Di lui, nel mondo del tennis, è impossibile non aver sentito parlare almeno una volta perché Duckhee Lee, oltre ad essere uno dei giovani più interessanti, ha dalla nascita un problema che l’ha reso unico.
Il giovane tennista coreano, infatti, è sordo dalla nascita, ma, merito anche dei suoi genitori, ha provato a condurre la sua vita, fin qui, come se questo handicap non esistesse.
Il tennis è sembrato, fin da subito, l’occasione per provare a trovare il suo posto nel mondo, per provare comunque, malgrado le difficoltà, a dire la sua.
NOME | DUCKHEE |
COGNOME | LEE |
DATA DI NASCITA | 29.05.1998 |
NAZIONE | COREA DEL SUD |
RANKING | 236 |
COLPO PREFERITO | DIRITTO |
HIGHLIGHTS | SF CHENNAI, KAOHSIUNG |
Duckhee Lee si avvicina al tennis da piccolo, all’età di 7 anni, guardando giocare il suo cugino, che oggi lo segue nel suo percorso di crescita tra Challenger e primi tentativi nel circuito maggiore.
Una passione nata così intensamente, soltanto guardando la pallina andare da una parte all’altra del campo e senza sentirne il rumore, l’impatto.
Per i genitori, che hanno sempre spinto il figlio a relazionarsi con i suoi coetanei e a credere nelle proprie passioni malgrado le normali difficoltà che potessero emergere dal suo problema, videro nel tennis la strada perfetta da percorrere.
In quanto sport individuale, Lee non avrebbe avuto necessità di dipendere da altre persone e, sul campo, si sarebbe trovato da solo a gestire il suo problema e a confrontarsi con le sue personali sfide.
Oggi, Lee è tra i giovani più interessanti del circuito e non solo per questo deficit che, senz’altro, lo ha reso speciale ed è la prima caratteristica che viene presentata di lui.
Oggi Lee è tra i prospetti che più impressionano per talento e qualità tecniche e, a vent’anni, con ancora vivide negli occhi le gesta dei suoi idoli, Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic, si prepara a tentare il grande salto nel circuito dei grandi.
In questa ultima stagione Lee ha raggiunto le semifinali nei Challenger di Chennai e Kaohsiung, in quest’ultimo cedendo solo all’ex top ten Gael Monfils, oltre al turno decisivo delle qualificazioni per i major di Melbourne e Parigi.
Il suo gioco è calato nella contemporaneità con colpi piuttosto piatti e rapidi e, non a caso, la superficie su cui si trova più a suo agio e sulla quale, in effetti, ha ottenuto i migliori risultati è proprio il cemento.
Il diritto è il colpo migliore, naturale nel movimento, incredibilmente preciso per impatto e timing, oltre che esplosivo e dirompente tanto nell’uscita in lungo linea quanto nella soluzione più manovrata in diagonale.
Il rovescio, bimane, è altrettanto impressionante per il tempo di impatto sulla palla, simile per certi aspetti ad un altro tennista asiatico, il numero uno di Giappone Kei Nishikori, ma a tratti sembra ancora un po’ troppo leggero, prevedibile nell’esecuzione e contratto nei momenti più tesi del match.
Il servizio è, in parte, condizionato dall’altezza, 1,75 m, e per questo non sempre penetrante come quello di altri suoi giovani colleghi decisamente più imponenti sotto il profilo fisico.
Tuttavia è capace di trovare diverse rotazioni e direzioni, provando così a sopperire ad una mancanza di velocità e pesantezza di palla con l’imprevedibilità del colpo nelle sue soluzioni.
Da un punto di vista atletico, Lee è decisamente a fuoco, rapido, veloce e scattante negli spostamenti tanto laterali quanto in avanti, caratteristica sulla quale ha lavorato molto consapevole che, a causa dell’impossibilità di sentire l’impatto avversario, perde inevitabilmente un po’ in reattività e prontezza di riflessi.
Tuttavia, Lee impressiona per la sua tenacia, la sua forza di volontà, unita alla compostezza tipica del mondo asiatico, orientale, doti che gli permettono di avere un atteggiamento comunque sempre positivo in campo e, senza le quali, non sarebbe mai arrivato ad avere la possibilità di provare a lanciarsi nel mondo del tennis dei grandi.
In più, poter crescere fianco a fianco con il già lanciato connazionale Hyeon Chung, semifinalista a Melbourne quest’anno e numero 25 del mondo, non potrà che giovargli e avere un riferimento così davanti a sé potrà spingerlo a fare sempre meglio.
E se qualcuno pensa che il non sentire possa essere per lui un problema, beh, a detta sua, si sbaglia di grosso perché per lui è addirittura quasi un vantaggio consentendogli di concentrarsi di più su sé stesso e non sull’avversario o su quello che accade intorno a lui in quel momento.
Il coreano sarà, allora, uno dei profili da seguire più attentamente già nell’imminente 2019 e sarà impossibile anche non simpatizzare per lui, un piccolo guerriero che ha trovato nello sport, e nel tennis, la sua ragione di vita nonostante gli ostacoli che questa ha provato a mettergli davanti.
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