F1, le pagelle della stagione 2019. Hamilton e la Mercedes al top

Diamo i numeri con le pagelle della stagione, evidenziando i promossi ed i bocciati del campionato 2019

Archiviata la stagione 2019 anche per quel che riguarda i test (collettivi e specifici per gli pneumatici Pirelli), arriva il momento di tirare le somme di un campionato lungo, snervante ma, in molte occasioni, anche divertente. E questo nonostante i verdetti fossero pressoché certi già dall’estate. Lewis Hamilton e la Mercedes hanno cannibalizzato ancora una volta la scena, portando a casa i titoli #6 alle voci ‘Campionato Piloti’ e ‘Campionato Costruttori’. Tra i promossi rientrano sicuramente anche Max Verstappen, Charles Leclerc e Carlos Sainz, assieme ai frizzanti Lando Norris ed Alexander Albon; tra i team, McLaren e Toro Rosso, unici al di fuori dei soliti noti sul podio. Bocciature soprattutto dal punto di vista dei team, con Haas e Williams a ‘primeggiare in negativo’, oltre ad una Ferrari lontana dagli standard adatti per contendere il titolo alla corazzata anglo-tedesca.

LEWIS HAMILTON, VOTO 9.5 (1° con 413 p) – La prova di forza con cui ha concluso il campionato a Yas Marina è valsa al nativo di Stevenage un’annata da 11 vittorie, 5 pole, 17 podi su 21 gare e 6 giri record, con il nuovo primato di punti in una singola stagione (413). I numeri complessivi di Hamilton crescono a cifre vertiginose: 6 titoli mondiali, 84 vittorie (ormai il record di Michael Schumacher è a -7), 88 pole, 151 podi e 47 giri record. Un automa, praticamente infallibile, che continua a sbagliare pochissimo (in gara solo a Hockenheim e ad Interlagos) e ad avere una fame fuori dal comune. Certo, la superiorità della W10 gli ha dato una bella mano, soprattutto in confronto ad una concorrenza consistente solo a tratti. Ciò non toglie ai meriti di un pilota che merita a pieno titolo di far parte del gotha della Formula 1 e del Motorsport in generale, al fianco dei più grandi di sempre. Perché non 10? Come dice lo stesso Lewis, non si sono vinte tutte le gare e si può sempre migliorare (gli avversari sperano il contrario…).

La festa di Lewis Hamilton con gli uomini del team Mercedes. Ad Austin l’inglese è diventato Campione per la sesta volta (foto da: twitter.com/MercedesAMGF1)

VALTTERI BOTTAS, VOTO 7.5 (2° con 326 p) – Numeri alla mano la miglior stagione in carriera per il finlandese, con il platonico titolo di vice-campione a sugellare il tutto. Dopo un 2018 senza successi, Bottas sale sul gradino più alto del podio 4 volte, con 5 pole, 15 podi e 3 giri record. Pochi i passaggi a vuoto, in verità, ma la sua valutazione dipende da una crescita che, al momento almeno, non lo ha portato ancora nemmeno vicino a Lewis Hamilton. Con una W10 a lungo imbattibile, Valtteri era l’unico rivale ‘serio’ per il #44. Dopo una prima fase di stagione incoraggiante, però, il #77 si è perso durante l’estate, per poi riprendersi quando i buoi erano ormai abbondantemente scappati dalla stalla. Per il 2020 dice di avere la ricetta per battere Lewis e laurearsi Campione; staremo a vedere…

Valtteri Bottas ha ottenuto il suo miglior risultato in carriera nel 2019, chiudendo 2°. In foto esulta dopo la pole di Barcellona (foto da: twitter.com)

MERCEDES, VOTO 10 (1° con 739 p) – Altra stagione ‘magica’ per il team di Brackley, che incamera il sesto Costruttori consecutivo, eguagliando la serie record della Ferrari dal 1999 al 2004. Guidati sapientemente al muretto da Toto Wolff, la Mercedes ha ancora una volta dominato, tornando per larghi tratti ad uno scenario sinistramente simile (per i rivali) al triennio 2014-16. La W10 si è mostrata una monoposto ai limiti della perfezione, con un carico aerodinamico complessivo devastante, vera chiave di volta nel far funzionare le Pirelli nella ristretta finestra di funzionamento a livello di temperature. Le statistiche e i freddi numeri non mentono. Sono 8 vittorie nelle prime otto gare, con 5 doppiette nelle prime cinque, per un avvio di stagione da urlo. In totale 15 primi posti, 10 pole, 9 giri record, 32 podi (su 42 disponibili) e 9 doppiette. Ok la flessione a cavallo tra fine estate ed inizio autunno (quanto preventivata?), ma nel complesso la Mercedes ha nuovamente ‘menato le danze’. E non hanno nessuna intenzione di smettere.

SEBASTIAN VETTEL, VOTO 7- (5° con 240 p) – Annata decisamente complicata per il tedesco, che coglie il suo peggior risultato dal 2014, quando chiuse 5° (appunto) all’ultimo anno in Red Bull. Alti e bassi, costantemente nel mirino della critica (a più riprese esagerata e gratuita) e alle prese con un compagno di box tanto giovane quanto scomodissimo. Partito da prima guida designata della Ferrari, Seb patisce molto la poca competitività della SF90 nelle prime uscite. Il weekend canadese sembra poter essere quello della svolta, ma l’ottusità dei commissari lo priva di una vittoria altrimenti meritatissima.L’estate sembra poter essere il de profundis del tedesco, con il tamponamento a Verstappen a Silverstone e l’erroraccio di Monza a costituire quasi dei punti di non ritorno, con l’unica luce della rimonta nel caos di Hockenheim. Nel momento più disperato, però, Seb ha reagito come pochi si aspettavano. Le perle sono costituite dalla vittoria di Singapore e dalla pole di Suzuka; la poca affidabilità a Sochi lo priva di un’ottima chance. Il contatto di Interlagos con Leclerc scatena nuovamente i detrattori. Il 2020 sarà l’ultimo in Ferrari? Non lo sappiamo. Ma se la Ferrari crederà ancora in lui, affidandogli una monoposto competitiva, Seb non farà rimpiangere questa scelta.

Sebastian Vettel, in piedi sulla sua SF90 #5, con volante in mano, festeggia la vittoria nel Gran Premio di Singapore 2019 (foto da: twitter.com/F1)

CHARLES LECLERC, VOTO 8 (4° con 264 p) – Fosse arrivato il terzo posto in classifica finale, il 2019 del monegasco sarebbe potuto essere davvero spettacolare. Ciò non è successo per motivi vari, ma possiamo tranquillamente dire che il primo anno in ferrari di Leclerc è stato ben oltre le aspettative. Arrivato (poco) in punta di piedi, il #16 ha mostrato da subito una grande velocità, raggiungendo in fretta il livello del titolato compagno di box e sfiorando l’accoppiata pole-vittoria già in Bahrain. I guai della monoposto di Maranello, uniti ad errori suoi (Baku e Hockenheim su tutti) e del team (Monaco), rinviano l’appuntamento con la prima vittoria al weekend di Spa, dove Charles ottiene pole e successo in gara, più giovane ferrarista di sempre a riuscirci. Le emozioni di Spa non sono che il preludio per la festa nazionale di Monza, con un’altra accoppiata pole-vittoria, al termine di un duello tutto nervi e concentrazione con le Mercedes. In più, Leclerc porta a casa anche il trofeo dei poleman, con 7 partenze al palo. Senza dimenticare i duelli al fulmicotone con Verstappen (Silverstone for the ages)… Il ragazzo si farà, è chiaro; ma tanto dipenderà dalla Ferrari.

L’esultanza liberatoria di Charles Leclerc, che a Monza ha ottenuto la seconda vittoria di fila (foto da: youtube.com)

FERRARI, VOTO 5.5 (2° con 504 p) – Una stagione deludente per il Cavallino, senza se e senza ma. Date le attese di inizio anno, in particolare post test invernali, le cose sono andate in modo decisamente diverso e già dalla tranvata presa in faccia a Melbourne tutto è parso ‘tetramente’ chiaro. La SF90, nata all’insegna dell’efficenza aerodinamica, ha peccato clamorosamente nel creare carico verticale e, di conseguenza, nel far funzionare nella giusta finestra di utilizzo le Pirelli. La ‘quasi’ sufficienza arriva solo grazie ai tre successi di fila di Spa, Monza e Singapore, che hanno evitato lo spettro delle ‘zero vittorie’, oltre alle nove pole totali (primato dal 2007) e ai 19 podi totali, senza contare l’ottimo miglioramento post pausa estiva. Per il resto, i punti oscuri sono tanti. Oltre al problema ‘monoposto’, hanno inciso ampiamente in negativo i guai di affidabilità sparsi qua e là (e spesso nefasti), le strategie troppe volte cervellotiche e, quindi, sbagliate, con troppi errori nei pit stop. Ancor di più, la cattiva gestione dei due piloti, che ha portato a picchi di tensione quasi sconosciuti a Maranello, sfociato nel contatto di Interlagos. La sensazione, purtroppo, è che il team non sia ancora pronto per giocarsi fino il fondo il titolo. Serve tanto di diverso, in primis un rapporto chiaro e limpido tra il team e i piloti, che spesso in questo 2019 è mancato.

MAX VERSTAPPEN, VOTO 9 (3° con 278 p) – Il 2019 è stata con tutta probabilità la stagione della maturazione del fenomeno olandese, che grandi masse di tifosi Oranje muove praticamente in ogni circuito e che nel 2020 permetterà (ambientalisti permettendo) il ritorno del Circus a Zandvoort (con l’aiuto della Heineken). Verstappen è riuscito a conquistare il 3° posto finale in classifica grazie a tre vittorie (Red Bull Ring, Hockenheim e Interlagos), nove podi complessivi e tre giri record, con una capacità di massimizzare il risultato davvero notevole; in aggiunta, le prime due pole in carriera (Budapest ed Interlagos). Errori ridotti al minimo (spicca quello di Città del Messico, che gli fa perdere pole e chance di vittoria), sebbene al di fuori della pista spesso la lingua continua ad essere troppo lunga. Se mai la Red Bull dovesse tornare a sfornare una monoposto competitiva da subito, (il fu) MadMax potrà certamente dire la sua.

Max Verstappen alza al cielo il trofeo del vincitore al Red Bull Ring, prima delle sue tre vittorie nel 2019 (foto da: twitter.com)

ALEXANDER ALBON, VOTO 7 (8° con 92 p) – L’annata del rookie anglo-thailandese è stata certamente molto positiva, sebbene alla fine non sia riuscito a portare a casa il 6° posto. Vero, qualche incidente di troppo nel corso della stagione; ma Albon ha mostrato buonissime doti velocistiche e un’ottima capacità di apprendimento. Dopo aver chiuso nei punti cinque gare su dodici prima della pausa estiva (miglior risultato in Germania, 6°), ecco arrivare a sorpresa la promozione dalla Toro Rosso alla Red Bull. Un salto in avanti ben affrontato dal #23, costantemente a cavallo della top-5, fino a sfiorare il primo podio in quel di Interlagos, negatogli solo dal contatto con Hamilton.

Alexander Albon, durante il Gran Premio di Singapore, concluso al 6° posto (foto da: twitter.com/redbullracing)

RED BULL, VOTO 7 (3° con 417 p) – Annata da sufficienza piena per il team di Milton Keynes, competitivo però per il massimo risultato soltanto a tratti. Ancora una volta l’avvio è stato abbastanza a rilento, recuperando man mano nel corso della stagione ed aiutando Verstappen a conquistare il 3° posto. Ad un certo punto della stagione, anzi (Giugno-Luglio), sembrava quasi che la RB15 potesse superare in tromba la SF90; poi non è andata così (e da quelle parti, visti i continui attacchi alla Ferrari, anche recentissimi, la cosa non è propriamente andata giù…). Il limite della scuderia anglo-austriaca è stato quello di correre praticamente con un solo pilota per quasi tutta la stagione, un elemento che ha impedito di concorrere per il 2° posto con la Rossa.

CARLOS SAINZ JR., VOTO 8 (6° con 96 p) – Alzi la mano chi, ad inizio stagione, avrebbe scommesso 1 euro su un piazzamento finale dello spagnolo in mezzo ai piloti dei top team. Certo, le decisioni Red Bull hanno aiutato alquanto, ma sarebbe davvero ingeneroso sottostimare i meriti del figlio d’arte. Sainz ha mostrato una crescita globale indiscutibile, dando una grossa mano alla McLaren in quella che sembra la sua rinascita, chiudendo a punti 13 volte su 21, quattro delle quali in top-5, con la ciliegina sulla torta del podio di Interlagos. Peccato che lo spagnolo e il team di Woking abbiano potuto festeggiarlo solo in serata, causa elefantiaca lentezza dei commissari nell’infliggere l’ovvia sanzione a Hamilton. Da sottolineare anche i miglioramenti al sabato, conducendo la sua MCL34 in Q3 in 13 occasioni (due 6° posti come personal best). A 25 anni, il madrileno sembra pronto per il salto in una big, e il 2021 è vicino.

Il punto più alto del 2019 di Carlos Sainz e del team McLaren: la festa per il 3° posto di Interlagos (foto da: twitter.com)

LANDO NORRIS, VOTO 7.5 (11° con 49 p) – Possiamo definire il rookie nativo di Bristol come la nota più lieta della stagione, top team a parte? Io direi proprio di si. Norris ha stupito tutti, in primis nella sua capacità di adattamento alla categoria, quindi nella sua velocità in pista, non disdegnando varie volte dei corpo a corpo nei quali ha manifestato indubbie doti di combattività. Nella prima metà di stagione riesce spesso e volentieri ad essere vicinissimo (davanti in alcune occasioni) al più esperto compagno di box, salvo calare un pochino da Settembre in poi; ciò nulla toglie comunque alla sua stagione, che l’ha visto 11 volte nei punti (6° in Bahrain e Austria) e 14 volte in Q3 (5° in Francia). Ma Norris ha davvero ‘spaccato’ sui social, mostrandosi come un pilota perfettamente figlio dei suoi tempi (in senso positivo), disarmando (e conquistando) per la sua allegria, spontaneità e simpatia. Siamo certi che il Circus, oltre che un ottimo pilota, ha trovato un vero personaggio.

Lando Norris, durante il Gran Premio di Singapore chiuso al 7° posto (foto da: twitter.com/McLarenF1)

MCLAREN, VOTO 8 (4° con 145 p) – Facendo un paragone con la NBA, alla McLaren andrebbe il MIT (Most Improved Team), riconoscimento per il team maggiormente migliorato rispetto al 2018. Dopo anni paludosi, ricchi di bocconi amarissimi e brutte figure, a Woking sembrano aver finalmente imboccato la strada giusta e l’ufficialità del ritorno della partnership con Mercedes dal 2021 aiuta sicuramente in tal senso. Sin dalle prime battute, la MCL34, progettata dal trio Fry-Prodromou-Stella, si dimostra monoposto solida e competitiva, prendendo in estate la palma di ‘migliore degli altri’ per non mollarla più, salve qualche passaggio a vuoto ogni tanto (tipo Spa e Città del Messico). Il punto più alto della stagione (assieme a ben 8 doppi arrivi a punti) è certamente il 3° posto di Sainz ad Interlagos, che ha riportato lo storico team inglese sul podio dopo oltre cinque anni e mezzo (ultima volta con Kevin Magnussen e Jenson Button, 2° e 3° nel Gran Premio d’Australia 2014).

DANIEL RICCIARDO, VOTO 6 (9° con 54 p) – Di certo non il tipo di stagione nel quale il nativo di Perth sperava, dopo aver lasciato l’universo Red Bull. Il 2019 di Ricciardo è stato complicato, con una R.S.19 che spesso e volentieri si è dimostrata lontana da quell’obiettivo minimo di quarta forza che ad Enstone si erano prefissati ad inizio stagione. Il #3 ha dovuto ben presto fare i conti con una monoposto che non gli ha permesso nemmeno per sbaglio lo stile di guida che aveva in Red Bull e, per gran parte della stagione, questo ha influito sui suoi risultati; nel finale le cose sono sembrate migliorare, ma le sirene che lo vogliono lontano dalla Casa della Losanga nel 2021 si fanno sempre più pressanti. In totale, Ricciardo ha colto punti in 8 occasioni (personal best a Monza (4°)), finendo in Q3 11 volte (4° in Canada).

Daniel Ricciardo, al volante della R.S.19 nel Gran Premio d’Austria (foto da: twitter.com/RenaultF1Team)

NICO HULKENBERG, VOTO 5.5 (14° con 37 p) – Un’annata sicuramente malinconica quella dell’esperto pilota tedesco, che dal Gran Premio di Abu Dhabi è (per ora) fuori dalla Formula 1, appiedato dal team del quale aveva sposato la causa nel 2017 e trovando chiuse le porte per i (pochi) sedili disponibili. Un 2019 globalmente opaco quello di Hulkenberg (10 arrivi a punti, 9 le qualifiche concluse in top-10), con pochi spunti degni di nota (5° a Monza) e una grande chance di centrare quel benedetto primo podio in carriera, sprecata nella gara di casa a Hockenheim.

Momento emblematico della stagione di Nico Hulkenberg, disperato dopo il ritiro a Hockenheim, in una gara che l’avrebbe potuto portare per la prima volta sul podio (foto da: youtube.com)

RENAULT, VOTO 5 (5° con 91 p) – Bocciatura, senza se e senza ma per il team anglo-francese. Il 2019 doveva essere l’anno dell’avvicinamento ai top team (cosa riuscita alla McLaren), assicurandosi il 4° posto nei Costruttori. Le cose, invece, sono andate in maniera ben diversa. Raramente la R.S.19 si è dimostrata all’altezza della situazione e, alla fine, il duello con i ‘clienti’ della McLaren viene vinto decisamente dal team di Woking. Il punto più basso della stagione toccato in Giappone con la squalifica di entrambe le monoposto per esser stati pizzicati con un ripartitore di frenata automatico (e quindi illegale), tra l’altro mostrato involontariamente dalla Renault stessa già in occasione dei test invernali. Servirà tutt’altro nel 2020.

PIERRE GASLY, VOTO 7 (7° con 95 p) – All’inferno e ritorno. Possiamo sintetizzare così il 2019 del pilota francese. Promosso in Red Bull al posto di Ricciardo, il feeling con la RB15 non è mai arrivato. Nove arrivi a punti su 12 gare prima della pausa estiva (4° a Silverstone), ma in generale sempre troppo lontano dal riferimento Max Verstappen, che anzi arriva a doppiarlo in Austria, dove vince, e in Ungheria, dove lotta con Hamilton fin quasi a fine gara. Durante la pausa estiva arriva la retrocessione in Toro Rosso, sostituito da Alexander Albon. Poteva essere un colpo durissimo per il 23enne di Rouen il quale, invece, trova la forza e l’ambiente per reagire. Arriva subito un 9° posto in Belgio, seguito da altre prestazioni molto convincenti anche al sabato, con quattro Q3 di fila tra Suzuka ed Interlagos. Proprio in Brasile il #10, con tanto di entusiasmante volata sotto la bandiera scacchi con il Campione del Mondo Hamilton, conquista il primo podio in carriera (2°), oltre a contendere fino all’ultimo il 6° posto a Sainz, mancandolo per un solo punto (causa anche Stroll a Yas Marina).

Gli uomini della Toro Rosso portano in trionfo Pierre Gasly, splendido 2° in Brasile (foto da: twitter.com)

DANIIL KVYAT, VOTO 6.5 (13° con 37 p) – Da precario, il 2019 del pilota russo è stato sicuramente positivo, al punto di convincere la Toro Rosso ad offrirgli il rinnovo per la prossima stagione. Un Kvyt solido e più continuo del solito, pur se non sono mancati weekend incolori, con la perla del gran podio (3°) di Hockenheim, a rifarlo delle delusioni degli ultimi anni. Nel complesso, Daniil ha chiuso nei punti 10 volte, portando la sua STR14 in Q3 in 4 occasioni.

La felicità di Daniil Kvyat dopo il 3° gradino del podio ottenuto in Germania (foto da: twitter.com)

TORO ROSSO, VOTO 8 (6° con 85 p) – Il team faentino ha strameritato un voto molto alto, grazie ad un campionato di alto livello, nel quale gli uomini diretti da Franz Tost hanno saputo valorizzare sia una monoposto nel complesso buona e ben supportata dal propulsore Honda, sia un tris di piloti che, per motivi vari, non davano chissà quali certezze. L’annata della Toro Rosso è stata sicuramente convincente, coronata non solo dal 6° posto Costruttori e cinque doppi arrivi a punti, ma soprattutto dai due podi di Kvyat a Hockenheim e di Gasly ad Interlagos, riportando l’ex Minardi sul podio a quasi 11 anni da quella storica vittoria di Vettel a Monza.

SERGIO PEREZ, VOTO 6.5 (10° con 52 p) – Stagione dai due volti per il messicano. Una prima metà complicata, con pochi risultati di rilievo (spicca il weekend di Baku, con un 5° posto in qualifica e un 6° in gara) e una macchina, la RP19, lontana parente di quelle che l’avevano preceduta. Dopo la sosta, grazie anche agli aggiornamenti portati dal team, arriva lo switch; delle ultime nove gare, soltanto a Singapore Checo manca la zona punti, per un problema al propulsore, riuscendo anche all’ultimo tuffo a centrare la top-10 nella classifica finale.

Sergio Perez ha concluso la stagione al 10° posto. Risultato che gli è valso il rinnovo con la Racing Point fino al 2022 (foto da: twitter.com/RacingPointF1)

LANCE STROLL, VOTO 4 (15° con 21 p) – Poco da dire sulla stagione del canadese, distrutto nel confronto interno con Perez, che lo surclassa soprattutto in qualifica, con un 18-3 in favore del messicano. Non fosse stato per il 4° posto in Germania, dove il figlio del capo Lawrence ha ottenuto 12 dei suoi 21 punti totali, la classifica sarebbe stata ancora più impietosa. Come se non bastasse, pare che anche papà si sia quasi stufato delle prestazioni deludenti del figlio, al quale avrebbe dato un ultimatum per il 2020: o porterà risultati o verrà messo alla porta. Staremo a vedere.

Lance Stroll, nel corso del Gran Premio di Gran Bretagna dello scorso Luglio. Al canadese il 2019 ha riservato ben poche soddisfazioni (foto da: twitter.com/RacingPointF1)

RACING POINT, VOTO 5.5 (7° con 73 p) – Senza gli affanni degli ultimi tempi da Force India, ci si attendeva sinceramente di più dalla prima stagione ‘completa’ della Racing Point. Come detto parlando di Perez, la prima parte di 2019 del team con sede a Silverstone non ha convinto, spingendo lontano quel 4° posto dichiarato come obiettivo. Il cambio di passo della seconda fase di stagione non basta a portare a casa più di un 7° posto Costruttori, anche perché a correre quasi sempre con un solo pilota non è che si possa fare granché.

KIMI RAIKKONEN, VOTO 7 (12° con 43 p) – Dopo l’addio alla Ferrari, il buon Iceman si è decisamente fatto valere nella prima annata in Alfa Romeo, nonostante non pochi osservatori se l’aspettassero quasi a ‘vegetare’ in una sorta di pensione dorata. E invece, nonostante le 40 primavere (festeggiate lo scorso 17 Ottobre), Kimi si è dimostrato molto a suo agio nello sgomitare a centro gruppo, riuscendo a tirare spesso e volentieri il massimo dalla monoposto. La prima parte di stagione è stata emblematica: con una C38 competitiva, KR7 arriva a punti 8 volte su 12, con anche 6 Q3. Da Spa in poi, invece, la monoposto elvetica subisce una decisa involuzione, che anche Kimi paga, arrivando a punti solo nella pazza gara in Brasile (4°) dove, con un pizzico di fortuna in più, sarebbe potuto arrivare anche il podio.

Kimi Raikkonen, autore di una stagione nel complesso convincente alla guida dell’Alfa Romeo (foto da: twitter.com/alfaromeoracing)

ANTONIO GIOVINAZZI, VOTO 6 (17° con 14 p) – Annata doubleface per il nativo di Martina Franca, primo italiano titolare in Formula 1 dalla stagione 2011 (Jarno Trulli). Nei primi mesi di stagione, Giovinazzi fatica a togliersi la ruggine del periodo di inattività e fatica tanto nel trovare ritmo. Il primo raggio di luce arriva in Austria (10°); poi, dopo un 8° posto in Germania, vanificato dai 30″ di penalità inflitti dai commissari per uso in partenza di una mappatura non consentita, e un altro buttato all’aria a Spa andando a sbattere a Puhon all’ultimo giro, il miglioramento globale delle sue prestazioni porta ad un 9° posto a Monza, ad un 10° a Singapore (dove guida la gara per 4 giri e dove la strategia sbagliata gli impedisce di far meglio)) e al miglior risultato in carriera, ovvero il 5° in Brasile.

Il sorriso di Antonio Giovinazzi, durante gli ultimi test collettivi ad Abu Dhabi (foto da: twitter.com/alfaromeoracing)

ALFA ROMEO, VOTO 6 (8° con 57 p) – Tanti alti e bassi per il team di Hinwil. La prima metà di stagione illude, spingendo ad immaginare un’Alfa Romeo in lotta anche per la top-5 nei Costruttori; da Spa in poi, come sottolineato in precedenza, arriva la flessione, che spesso ha portato i piloti a sgomitare nelle zone basse della classifica. Non è mancato qualche lampo isolato, come ad Interlagos, dove il 4° posto di Kimi e il 5° di Antonio hanno rappresentato il risultato complessivo più importante dal Gran Premio di Spagna 1951. Da migliorare assolutamente, per la prossima stagione, anche il lato strategia, che più di una volta ha vanificato risultati potenziali anche di rilievo.

ROMAIN GROSJEAN, VOTO 4 (18° con 8 p) – Annata da dimenticare per il franco-elvetico di Ginevra, per il quale si fa fatica a capire il perché la Haas continui a dargli fiducia. Ok, la VF-19 non è stata un fulmine di guerra, anzi; ma Romain non ha fatto molto per aiutare il team ad uscire da una crisi tecnica ed una confusione evidente, con gli ormai soliti errori, abbinati a prestazioni spesso e volentieri opache. Non fosse stato per la gara ad eliminazione di Hockenheim, dove ha ottenuto il miglior risultato stagionale (7°), il suo 2019 sarebbe stato ancora peggiore. In qualifica le cose sono andate meglio (9 le partenze in top-10), ma quasi mai concretizzate.

Un Romain Grosjean sorridente, durante l’ultimo weekend stagionale ad Abu Dhabi (foto da: twitter.com/HaasF1Team)

KEVIN MAGNUSSEN, VOTO 6 (16° con 20 p) – Poca gloria, e solo a tratti, anche per il 27enne danese, che ha da un lato ridotto (e di molto) gli errori e le incomprensioni con i colleghi ma, dall’altro e a causa della monoposto, ha faticato a farsi vedere. Una stagione cominciata benissimo, con un 6° posto in Australia, ma che poi l’ha visto giungere a punti in sole altre tre occasioni. In qualifica vale praticamente lo stesso discorso di Grosjean: 9 le partenze nella prima metà della griglia, con ben tre terze file (6° in Bahrain e a Monaco, 5° in Austria); ma l’inconsistenza della macchina la domenica ha spesso e volentieri vanificato tutto.

In quel di Austin, Kevin Magnussen ha festeggiato il raggiungimento del traguardo delle 100 gare in Formula 1 (foto da: twitter.com/HaasF1Team)

HAAS, VOTO 4.5 (9° con 28 p) – Caos. Non potrebbe definirsi meglio la stagione del team statunitense, atteso a tutt’altre prestazioni dopo il 5° posto del 2018. L’annata che sta per concludersi, invece, ha visto la Haas barcamenarsi in una situazione davvero paradossale, alternando qualifiche più volte convincenti (se non esaltanti in qualche occasione) a gare davvero anonime, con una VF-19 che spesso non ne ha proprio voluto sapere di andare in maniera decente. Proprio la gestione della monoposto ha lasciato enormi perplessità, con aggiornamenti che non hanno mai funzionato e decisioni confusionarie e contraddittorie, fino al punto di ripescare il pacchetto d’inizio stagione quasi a fine campionato. Se a ciò aggiungiamo la volontà di insistere con la coppia Grosjean-Magnussen…

GEORGE RUSSELL, VOTO 7 (20° con 0 p) – Il voto alto dato al rookie inglese, vincitore in GP3 e in Formula 2 nel biennio 2017-18, potrebbe destare perplessità, anche perché Russell chiude ultimo la classifica piloti 2019, con un 11° posto in Germania come miglior risultato. Bisogna andare oltre i ‘freddi numeri’, però, dato che a livello di prestazioni il #63 ha più di una volta mostrato lampi del talento che tutti gli riconoscono. Dominante nel confronto interno con Kubica (sebbene sia stato il polacco ad ottenere l’unico punto stagionale della Williams), Russell, soprattutto nella seconda metà di campionato ha più volte portato quel cancello che porta il nome di FW42 alquanto vicino al resto del gruppo, con il lampo ungherese in qualifica a spiccare (16°).

George Russell in Ungheria, dove il rookie britannico prima sfiorato un’incredibile Q2 al sabato, per poi chiudere la domenica 16° su 19 (foto da: twitter.com/WilliamsRacing)

ROBERT KUBICA, VOTO 6 (19° con 1 p) – Una storia bellissima, al di là di ogni retorica, simbolo della voglia di provarci sempre e di andare oltre tutti i problemi. Detto tra noi, già l’aver dimostrato di poterci essere, di non costituire un problema per il resto del gruppo (come qualcuno aveva malignamente sottolineato) pur con quell’obbrobbrio della FW42 tra le mani, costituisce una vittoria per l’ex BMW-Sauber e Renault. Ciliegina sulla torta il punto, pur se a tavolino, arrivato in Germania.

Robert Kubica, 35 anni lo scorso 7 Dicembre, ha ottenuto l’unico punto della Williams in questo disastroso 2019 (foto da: twitter.com/WilliamsRacing)

WILLIAMS, VOTO 3 (10° con 1 p) – Annus horribilis, senza mezzi termini, per lo storico team di Grove. Se consideriamo le stagioni nelle quali la Williams ha costruito in proprio il telaio (dal 1978 in poi), il 2019 è stata in assoluto la stagione più negativa nella sua storia. Il punto fortunoso colto da Kubica in Germania è stato come un ‘gol della bandiera’ sotto di cinque o sei gol. Un’annata vissuta tra enormi problemi tecnici e finanziari, tetramente evidente sin dai test invernali e protrattasi lungo tutto il campionato, con l’assurdo di far girare poco i piloti nelle prove e di pregare che non si verificassero incidenti per mancanza di ricambi. Di solito, quando si è toccato il fondo si può solo risalire. La speranza è che ciò valga anche per la Williams.

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