In una giornata olandese di circa diciotto anni fa una giovane promessa svedese, ma di chiare origini balcaniche, e un procuratore del luogo, ma di evidenti origini italiane, si incontrarono in un locale di Amsterdam.
Tra sushi, insulti, statistiche e paragoni pesanti, per entrambi giunse la svolta della carriera: il ragazzo svedese, un attaccante ben poco diplomatico e ancora poco prolifico, venne pungolato a dovere e si trasformò in Zlatan Ibrahimovic, da ieri sera uomo da 400 gol in tutti i campionati in cui ha giocato; l’altro è divenuto Mino Raiola, di cui non parleremo.
All’epoca Ibrahimovic, messosi in mostra in patria con il Malmo con 15 gol in un paio di stagioni e mezza, era nell’Ajax e segnava poco, considerando il suo ego, ma nell’estate 2004, dopo il “colloquio” con Raiola, si trasformò.
Disputò un grande Europeo 2004 con gol di tacco all’Italia e poi passò alla grande Juventus di don Fabio Capello, l’uomo forte del calcio italiano. In due anni saranno 23 gol complessivi in campionato, 17 e 6. Un anno eccellente, in cui diviene addirittura imprescindibile, e uno molto meno positivo.
All’Inter, dove andò dopo la bufera abbattutasi sui bianconeri nell’estate del 2006, compì un’ulteriore evoluzione e diventò una punta addirittura devastante, specie nella terza ed ultima stagione in cui divenne capocannoniere con 25 reti; se consideriamo che nelle due annate precedenti in nerazzurro ne aveva firmati 32, diventa evidente che Ibrahimovic era ormai divenuto l’attaccante più prolifico in giro.
![Ibrahimovic](https://www.stadiosport.it/wp-content/uploads/2020/11/Zlatan-Ibrahimovic-esultanza-1-650x381.jpg)
Passò, nell’estate 2009, al Barcellona, la squadra dei sogni. L’Inter di Mourinho non accusò alcun contraccolpo, anzi, mentre lo svedese sì. Con Guardiola non andava d’accordo e con Messi non ci fu feeling, ma arrivarono comunque 16 gol e qualche trofeo. Ma qualcosa cambiò nell’estate successiva con il sorprendente approdo al Milan.
Due anni, ben 42 gol (28 nella seconda stagione, suo record personale) e uno Scudetto e una Supercoppa Italiana. Tuttavia si stava preparando la smobilitazione e anche Ibrahimovic, con riluttanza, dovette andar via e passò al Paris Saint-Germain, la nuova potenza economica calcistica.
113 gol in quattro stagioni, nuovo record di 38 nell’ultima, qualche scudetto e poi via verso mete più competitive: il Manchester United di Mourinho. Qui segnò 17 gol in campionato e vinse la prima Europa League, ma da aprile 2017 a fine stagione dovette stare fuori per la rottura del legamento crociato anteriore.
Andò via qualche mese dopo per godersi la vita in MLS con i Los Angeles Galaxy: segnò 53 gol in due campionati, si riprese bene dall’infortunio e poi si chiese se, a 38 anni e con quel tipo di problema, potesse essere ancora decisivo in ambienti ben più probanti. La riposta se la diede da solo: sì.
Nel gennaio 2020 tornò così al Milan dopo anni di indiscrezioni e inseguimenti e se lo riprese firmando 10 gol nel primo mezzo campionato, quello interrotto dalla pandemia.
Il lavoro psicologico di Stefano Pioli, il miglioramento del clima societario e la personalità competitiva di Ibrahimovic trasformarono il Milan da squadra pressoché ridicola a squadra seria e lo svedese, anche se non sempre con continuità, ne è il perno a 40 anni suonati: altri 15 gol in 19 partite l’anno scoso e 3 in 5 in questa stagione; il gol di ieri alla Roma è il 400° in tutti i campionati. Anche se a mezzo servizio, Ibrahimovic è ancora dominante in campo e fuori.
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