Semplicemente mostruoso, Novak Djokovic travolge Rafael Nadal nell’attesissima finale degli Australian Open 2019 e trionfa per la settima volta nel primo slam della stagione toccando quota 15 major in carriera (-3 dallo stesso Nadal, -5 da Federer).
Mai nessuno come lui a Melbourne, mai nessuno così dominante ed inattaccabile quando al 100% della sua condizione e mai nessuno così debordante contro il primo possibile rivale, il numero due del mondo, apparso , però, inaspettatamente piccolo nel confronto sotto i riflettori della Rod Laver Arena.
Nella finale dei sogni, 53esimo capitolo di una sfida infinita con Nadal, il serbo è stato semplicemente di un altro pianeta fin dai primi scambi del match, senza tensione, senza nervosismo, con un fulminante parziale di 12 punti a 1 in pochi minuti.
Insomma, senza storia dal primo all’ultimo quindici dell’incontro, in una sfida che, dopo una manciata di minuti, una pioggia di vincenti e qualche soluzione da strabuzzare gli occhi, è scivolata via in attesa di un esito già scritto, nonostante dall’altra parte della rete ci fosse un cannibale difficile da domare.
Dopo Londra e New York, Djokovic fa suo anche il titolo di Melbourne, quello vinto più volte in carriera, quello dove 11 anni fa l’immensa storia di questo campione ebbe inizio all’ombra dei fenomeni più ingombranti negli almanacchi del tennis.
Eppure, quell’ombra, che un decennio fa sembrava densa ed opprimente, oggi se la getta lui alle sue spalle, dominante da far paura, vincente con una facilità tanto disarmante quanto inspiegabile se non ammettendo di trovarsi di fronte ad un autentico alieno.
Dopo un anno e mezzo di buoi totale, Djokovic è tornato a vedere quella luce che l’aveva condotto a fare a spallate con Federer e Nadal inserendosi in un duello che sembrava fuori dalla portata di qualsiasi umano.
E forse proprio perché Nole, di umano, ha solo le sembianze, per il resto il modo in cui domina gli avversari, trionfa negli appuntamenti più importanti, disegnando tennis come un eccellente pittore, non appartiene certo a questo mondo.
E se, dopo aver già vinto tutto, dopo aver trascorso un terzo della vita con la racchetta in mano, a 32 anni, senza nulla più da dimostrare, questo signore continua ad avere quella voglia pulsante di scrivere pagine di storia e di confezionare epici record, beh, mostruoso è l’unico aggettivo che rende l’idea della sua grandezza.
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