Aurelio De Laurentis, presidente del Napoli mette in cassa integrazione, per due mesi, i 30 dipendenti del club. Sospeso quindi lo smart working.
L’emergenza Coronavirus continua a generare situazioni sempre più negative dal punto di vista lavorativo. Se da un lato c’è infatti un calcio giocato che è ormai fermo da settimane, dall’altro ci sono società che ogni giorno sono costrette a fare i conti con peggioramenti economici sempre più dilaganti.
Da tempo si discute ormai della possibilità di tornare in campo a maggio, a giugno o in estate inoltrata, ma la verità è che se la situazione non migliorerà a breve, molte persone perderanno il lavoro, ammesso che non l’abbiano già perso.
Ad ogni modo, come detto, anche le società di calcio sono costrette a fare i conti con l’emergenza e ad attuare tagli dov’è possibile. La prima ad aver agito in questo senso è stata la Juventus che, di comune accordo con giocatori e staff, ha tagliato gli stipendi, risparmiando circa 90 milioni di euro.
Anche il Napoli si era dimostrato propenso a seguire la stessa linea dei bianconeri, ma le eventuali decisioni da prendere sono andate poi a scadere in un nulla di fatto. Il taglio degli stipendi è infatti ancora lontano, anche perché De Laurentis sta aspettando, evidentemente, l’accordo tra Lega Calcio e AIC, con i giocatori che, dal canto loro, non si esprimono più di tanto.
La mensilità di marzo è stata congelata e ora si aspetta di saperne di più per quanto riguarda quelle di aprile, maggio e giugno. Nel frattempo, il comandante in capo azzurro ha fatto sapere di aver messo in cassa integrazione, per due mesi, i 30 dipendenti del club. Sospeso dunque anche lo smart working.
Il Napoli è il primo club ad attuare una misura di questo tipo e a breve, molto probabilmente, anche le altre società seguiranno la via tracciata dal sodalizio campano.
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