La notte tra venerdì e sabato ha consegnato finalmente anche la finale maschile dell’ultimo slam dell’anno a New York e saranno Juan Martin del Potro e Novak Djokovic a contendersi il successo major.
Una finale inedita a livello slam ma decisamente intrigante tra i due che hanno dato vita, in passato, a grandi battaglie e ad incontri mozzafiato.
Il primo a raggiungere la finale è stato l’argentino che non ha nemmeno dovuto concludere il suo incontro ma è bastato aggiudicarsi due set prima di attendere il ritiro di un acciaccato Rafael Nadal.
Non sono passate indenni le due maratone contro Khachanov prima e, soprattutto, contro Thiem poi ed il ginocchio destro del maiorchino, già colpevole di diversi stop lungo la carriera di Nadal, ha ceduto di fronte alla fatica delle tante ore sul campo e alla pressione del gioco sul cemento.
Dopo un primo set durato poco più di un’ora di gioco comunque di ottimo livello, vinto al tie break da delPo, ma durante il quale si erano già visti emergere i primi problemi e i primi dubbi per Rafa, nel secondo il numero uno del mondo ha alzato bandiera bianca concludendo il parziale ma cercando sempre di abbreviare gli scambi con soluzioni estranee al suo gioco e con il morale decisamente a terra.
Concluso il secondo set, Rafa non ci ha pensato su due volte e, consapevole dei rischi nel continuare a giocare e dell’impossibilità di far suo l’incontro, ha lasciato strada libera a delPo per il passaggio del turno registrando il terzo ritiro della carriera in un major dopo Melbourne 2010 e 2018.
Dall’altra parte, invece, del Potro, nove anni dopo la prima ed ultima volta, torna in finale in uno slam, proprio a New York dove nel 2009 sorprese il mondo del tennis superando prima proprio Nadal e poi Federer in finale.
Questa volta, a mettergli i bastoni tra le ruote per quello che sarebbe il regalo più dolce dopo anni di infortuni, di sofferenze e di battaglie contro un fisico troppo fragile, ci sarà il serbo Novak Djokovic, fresco vincitore di Wimbledon e in netta ripresa dopo mesi di assoluto buio dal giugno del 2016.
Il serbo torna in finale a New York per l’ottava volta in carriera, la prima dal 2016, grazie al netto successo, tre set a zero, sul giapponese Kei Nishikori contro il quale aveva vinto gli ultimi 13 confronti diretti.
L’ultimo successo di Nishikori, però, risaliva proprio alla semifinale di New York del 2014 e questo aveva aumentato l’interesse e l’intrigo dietro questo match che, invece, si è rivelato a senso unico e perfetta routine per Nole, sempre più in crescita nel corso del torneo.
La finale, però, sarà tutta un’altra storia perché delPo sa come battere il serbo ed ha le armi, con il suo servizio dirompente ed il suo diritto imperioso, per sfondare il muro di Nole.
In più, Djokovic non vanta un grande record nelle finali a Flushing Meadows avendo vinto appena due volte su sette disputate e perdendo dai più svariati avversari, da Federer a Nadal passando per Murray e Wawrinka.
In palio, oltre al prestigioso titolo, c’è anche la terza posizione nella classifica mondiale e la seconda piazza nella Race che tiene i conti dei risultati stagionali grazie ai quali, entrambi, possono già dirsi certi di partecipare a fine anno, alle ATP Finals di Londra.
Sempre numeri alla mano, però, Nole va alla caccia del 14esimo slam della carriera, contro l’unico conquistato da delPo, come detto proprio sui campi in cemento di New York, ormai nove anni fa, e questo sicuramente potrà avere un peso specifico importante soprattutto in avvio di match.
Però New York, più di qualsiasi altra città, più di qualsiasi altro slam, ha intorno a sé l’aura del posto dove i sogni sono destinati a realizzarsi improvvisamente e magicamente, dove tutto davvero può succedere.
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