4 ore e 51 minuti, steso sul cemento newyorchese, il fisico sfinito, la mente distrutta per il travolgente vortice di emozioni di un match storico, il cuore pieno di gioia per una nuova incredibile impresa.
Rafael Nadal conquista lo Us Open 2019 al termine di una meravigliosa battaglia contro il “novellino” Daniil Medvedev, per la prima volta, sicuramente non l’ultima, in una finale major, e aggiunge lo slam numero 19 di una carriera impossibile da descrivere ancora.
Una partita dai mille volti, quasi vinta, quasi persa e poi bramata, voluta fino a possederla, un match che sembrava finito con lo spagnolo avanti di due set e con un break di vantaggio nel terzo ma che il suo agguerrito rivale, un predestinato per gli anni che verranno, non ha mai pensato di aver già perso.
E così Nadal, dopo aver conquistato un sofferto primo set quasi al fotofinish, rimontando un break iniziale di svantaggio e strappando il servizio nel dodicesimo gioco al giovane russo, ha dato un’accelerata improvvisa e veemente alla sfida con un secondo parziale d’autore scappando poi avanti anche nel terzo in totale controllo.
Colpito ma non affondato, Medvedev, che su questi palcoscenico non tarderà a tornare, ha costruito la sua rimonta approfittando di una strana crescente tensione dello spagnolo, ormai assuefatto dal vivere questi momenti, ad un passo dal traguardo, e con la personalità e la spavalderia di un campione promesso, ha riacciuffato un match che pareva perso rincorrendo Nadal nel punteggio fino a trascinarlo al quinto.
Così, con tutto di nuova in totale parità, con un vento che sembrata favorevole al russo, in crescita, in fiducia, in rimonta dopo essere stato ad un passo dalla sconfitta, Nadal ha vinto la partita non solo alla fine, quando ha visto scorrere via l’ultimo diritto di Medvedev, ma soprattutto all’inizio del parziale, quando con tutto da perdere, si è rimesso lì, in gioco, a sudare, a spingere, a remare, a fare tutto quello che era necessario per potere dire, in fondo, “ho vinto”.
Dopo aver brillato nelle prime due ore di gioco per l’acume tattico, l’imprevedibile varietà di colpi messi in scena che hanno più e più volte incartato il suo avversario, Nadal ha vinto, nelle successive tre ore, per la capacità di soffrire, di lottare su ogni quindici di vivere tutti i punti come se fossero fondamentali, quasi gli ultimi della sua carriera.
In una sola partita, in una sola finale, Nadal ha presentato tutto il meglio di sé, tutto quel campionario di doti eccezionali, di qualità fisiche fuori dal comune, di virtù tecniche, spesso sottovalutate, che la natura gli ha donato, quel desiderio forsennato di vincere come se non avesse mai vinto prima, come se tutto ciò fosse nuovo, ancora da realizzare e conquistare.
Così, in un 2019 di incredibile livello ma che, ad un certo punto, quando solo a Roma era finalmente riuscito a sbloccarsi e a vincere il primo titolo stagionale, sembrava un po’ opaco, Nadal trova invece ben due titoli slam, rosicchiando qualcosa nel vantaggio dello storico amico-rivale Federer a quota 20 nella classifica all time.
Ma soprattutto torna a trionfare sul cemento, lontano dall’amata terra rossa, per la quarta volta sotto le intense luci di New York, a dimostrazione che dovunque, ancora, il cannibale di Manacor può fare la voce grossa e dire la sua e con l’obiettivo, tra qualche settimana, di chiudere l’anno in vetta al mondo.
Un campione eterno, senza limiti, un infinito esempio di campo e di vita, uno di quegli eroi sportivi per cui, ad una certo punto, il vocabolario diventa stranamente stretto e le parole non riescono più, si fermano, pure loro, per dire semplicemente, ancora una volta, “bravo Rafa, sei il migliore”.
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