Mourinho: da Special One a Special Loser?

Dalle conquiste incredibili alla guida di Porto, Chelsea e Inter al tonfo con il Real Madrid, al controverso ritorno a Stanford Bridge e agli ultimi, disastrosi, anni alla guida del Manchester United (salvati parzialmente dalla conquista dell’Europa League). Mou pare perdere smalto col passare del tempo, sembra aver perso la magia che lo accompagnava e quell’alone mistico che avvolgeva il suo nome, quasi sopraffatto dalla sua arroganza e presunzione.

Gli anni al Porto: 2001-2004
Il viaggio che stiamo per raccontare inizia nel 2001, quando, a metà stagione, il Porto decide di affidare la panchina a Josè Mourinho. Alla guida dei Dragoni vince due Campionati portoghesi, una Coppa di Portogallo, una Supercoppa di Portogallo, la Coppa Uefa del 2002/2003 e, soprattutto, la storica Champions League 2003/2004. 
E’ la seconda Coppa dalla grandi orecchie della storia del Porto, arrivata 17 anni dopo la prima, e conquistata da assoluta outsider del calcio europeo, tra lo stupore generale. 

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Al Chelsea “nasce” lo Special One: 2004-2007
Abramovic rimane stregato dai successi del portoghese e decide di affidargli il suo ambizioso Chelsea.
Parte con il botto vincendo due Premier League consecutive (portando dunque a 4 i successi di fila in Campionati Nazionali dopo le due conquistate col Porto), una Community Shield, due Coppe di Lega, e una Coppa di Inghilterra. 

Londra si innamora di lui, i tifosi Blues lo idolatrano, mentre gli avversari non lo sopportano. Perché Mourinho è un personaggio a tuttotondo, di quelli che non hanno peli sulla lingua. Attacca tutti e offende molti. Nasce così il Mourinho “personaggio”: in Inghilterra lo chiamano lo “Special One”. Inizia, però, ad inquinare l’ambiente circostante con le sue accuse e manie di persecuzione, spingendo il capo della commissione-arbitri della Uefa a dire che Mourinho è “un nemico del calcio“. 

La terza stagione in Inghilterra qualcosa inizia ad incrinarsi, fino alla decisione di Abramovic di rescindere il contratto appena all’inizio della quarta stagione, quando il Chelsea fatica più del dovuto e qualcuno inizia ad accusarlo di non saper dare un’identità alla squadra, che riesce a vincere solo quando i campioni tirano su le maniche (o i calzettoni) e risolvono la partita
Mourinho rimarrà senza squadra dal settembre 2007 al giugno 2008, quando una chiamata cambierà la sua vita, e non solo. 

Il paraculismo di Mourinho
Sempre a caccia della rissa, riesce a litigare con signori del calibro di Claudio Ranieri e Arsene Wenger, solo per dirne due. Accusò spesso il tecnico romano di non aver vinto nulla in carriera, di essere troppo vecchio per modificare la sua mentalità e per diventare un vincente, per poi divenirne “magicamente” suo amichetto del cuore. Josè si complimenta con Ranieri per la conquista del titolo del Leicester, con King Claudio che molto diplomaticamente e da gran signore smorza ogni polemica accettando la “paraculata” di Mourinho. Nella sua smania di attaccare i rivali, non sono stati risparmiati frecciatine o attacchi anche ai vari Klopp, Ancelotti e persino Gigi Delneri.

Inter, le grandi conquiste e la fuga: 2008-2010
Nella conferenza stampa di presentazione esordisce con “Io non sono un pirla“, frase che manderà in visibilio i tifosi nerazzurri. 
Il feeling con la piazza, infatti, scoppia subito ed i grandi successi non fanno altro che rafforzare un’amore ancora vivo. Vince subito la Supercoppa Italiana, due Scudetti, la Coppa Italia e, dopo 45 anni, riporta la Champions League sulla sponda nerazzurra del Naviglio. La stagione 2009/2010 è quella dello storico Triplete, grande motivo di vanto per i tifosi dell’Inter, che ancora oggi si pavoneggiano grazie a quella straordinaria annata. La stessa notte della finale di Champions un’auto mandata da Florentino Perez aspettava già lo Special One. L’accordo con il Real Madrid c’era già. 

Nel frattempo, gli amanti dell’estetica e del bel gioco in generale, iniziano ad attaccare Mourinho, riproponendo vecchie accuse: le sue squadre giocano male, o meglio, non hanno un gioco. 
L’Inter viene identificata come una “catenacciara” che, in ogni partita, nonostante gli innumerevoli campioni presenti in rosa, pensava prima a non prenderle, per poi colpire grazie alle giocate dei singoli.
In ogni caso, finché si vince, ogni polemica pare infondata o insensata e Mourinho, che nel frattempo si è inimicato praticamente tutta Italia (famosi sono i botta e risposta con Benitez. A proposito, quanta cattiveria devi avere per litigare anche con un pacioccone così?) fuorché i tifosi dell’Inter, è chiamato ad una nuova missione.

Il “flop” al Real Madrid: 2010-2013
In Italia aveva detto qualcosa del genere: “Sento il rumore dei nemici. Mi piace. Mi carica“. La sua campagna di guerriglia mediatica continua anche in Spagna e tutt’oggi se chiedete a Iniesta chi è il responsabile dell’odio tra Real e Barca non ha dubbi: Mourinho.
Per il centrocampista spagnolo, il tecnico “riuscì a far odiare anche i calciatori della stessa Nazionale, arrecando danni anche alla Spagna”. Ad esempio, al termine di un Real Madrid-Barcellona scatenò una rissa, si scagliò contro Tito Vilanova, vice di Guardiola, e gli infilò un dito in un’occhio.
Non contento, accusò i suoi calciatori di aver perso a causa dei buoni rapporti tra gli spagnoli del Real e gli spagnoli del Barca, scagliandosi in particolare contro Casillas, che da quel momento verrà relegato alla panchina. 

Ciò che colpì particolarmente gli spagnoli fu l’esasperato spirito antisportivo del portoghese. Basti pensare a quando chiese a Xabi Alonso e Sergio Ramos di farsi espellere volontariamente per scontare la squalifica nel corso degli stessi gironi e non risultare in diffida dagli ottavi in poi. La Uefa si irritò e prese provvedimenti squalificando tutti i protagonisti della vicenda e comminando una multa all’allenatore. 

A Madrid vince un Campionato spagnolo, una Coppa di Spagna e un Supercoppa di Spagna, ma fallisce nell’unico vero obiettivo per il quale era stato ingaggiato: tornare a vincere la Champions League. In Europa non riesce ad essere incisivo e dopo 3 anni di fallimenti il Real perde la pazienza e decide di cacciarlo. 

Chelsea bis, il ritorno del figliol prodigo: 2013-2015
Londra lo (ri)-accoglie come una divinità, ma non è più la persona che 9 anni prima aveva conquistato tutti. Molto più presuntuoso e pieno di sé, strappa un contratto quadriennale da 12 milioni di euro. Vince un Campionato ed una Coppa di Lega, ma il rapporto con calciatori, stampa, società e tifosi diventa sempre più logoro. 
Nel dicembre del 2015 si trova al sedicesimo posto dopo sedici turni di Premier League e con una media punti imbarazzante. La squadra, stanca dei modi del portoghese, rema evidentemente contro di lui e Abramovic rescinde nuovamente il contratto del portoghese, ponendo così fine al Mourinho-Bis.

Il lungo “corteggiamento” ed il matrimonio con il Manchester United: 2016-2018 
Nel titolo di questo paragrafo parlato di un lungo corteggiamento. Sì, ma non da parte del club. Piuttosto è stato Mourinho a fare la corte per mesi al Manchester United. Nel gennaio del 2016 avrebbe addirittura scritto una lettera alla dirigenza dei Red Devils per convincerla ad assumerlo, spiegando come, grazie a lui, sarebbero tornate le grandi vittorie. 
Dopo i rifiuti iniziali, il club optò per il suo ingaggio a maggio.

A Manchester vince una Coppa di Lega, una Community Shield e l’Europa League 2016/2017. Tre titoli potrebbero sembrare niente male, ma il sesto posto in Campionato pesa moltissimo. In ogni caso è uno score troppo magro per una squadra alla quale ha fatto spendere oltre 400 milioni di euro sul mercato in neanche due anni. 
La sua solita personalità spinge agli estremi: o lo ami oppure lo odi. La squadra ormai non lo sopportava più, i calciatori erano stanchi dai continui attacchi che il portoghese puntualmente riservava loro tramite la stampa (e non solo ovviamente) e Pogba è il simbolo dei suoi calciatori nemici. Alla notizia dell’addio di Mourinho i calciatori avrebbero festeggiato

Il Manchester dell’ultimo anno e mezzo è una squadra senza identità e senza gioco, che fa catenaccio e che non riesce a costruire. Emblematiche sono le ultime partite contro Valencia e, soprattutto, Liverpool, dove in entrambe ha schierato una squadra che sperava di chiudere con lo 0-0.
Anche questa volta l’addio era inevitabile perché, per i “tifosi del calcio” in generale, vedere una squadra dalla storia che ha il Manchester United piazzare l’autobus davanti la porta come un Chievo qualunque è proprio un pugno nello stomaco.  

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