F1, un pensiero per Jim Clark, a 52 anni dalla sua morte

Jim Clark se n’è andato cinquantadue anni fa, proprio oggi. Cogliamo l’occasione per ricordare con affetto l’ “eroe riluttante” della Formula 1.

Jim Clark a bordo della sua Lotus. Fonte: F1.com

Oggi 7 aprile è l’occasione perfetta per ricordare colui che ha fatto involontariamente la storia della Formula 1, Jim Clark. In data odierna, infatti, sono cinquantadue anni che il pilota scozzese ha perso la vita in una gara di Formula 2, ad Hockenheim.

Jim Clark, “eroe riluttante” della F1

Basta nominare il suo nome ed ecco che un soffio di memoria comune inizia a raccontare di tempi andati, ma non del tutto. Racconta di auto meccaniche, pesanti da guidare, di motori ruggenti e graffianti, seppur meno potenti degli attuali. E nel fare questo, ecco delinearsi la figura di un uomo buono, dolce, al volante della sua Lotus.

Sì perchè Clark era molto di più dello “scozzese volante”, la macchina da guerra piena di talento che spazzava via gli avversari. La storia dell’uomo sotto il casco è interessante almeno quanto quella delle sue vittorie. Jim aveva conosciuto il mondo delle corse mentre lavorava nella fattoria dei suoi genitori. Lì,a 13 anni aveva già guidato di nascosto l’auto di famiglia e nel frattempo aveva ottenuto il permesso di guidare anche il trattore, da solo.

La sua famiglia era contraria alla sua carriera come pilota ma non appena mise piede in una Lotus, Charlie Chapman lo volle in squadra. In poco tempo, i due divennero legati come fratelli. La personalità di Jim era complessa, come ti aspetteresti da una leggenda, ma a modo suo. In pista, infatti, non ce n’era per nessuno, lo scozzese sapeva perfettamente “sentire” la sua auto e spingerla al massimo. Fuori, invece, era un uomo dolce e timido, che non aveva nessuna intenzione di diventare una “star”. La sua vita però è stata degna di una leggenda, volando da una vittoria all’altra fino a quel tragico incidente, il 7 aprile 1968, ad Hockenheim.

7 / 4 / 1968: una fine misteriosa

Jim Clark se ne andò così come aveva amato vivere: a bordo della sua Lotus.

Quel giorno lo scozzese non avrebbe dovuto correre, in quanto la Formula maggiore era in pausa. Il destino, però, volle diversamente. Ad Hockenheim c’era infatti una gara di Formula 2 così Clark decise di prendervi parte, per allenamento. Le condizioni della pista erano però terribili. La pioggia della notte aveva reso la pista impraticabile, tanto che Chris Irwin dichiarato di trovarsi di fronte un muro d’acqua ed il futuro presidente della FIA Max Mosley raccontò che mentre guidava seguiva le cime degli alberi, unico appiglio di visibilità in un tempo plumbeo. Clark, inoltre, aveva montato le gomme Firestone, di cui gli esperti di allora non garantivano l’affidabilità sul bagnato.

Al quinto giro, la Lotus uscì di pista ed andò a sfondare una recinzione a 250 km/h e Clark morì sul colpo. Le ipotesi relative a quell’incidente furono le più disparate: c’era chi diceva che si era trattato di un colpo di vento, chi dava la colpa ad un bambino che avrebbe attraversato la strada. Il mondo della F1 era in shock, e non si rassegnava alla perdita di Jim Clark. L’ipotesi più probabile, ad oggi, rimane un cedimento di una sospensione unito alla foratura della gomma, in quanto l’unico testimone oculare raccontò di avere visto l’auto non cambiare mai direzione per poi spezzarsi in due, all’altezza dell’abitacolo. Il resto è mito.

Jim Clark se ne andò sotto un cielo plumbeo, freddo come quello della sua Scozia. Il suo ricordo rimarrà sempre vivo in noi che siamo gli attuali testimoni dello sport che amiamo che però alle volte è un giudice crudele, che porta via troppi innocenti, per la cui morte nessuno pagherà mai.

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