Xavi day, la favola del “Profe” catalano: dai 17 anni al Barcellona alla pensione dorata a Doha
Campione universale, signore non solo del calcio, ma dello sport nella sua interezza, Xavi è uno degli ultimissimi prototipi del regista moderno ancora in circolazione. Il catalano oggi compie 38 anni e Stadiosport ha voluto celebrare questa giornata ripercorrendo le tappe della sua impressionante carriera, fatta di dedizione, sacrificio ed acume tattico, doti che lo hanno portato sul tetto del Mondo.
Quella di Xavi è una vera e propria favola che inizia in una tiepida giornata invernale: torniamo al 25 gennaio del 1980, quando a Terrassa, piccola cittadina situata ad appena 28 chilometri da Barcellona, nasce un piccoletto la cui storia sarà legata strettamente a quella delle grandi vittorie blaugrana, passando dalla sapienti mani (e menti) di allenatori come Van Gaal, Rijkaard e Guardiola.
Ad appena 11 anni il piccolo Xavier Hernández Creus entra a far parte delle giovanili del Barcellona, club che ne riconosce immediatamente le enormi qualità e lo cresce attentamente, puntando sempre su di lui e monitorandone i miglioramenti costantemente, fino a promuoverlo, a 17 anni, nel Barcellona B.
Da quel momento la carriera di Xavi è solamente un escalation, dalla trafila completa con la Nazionale della Spagna (Under 17, Under 18, Under 20, Under 21 e Nazionale Maggiore), al primo contratto importante firmato con la prima squadra del Barcellona nel 1998.
Ad appena 19 anni Van Gaal decide di portarlo in pianta stabile in prima squadra, ad imparare dai grandi ed avendo l’occasione di poter “rubare” i segreti del ruolo a maestri come Sergi e Guardiola, del quale Xavi era palesemente l’erede designato.
L’allenatore olandese di talenti se ne intende e su Xavi ci ha subito visto lungo: è il 18 agosto del 1998 quando il tecnico concede l’esordio al centrocampista, gettandolo nella mischia da titolare e venendo ripagato subito da un gol nell’andata di Supercoppa di Spagna contro il Maiorca.
Xavi diventa subito parte fondamentale del progetto del Barcellona e perno inossidabile della Nazionale spagnola, imponendosi come uno dei centrocampisti più forti e completi presenti sul panorama mondiale.
Xavi non è una semplice mezzala, non è un semplice regista, Xavi è molto di più. Presto gli vengono affibbiati soprannomi come “Calculadora“, per la sua precisione millimetrica nei passaggi, “El Profe“, per il suo modo magistrale di tenere il campo e dettare i tempi di gioco e, più avanti, “El Pelopo“, termine catalano che deriva da “pelopina“, giocata che ha caratterizzato la sua carriera: la pelopina è la mezza giravolta che Xavi esegue su se’ stesso per eludere qualunque tentativo di pressing ed aggressione dell’avversario.
La sua grandezza risiede nella consapevolezza dei propri limiti, nel capire sempre quale giocata è alla propria portata e quale no, nell’umiltà di ammettere di non avere le doti di Messi e Ronaldo, ma nel conoscere bene i propri mezzi, nello sfruttare il baricentro basso e nel sapere ruotare intorno al proprio asse come una trottola, tenendo sempre il corpo tra la palla e l’avversario e guardando con la coda dell’occhio la direzione in cui l’avversario prova ad attaccarlo, spostandosi sempre nel senso opposto.
Con Xavi nasce il ruolo della mezzala di possesso, gli studiosi e gli amanti del calcio in Spagna iniziano a parlare di Xavismo e nella mente di tutti gli spagnoli è ben radicata la filosofia di gioco di un mito che ha segnato un’epoca, che ha vinto ben 31 trofei tra club e Nazionale, che è riuscito ad entrare nella ristrettissima classe elitaria dei calciatori che hanno superato le 1000 presenze in carriera, che ha giocato in un Barcellona così stellare da entrare di diritto nell’albo delle squadre più forti di ogni era, ma che non è mai riuscito a vincere il Pallone d’Oro.
Infatti, se giocare insieme a campioni come Deco, Ronaldinho e Messi ne ha esaltato le qualità, permettendogli di esprimersi a livelli inimmaginabili, dall’altro lato ne ha forse oscurato la luminosissima stella, “condannandolo” ad arrivare tre volte consecutive (2009, 2010 e 2011) al terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro.
Due calciatori a cui Xavi è particolarmente legato, sono senza alcun dubbio Casillas e Pirlo.
Il primo, è stato compagno di mille battaglie in Nazionale ed amico inseparabile dalla conquista del Mondiale Under 20 in Nigeria nel 1999, ma allo stesso tempo è stato avversario di altrettante sfide infuocate tra il Real Madrid ed il Barcellona.
Il nostro Andrea, invece, è da sempre un modello a cui Xavi si ispira. Come detto più volte dallo spagnolo, infatti, i due hanno iniziato ad affrontarsi all’età di 16 anni, dando sempre vita a duelli deliziosi a colpi di magie e tocchi fatati.
Dopo 17 lunghi anni con la maglia del Barcellona cucita sulla pelle, a 35 anni, ha deciso di non rinnovare il proprio contratto e di andare a giocare le ultime stagioni della sua pluristellata carriera in un ambiente meno frenetico e competitivo, firmando un contratto biennale da 10 milioni di euro annui con l’Al-Sadd e regalandosi così una pensione dorata, sancendo inoltre con la federazione qatariota anche un accordo che lo renderà ambasciatore del Qatar in vista dei Mondiali del 2022.
Il 21 maggio 2015 Xavi annuncia dunque la sua decisione e ufficializza il suo “arrivederci” al Vecchio Continente, lasciando l’Europa dopo aver conquistato 8 Campionati spagnoli, 6 Supercoppa di Spagna, 4 Champions League, 2 Supercoppa Uefa, 2 Mondiali per Club e, ancora, con la maglia della Nazionale, 1 Campionato mondiale Under-20, 1 Argento olimpico, 2 Campionati d’Europa e 1 Campionato Mondiale.
Da allora delizia gli arabi con la sua classe, ma al termine di questa stagione ha già fatto sapere che appenderà le sue magiche scarpette al chiodo: l’amore per il Barcellona è troppo forte ed il suo futuro è a casa sua.
Non sa ancora bene se come dirigente oppure sotto un’altra veste, ma nel frattempo ha già avviato gli studi da allenatore presso la Aspire Academy e c’è da scommettere che presto inizierà ad insegnare calcio, provando a trasmettere il suo immenso sapere ai “futuri Xavi” che, per fortuna degli amanti del calcio, lui stesso forgerà ed istruirà, a sua immagine e somiglianza, con la consapevolezza, però, che un genio come lui potrebbe non nascere mai più.
Redazione
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