Dopo una giornata convulsa e una conferenze stampa ristretta iniziata con un grosso ritardo, Mino Raiola ha spiegato ai microfoni di Raisport e al Corriere della Sera i motivi per cui non il contratto di Donnarumma non è stato rinnovato.
Stando alle parole del “principe” dei procuratori, il mancato rinnovo sarebbe da addebitare a non meglio precisate pressioni della società che non avrebbe concesso al portiere e al suo agente il tempo necessario per riflettere sul progetto che verrà portato avanti, sul quale Raiola è sempre stato scettico, se non ostile. E non solo. L’italo-olandese ha anche attaccato pesantemente il ds rossonero Massimiliano Mirabelli, reo, a suo dire, di aver gestito male la storia dal punto di vista mediatico e di aver pressato troppo il giocatore, che gli avrebbe poi confessato di non sentirsela più di restare.
Raiola ha anche rincarato la dose minacciando, non troppo velatamente, di ricorrere alla giustizia qualora Donnarumma venga estromesso dai titolari per essere spedito in tribuna fino alla scadenza del contratto, definendo tale possibilità un caso di mobbing. Inoltre ha smentito trattative con altri clubs e che a monte della questione ci siano questioni economiche.
Sulla scelta avrebbero influito anche minacce di morte rivolte al ragazzo, contestato con striscioni e un lancio di banconote finte durante la prima uscita della Nazionale under 21 all’Europeo in Polonia.
A questo punto, occorre fare alcune riflessioni: chi scrive non crede ad una parola detta da Raiola. Sembra inverosimile che il portiere abbia deciso di punto in bianco di non vestire più la maglia della sua squadra del cuore di cui sarebbe stato, forse, il capitano. Sia chiaro, non è esente da scuse nemmeno Gigio: avrebbe potuto e dovuto imporsi per restare, ma evidentemente facevano gola i tanti soldi che potrebbero piovere nelle loro tasche in caso di addio. Più dei 5 milioni offerti dal Milan, uno sproposito per un diciottenne ed uno sforzo eccezionale per il club. Qui c’è un problema di etica: Raiola non è un procuratore che fa gli interessi dei giocatori, ma i suoi, così come Donnarumma ha mostrato di essere venale. Il progetto c’è e sta prendendo forma pian piano, come è giusto che sia dopo anni di scempi tecnici ed economici che hanno fatto a pezzi una squadra gloriosa. Donnarumma, e forse i suoi familiari, non voleva attendere che il Milan tornasse grande, voleva tutto e subito. E Raiola è uno che ti dà tutto e te lo dà subito.
Altro problema: la clausola rescissoria. Raiola ha preteso una clausola bassa per portare Gigio in un club danaroso, tipo il Real Madrid o il Psg, per via dei sospetti sul progetto tecnico e societario. Ma il duo Fassone-Mirabelli, sornioni, hanno detto no e hanno proposto una clausola da 100 milioni. Per scoraggiare tentativi e anche perché sono convinti della bontà dell’operato dei cinesi.
La frattura, infine, è, a parer nostro, da ricercarsi anche in un altro fattore: il procuratore, sorpassato dal collega Jorge Mendes nelle preferenze del Milan, e il caso di André Silva lo dimostra, non ha gradito il fatto di non poter più rifilare ai rossoneri molti dei giocatori in suo possesso, tra cui dei veri bidoni che a Milano hanno fatto danni incalcolabili, ma ricevendo elogi e lauti stipendi dai compiacenti Galliani e Berlusconi e ha lavorato sul ragazzo, già scarsamente integro moralmente, e lo ha convinto a rinnegare se stesso. Gelosia e avidità, un mix potenzialmente mortale che ha rovinato una bella favola.
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