo, diventato amico e anche rivale, che ha continuato a correre anche per Simoncelli, dedicandogli più volte le sue vittorie, come il podio del 23 ottobre 2016 a Philip Island.
Il destino ha voluto prendersi il futuro della MotoGP italiana. Ironia ed ingiusta della vita, forse anche paradosso delle speranze e dei sogni di tutti gli uomini. Un sogno spezzato laddove il Sic aveva vinto il Mondiale nella categoria 250 cc. Un sogno lì dove aveva cominciato a viverlo.
L’assegnazione del nome Marco Simoncelli al MotoMondiale d’Italia e i tanti premi di cui è stato insignito sono solo riconoscimenti del suo talento e del suo essere il Sic.
Una vita spezzata nella realizzazione del suo sogno. Un modo per meditare su come la vita può dare fama, felicità, soldi e vittorie, ma che richiede poi un tributo da pagare. Morire a 24 anni, perlopiù nella realizzazione del proprio sogno, è sicuramente ironico. Era proprio l’ironia, il sorriso che il Sic regalava a tutti. Il suo emblema, la sua eredità, il suo esempio. Un dono che ha lasciato a tutti noi italiani.
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