Tanti e incomprensibili gli errori della dirigenza neroazzurra in questi mesi: dall’esonero di Mancini a pochi giorni dall’inizio del campionato a quello di De Boer a soli quattro giorni dalla fiducia espressa dall’assemblea dei soci.
Il rapporto tra De Boer e l’Inter è stato un matrimonio breve ma intenso, nel bene e soprattutto nel male. Nato non sotto i migliori auspici, sotto il torrido sole di agosto a pochi giorni dall’inizio del campionato, quando si è consumato con un ritardo incomprensibile il divorzio con Mancini: un divorzio annunciato da tempo, con il Mancio che trascorse le ultime settimane da tecnico neroazzurro quasi da separato in casa, ma ufficializzato con colpevole ritardo dalla dirigenza neroazzurra. Scegliere un allenatore come De Boer, con nessuna esperienza nel calcio italiano, che ha avuto pochissimo tempo per conoscere la squadra e trasmettere i suoi principi di gioco, si è rivelata una scelta azzardata e fallimentare con il senno di poi. Ma sulla carta l’idea di scegliere una leggenda del calcio olandese, con un palmarès invidiabile sia da giocatore che da allenatore (ricordiamo i quattro campionati consecutivi dal 2010 al 2014 vinti con l’Ajax), che prometteva bel gioco, grande cura per la fase difensiva e tanto lavoro con i giovani, piaceva a molti.
Dopo un inizio un po’ claudicante sembrava anche essere scoccata la scintilla: la vittoria con la Juventus è stato uno dei momenti di maggiore entusiasmo degli ultimi anni per un’Inter che aveva finalmente dato l’impressione di aver intrapreso la strada giusta per tornare non necessariamente a vincere, ma a competere quello sì, per la vetta della classifica. L’idillio è stato breve: poi sono arrivate le tante, troppe sconfitte, quasi tutte meritate per la pochezza del gioco espresso e la mancanza di idee della squadra e il divorzio a quel punto sembrava ad un passo. Con una classifica disastrosa e il rischio concreto dell’eliminazione dall’Europa League nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. La settimana scorsa, però, la decisione spiazzante dell’assemblea dei soci: piena fiducia a De Boer, l’olandese non si tocca. La dirigenza intera fa quadrato intorno al suo allenatore: anche qui, scelta rischiosa ma apprezzabile per il coraggio.
Neanche tre giorni dopo la sconfitta con la Sampdoria, al termine non della peggior partita della gestione De Boer, mette di nuovo in discussione tutto. Com’è possibile? La dirigenza non aveva appena rinnovato la fiducia al tecnico olandese? L’impressione è che a scaricare De Boer, stavolta, sia stata la squadra: troppi i casi di giocatori poco o nulla coinvolti dall’olandese, partendo dalla punta di diamante del mercato estivo, Gabigol, finito rapidamente nel dimenticatoio dopo un fugace esordio in Serie A, passando per Jovetic e Biabiany, praticamente spariti dai radar, e arrivando a Kondogbia e Brozovic, con il francese ad un passo dall’addio dopo una serie di prestazioni sconcertanti e il croato che nemmeno un mese fa era stato prima messo fuori rosa e poi reintegrato in fretta e furia, forse anche per mancanza di alternative di qualità a centrocampo.
Come siano andate davvero le cose non lo sapremo mai: di certo c’è solo l’esonero di De Boer e il clima di grande confusione che regna intorno alla squadra (affidata temporaneamente a Vecchi), a partire dalla società per arrivare ai tifosi, costretti ad assistere impotenti all’ennesima stagione fallimentare e a sperare, ancora una volta, che il prossimo allenatore (Pioli è a un passo dalla firma) rimetta in sesto un ambiente che ne ha passate davvero troppe.
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