Milan, clamoroso dalla Cina: Yonghong Li insolvente, richiesta liquidazione per bancarotta e cassaforte vuota

Il Corriere della Sera, attraverso Milena Gabanelli e Mario Gerevini, spara la bomba: le banche cinesi chiedono liquidazione per bancarotta alla holding di Yonghong Li, che non avrebbe pagato i debiti, a causa di una cassaforte praticamente vuota anche prima dell’acquisto del Milan 

E’ passato praticamente un anno dalla firma del preliminare e sei-sette mesi dall’acquisto del club, ma continua a far discutere la compravendita del Milan da Fininvest alla Rossoneri Sport Lussemburgo di Yonghong Li. Infatti, oggi arrivano altre clamorose voci dalla Cina, tramite il Corriere della Sera

Dopo che le banche creditrici di Canton e Jiangsu avevano fatto causa per l’insolvenza della Shenzhen Jie Ande, il tribunale di Futian ha stabilito che il patrimonio della holding di famiglia vada all’asta su Taobao, una sorta di Ebay cinese, così da poter saldare i debiti, entro il 2 febbraio, data poi rinviata, con l’intera quota di partecipazione, che ammonta all’11,39%, della Zhuhai Zhongfu, quotata nella Borsa di Shenzhen, per un valore di 60 milioni di euro, come risarcimento alle banche. 

A questo si aggiunge la comunicazione della China Securities Regulatory Commission, una sorta di Consob di Pechino, dell’apertura di indagini per presunti illeciti sul mercato commessi dalla holding stessa, che avrebbe tenuto nascoste in questi mesi sia la sentenza, che l’insolvenza. Il tutto avvenuto proprio nei mesi dell’acquisizione del Milan da Silvio Berlusconi, per la quale avrebbe creato una credibilità, una storia e una consistenza patrimoniale tale da rendere solida la trattativa, grazie ad un documento nel quale erano presenti asset importanti, come famose miniere di fosfato, l’holding e la partecipazione alla società sopra citate. 

L’inchiesta dei due giornalisti del quotidiano italiano mette in risalto le date, visto che la partecipazione alla Zhuhai Zhongfu era già in pegno dal 2015 alla Jiangsu Bank per un prestito, soldi che non sono mai stati rimborsati e insolvenza che ha portato alla causa da parte della banca nel maggio 2016 al tribunale di Futian, che il 7 febbraio 2017 ordina la vendita all’asta del pacchetto in pegno, scatenando il ricorso da parte di Shenzhen Jie Ande. 

Nel frattempo, il 13 aprile dello stesso anno, a Milano, Li acquista il Milan da Fininvest per 740 milioni di euro, grazie a soldi girati tramite fondi off-shore dalle Isole Vergini Britanniche e dalle Cayman Islands e ad un prestito da 303 milioni di euro, con tassi compresi tra il 7% e l’11% con scadenza il 15 ottobre 2018, dell’hedge fund americano Elliott

Poco dopo, a maggio, Li perde il ricorso e il tribunale conferma la vendita coattiva delle quote di partecipazione alla Jiangsu Bank. Nonostante l’insolvenza e il fallimento in Cina, però, le credenziali di onorabilità e solidità presentate dal cinese alla Lega Calcio hanno esito positivo: il Milan viene iscritto al campionato di Serie A per la stagione 2017-2018 e inizia una campagna acquisti da oltre 200 milioni di euro, tutte operazioni garantite dalle fideiussioni da parte delle banche.  

A causa dell’avvicinarsi della restituzione del debito contratto con Elliott, poi, da dicembre Marco Fassone, ad e dg del Milan, firma prima con Highbridge e poi con Merryll Lynch contratti in esclusiva per cercare nuovi fondi, con tassi di interesse più contenuto, così da rifinanziare il prestito di Elliott. 

Nel frattempo, il tribunale di Futian fissa al 2 febbraio l’asta giudiziale su Taobao e, poco prima, l’8 gennaio, anche la Canton Bank, con cui Li doveva saldare altri debiti, chiede la liquidazione per bancarotta della holding di famiglia, che fa rinviare l’asta per accavallamento delle pretese risarcitorie. E, se non bastasse, in Italia circolano voci secondo cui il cinese sarebbe oggetto di presunte inchieste di riciclaggio per l’acquisto del Milan, subito smentite, visto che la Rossoneri Sports Lussemburgo ha rispettato tutte le pretese del contratto firmato con Fininvest. 

Infatti, sia Lazard Italia che Rothschild, di cui fa parte Paolo Scaroni, attualmente nel cda del club rossonero e amico di Berlusconi stesso, le banche che hanno fatto da advisor finanziari alla compravendita del Milan, non avevano riscontrato nulla di pregiudizievole a carico di Li e, soprattutto, avevano evidenziato la disponibilità di risorse adeguate, a livello finanziario, per la realizzazione dell’operazione, proprio quando la sua società-cassaforte era stata definita insolvente dal tribunale di Futian. 

Quindi, le ipotesi possono essere varie. La prima è quella che, forse, attualmente almeno, sembra la meno probabile: Li è molto ricco, ma ha voluto tenere nascosto il suo reale patrimonio e non paga i debiti per altri motivi o perché si affida alle persone sbagliate per gestire i propri problemi di carattere squisitamente tributario. La seconda è quella più probabile: Li è un millantatore. La terza, forse, quella più possibile: Li è solo un factotum, il volto, un prestanome di un gruppo di imprenditori che non vogliono emergere, per cui le garanzie non sarebbe sue, come, del resto, tecnicamente è, visto che l’acquisto del Milan è avvenuto tramite finanziatori, anche se solo ufficiosamente per motivi politici, come Haixia Capital e Huarong International Group

Il pericolo che i tifosi del Milan vogliono scongiurare è semplice: non finire su Taobao o Ebay. Questo, ovviamente, appare quasi impossibile, visto che, qualora davvero Li non riuscisse a restituire o, comunque, a rifinanziare il debito con Elliott e, soprattutto, qualora davvero fosse costretto a cedere per insolvenza e saldare i debiti, la società rossonera passerebbe nelle mani del fondo speculativo americano, che si troverebbe con una società di calcio così importante, di cui hai già in pegno le azioni, i diritti tv presenti e futuri, i marchi, conti in banca, spogliatoi, insomma tutto, pagata solo 303 milioni di euro e sana, a livello finanziario, che avrebbe tutto l’interesse a rivendere per una cifra sicuramente più appetibile a più soggetti, non dovendosi accontentare del primo che bussa alla porta. 

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