F1 2018, il pagellone del campionato: Hamilton da 10, alti e bassi Ferrari

Dieci giorni fa, nello sfarzoso (ma vacuo) scenario di Abu Dhabi, è calato il sipario sulla stagione 2018 della Formula 1, la #69 della storia. Un’annata caratterizzata dal n°5, alla voce titoli mondiali di Lewis Hamilton (che ha raggiunto Juan Manuel Fangio) e titoli costruttori consecutivi della Mercedes, che mette ora nel mirino il record della Ferrari 1999-2004 (6). La Rossa appunto. Un’altra annata vissuta in bilico tra sogno e cruda realtà, con un titolo sfumato ancora con troppo anticipo, tra errori dei piloti (annata complicata per Sebastian Vettel), del team e di gestione, con la morte del Presidente Marchionne ad aver segnato una stagione che, all’opposto, ha vissuto un apice emozionale nella vittoria di Kimi Raikkonen ad Austin.

Lewis Hamilton, in piedi su una ruota della sua W09, dopo la vittoria ottenuta nell’ultima gara di Abu Dhabi (foto da: twitter.com)

Il tutto senza dimenticare una Red Bull in crescendo, con un Max Verstappen maturando, che però si lascia male con Daniel Ricciardo, che saluta in direzione di una Renault 4° nel Costruttori in volata sulla Haas, una Sauber in decollo, che mostra al mondo il talento di Charles Leclerc, prossimo compagno di box di Vettel. Passando per una Force India che cambia proprietà a stagione in corso, una McLaren che non si risolleva nonostante il propulsore Renault, un Fernando Alonso che saluta (momentaneamente?) il Circus, una Toro Rosso laboratorio Honda pro Red Bull 2019 e una Williams nel baratro tecnico più buio della sua storia. Ma non perdiamo altro tempo, e procediamo con il dare i numeri del 2018.

LEWIS HAMILTON (1° con 408 p), voto 10

La stagione migliore della carriera del fenomeno di Stevenage. Lewis ha ormai raggiunto la maturazione definitiva nel suo status di Campione tra i migliori di sempre e mette insieme una stagione ai limiti della perfezione, condita da 11 vittorie, altrettante pole e la bellezza di 17 podi su 20 gare completate, con un unico ritiro (in Austria) dovuto a problemi tecnici; il tutto portando le sue statistiche a livelli assoluti, ovvero 73 vittorie (-18 da Schumi), 83 pole, 134 podi e 41 giri record (3 quest’anno). Un Hamilton che ha ridotto gli errori al minimo sindacale, accontentandosi quando doveva (soprattutto nella prima metà di campionato) e andando all’attacco e/o dominando quando le condizioni erano a lui più favorevoli, traendone sempre (o quasi) il massimo, oltre a sfoderare alcuni giri da qualifica, oserei dire, di Senniana memoria. Vero, la fortuna spesso lo ha assistito, come gli scrosci salvifici di Hockenheim in gara e di Budapest e Spa in qualifica, o alcune opportune SC. Ma la Dea Bendata bisogna sapersela guadagnare e l’inglese, al di là dei dubbi sulla sua W09 (che hanno avvelenato soprattutto il finale di stagione), lo ha dimostrato ampiamente, festeggiando a Città del Messico il quinto iride.

Portando a casa 11 vittorie ed 11 pole position, Lewis Hamilton ha dominato la stagione 2018, raggiungendo Juan Manuel Fangio a quota 5 titoli mondiali (foto da: twitter.com)

VALTTERI BOTTAS (5° con 247 p), voto 6

Basta un dato: per la prima volta dal 2013 (quindi inedito per l’era Power Unit), un pilota della Mercedes non è riuscito a vincere nemmeno una gara. Il 2018 di Valtteri Bottas non può essere considerato positivo (pur con due pole e 8 podi), eccetto il versante della sua dedizione (o tentativo di restar attaccato alla poltrona, in questo caso ‘sedile’?) alla causa Mercedes, che lo ha spinto più di una volta ad immolarsi alla causa, fungendo da mastinaccio anni ’70 nei confronti delle Ferrari (salvo venir spesso brutalizzato da Vettel in particolare, e anche da Verstappen) o da zerbino in favore del Capitano, con l’apice toccato a Sochi, quando una sua più che probabile vittoria è stata sacrificata in nome della Ragion di Stato. Al netto di queste circostanze, e di altre più sfortunate (in primis Baku, dove una foratura a 4 giri dalla fine lo tolse di mezzo mentre era al comando), più in generale Valtteri ha deluso, e in termini di confronto con Hamilton, impietoso (15-6 in qualifica e 17-3 in gara), e in termini di prestazione complessiva, al punto da chiudere solo 5° il campionato. Il 2019 sarà un anno senza ritorno per Bottas: o convincerà Wolff&co, o si preparerà a salutare. Ocon e Russell già scalpitano.

Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, al termine della gara di Sochi, quella dell’ordine di scuderia (tra i tanti in favore dell’inglese) più discusso della stagione (foto da: twitter.com)

MERCEDES, voto 9

La quinta doppietta consecutiva Piloti-Costruttori sancisce un dominio mai visto nella Formula 1 non solo moderna, ben più dell’era Schumi-Ferrari e di quella Vettel-Red Bull. L’annata, però, non è stata certamente facile per il team di Brackley, anche a causa di alcuni difetti congeniti della W09 nella gestione delle gomme che hanno complicato in particolare la prima metà di stagione. Problemi poi ‘magicamente’ risolti da Monza in poi, con un esborso ed uno sforzo extra in termini di sviluppo, che ha riportato in alcune gare la Freccia d’Argento nettamente avanti a tutti, indirizzando definitivamente le due corse iridate. Veleni a parte (i famigerati mozzi forati (più in generale tutto l’apparato sospensivo posteriore)), la sensazione generale è stata che, in non poche occasioni, sia stato Hamilton a metterci quel quid decisivo, soprattutto in una situazione che ha visto i rivali (Ferrari in primis e, nel finale, anche la Red Bull) avvicinarsi sensibilmente. Per il resto, il team è stato granitico nella sua solidità interna, dando una dimostrazione di unità d’intenti che deve fungere da esempio per altre realtà…

SEBASTIAN VETTEL (2° con 320 p), voto 7.5

Intendiamoci, non ho nessuna intenzione di affollare il già folto gruppo di fucilatori che, da mesi, sta massacrando Vettel. Che si tratti di addetti ai lavori o semplici tifosi. Seb ha commesso degli errori (sarebbe folle negarlo) e, allo stesso tempo, se n’è assunto pienamente la responsabilita. Ha avuto qualche weekend sottotono, in una stagione che, a livello di criticità è, con le dovute proporzioni, paragonabile al 2016; ed è altrettanto innegabile. Ma da qui ad appioppargli COMPLETAMENTE le colpe della mancata conquista dei titoli, mettendo sotto il tappeto i problemi interni e di monoposto (da Singapore in poi) della Ferrari, oltre che i meriti in particolare di un rivale fenomenale come Hamilton, ce ne passa sinceramente. Se c’è una cosa che proprio non può essere addebitata al tedesco è il non averci voluto provare. Hockenheim a parte, Seb ha sempre cercato di gettare il cuore oltre l’ostacolo e, si sa, quando ti trovi a combattere sul filo dei centesimi (o leggermente dietro), può starci di sbagliare.

Immagine suggestiva del primo passaggio sul Kemmel, con le monoposto di Ocon, Vettel, Hamilton e Perez quasi appaiate. Spa, Gran Premio del Belgio 2018 (foto da: twitter.com/F1)

Basta con la storiella della SF71-H superiore alla Mercedes per gran parte del campionato. E’ appunto un falso, essendolo stato (e di poco, guardando soprattutto a quanto accadeva in gara) solo a tratti. Sebastian non è stato perfetto, anzi. Ma ha dovuto fronteggiare da un lato il più forte binomio della storia (almeno numeri alla mano), dall’altro un team che, morto Marchionne, non ha saputo fare quadrato, dando vari segnali al contrario di dissidi e squilibrio. Non possono venir passate sotto silenzio imprese come quelle di Melbourne (con una vettura inferiore), del Bahrain (con una gestione degli pneumatici, quasi sulle tele, eccezionale) e, soprattutto, di Silverstone (sorpasso capolavoro a Bottas), con le vittorie di forza di Montreal e Spa. Ripeto, gli errori e i passaggi a vuoto ci sono stati. Ma, contrariamente a quanto dicono tanti, Vettel merita fiducia e sostegno. L’arrivo di Leclerc può essere il pungolo che spinga a ritrovare un Sebastian più costante e decisivo (anche se può esserci anche il rischio opposto).

KIMI RAIKKONEN (3° con 251), voto 7.5

L’ultimo capitolo dell’avventura 2.0 dell’ultimo Campione del Mondo della Ferrari è stato il migliore dal 2014 in poi, tanto da conquistare alla fine il 3° posto Mondiale (prima volta dal 2008 per la Rossa con entrambi i piloti sul podio iridato virtuale). Pur non mancando weekend nel quale Kimi ha sonnecchiato, praticamente sparendo dalla scena, più in generale Iceman si è mostrato molto solido e continuo, pur alle soglie dei 40. D’altronde, i numeri parlano chiaro, a fronte di quattro ritiri tutti dovuti a cause non dipendenti da lui: Kimi è riuscito ad eguagliare il numero di podi nella sua stagione iridata, il 2007 (12), ha centrato una pole strepitosa a Monza, con tanto di giro più veloce di sempre nella storia di questo sport e, ciliegina sulla torta, ad Austin, con una prestazione da standing ovation, ritrovando una vittoria che mancava da Melbourne 2013 (prima in Ferrari da Spa 2009). Paradossalmente, a differenza che negli anni scorsi, questa era l’annata dove maggiormente Raikkonen avrebbe meritato il rinnovo. E invece, con una situazione gestita male dalla Scuderia, si è arrivati all’addio, con Kimi che chiuderà la carriera con un biennio in Sauber. Se ne va un ferrarista VERO, un pilota che ha sempre amato, nonostante tutto, la Rossa; però, consentitemi, l’ora era giunta. E fare spazio ad uno come Leclerc, non credo se ne possa fare una colpa al team. Detto ciò, in bocca al lupo Kimi, mancherai.

Dopo oltre cinque anni e mezzo (nove con la Ferrari), Kimi Raikkonen è tornato sul gradino più alto del podio, imponendosi ad Austin (foto da: youtube.com)

FERRARI, voto 7

E’ difficile inquadrare perfettamente la stagione della Scuderia, sicuramente risoltasi in una delusione cocente nell’aver fallito per l’11.esimo anno il titolo piloti (e per il 10° quello Costruttori). Da una parte, è indubbio come la SF71-H abbia rappresentato un deciso miglioramento rispetto alla SF70-H, fortissima su alcune piste (lente e tortuose soprattutto), ma in affanno su molte altre. Il lavoro di Binotto e del suo team è riuscito a sfornare una monoposto molto più costante ed efficiente, andata in difficoltà solo in rare occasioni. Ciò ha prodotto una prima parte di stagione dove la SF71-H è stata (Barcellona a parte) sempre all’altezza della Mercedes, in alcune occasioni anche avanti (non di molto, bisogna essere onesti). La dipartita di Sergio Marchionne, purtroppo, ha rappresentato lo spartiacque negativo della stagione; da quel momento in poi, è come se qualcosa si fosse rotto, soprattutto all’interno della squadra, che ha man mano perso la bussola, ritrovandola poi quando ormai era già tardi. La scellerata gestione del caso-Raikkonen e gli sviluppi sbagliati tra Singapore e Sochi, insieme a troppi errori di strategia (senza nominare ulteriormente quelli di Sebastian) e allo sviluppo Mercedes, hanno dato la mannaia sui sogni di gloria di Maranello. In vista del 2019 si riparte dalla coppia Vettel-Leclerc e da un team che ha bisogno di ripartire dalle tante cose buone fatte e viste in questo 2018.

MAX VERSTAPPEN (4° con 249 p), voto 8

Poco da dire su MadMax. Dopo una prima fase di stagione ancora colma di cavolate (Cina in primis) e scivoloni con la lingua, l’olandese ha conosciuto, di pari passo (o quasi) con la monoposto, una crescita netta ed innegabile, che l’ha portato a rompere le scatole frequentemente ai piloti di Mercedes e Ferrari. Un Verstappen che ha mancato è vero la prima pole in carriera (e il record di precocità di Sebastian Vettel), faticando al sabato soprattutto a causa delle carenze del propulsore Renault. In gara, però, è stato spietato quando la macchina gliel’ha consentito, dominando in Messico, guidando alla grande in Austria, e sfoderando grandi prestazioni (11 in totale i podi, tanti quanti ottenuti fino al 2017), inventandosi spesso sorpassi da spellarsi le mani (da ultimo quello su Bottas ad Abu Dhabi). Max ha mantenuto l’indole focosa, come quando in Brasile ha affrontato a muso duro un Ocon che gli aveva poco prima scippato la vittoria. Ma è un fenomeno, su questo nessuno può discutere. E se l’anno prossimo la Honda dovesse fornire un propulsore all’altezza, allora si dovranno certamente fare i conti anche con lui.

Max Verstappen, durante le prove libere del Gran Premio del Messico, da lui dominato (foto da: Twitter.com)

DANIEL RICCIARDO (6° con 170 p), voto 6.5

L’ultimo campionato in Red Bull si è rivelato una montagna russa di emozioni per il simpatico e veloce pilota australiano. Da un lato certamente le vittorie sofferte e meritate di Shanghai e Monaco (dove ha dominato il weekend); dall’altro, uno stillicidio di ritiri (8) e penalizzazioni per problemi tecnici vari (6) che avrebbe fatto perdere la pazienza anche a Gandhi. Dalla vittoria nel Principato in poi, sul nativo di Perth si è abbattuta una sorta di maledizione del podio, mai più raggiunto. Nel confronto interno con Verstappen, poi, dopo due anni nei quali aveva retto molto bene Daniel ha dato segnali di cedimento. La gestione del rinnovo con Red Bull, con le presunte offerte da Maranello, lo ha portato alla Renault. Una scommessa molto complicata, che rischia di far deragliare la carriera del pilota australiano.

Daniel Ricciardo, vincitore del Gran Premio di Monaco 2018. A fine stagione, le strade sue e della Red Bull si sono separate (foto da: twitter.com/F1)

RED BULL, voto 7

Il voto dipende dall’ennesima partenza ad handicap, una costante nell’era power unit per la scuderia anglo-austriaca. Come (quasi) sempre accaduto, però, il puntuale lavoro di Adria Newey e del suo staff, insieme ad una RB14 al solito molto competitiva telaisticamente, hanno permesso di raddrizzare la stagione. Una Red Bull è vero terza nel Mondiale Costruttori, ma capace di 4 vittorie e 13 podi complessivi, oltre ad una pole. Soprattutto, nell’ultima fase di stagione, la RB14 è migliorata tanto, al punto da diventare la migliore per distacco nella gestione delle gomme. Il 2019 ha il grosso punto interrogativo del propulsore Honda. Staremo a vedere cosa riusciranno a tirar fuori, ma a Milton Keynes hanno tutta la voglia di tornare a giocarsi il bersaglio grosso.

NICO HULKENBERG (7° con 69 p), voto 7+

Una stagione senz’altro positiva per il tedesco di Emmerich am Rhein, che porta a casa la platonica palma di ‘Campione degli altri’. Un Nico solido e costante che, ritiri a parte (7, con tanto di spavento con il cappottamento di Abu Dhabi) e qualche errore (su tutti alla partenza di Spa), giunge a punti in 11 occasioni su 14 che ha visto la bandiera scacchi, portando a casa un 5° posto nella gara di casa di Hockenheim come miglior risultato, mentre in qualifica sono arrivati sette partenze dalla 7° piazzola. Intanto però, a 31 anni e con 158 gp alle spalle (156 le partenze) il podio è ancora una chimera.

Le due Renault di Nico Hulkenberg e Carlos Sainz, durante la gara dell’Hermanos Rodriguez, nella quale il tedesco è giunto 6° (foto da: twitter.com/RenaultSportF1)

CARLOS SAINZ Jr (10° con 53 p), voto 6.5

Stagione strana per il pilota spagnolo che, nel 2019, sarà l’unico spagnolo in pista. Dopo un’ottima prima metà di stagione, il figlio d’arte è andato calando con il passare delle gare, con un ultimo sussulto negli Emirati (6°), ultima gara con la Renault prima di passare in McLaren. Risultato tornato utile per artigliare in extremis la top-10 in classifica. Un Sainz a punti 13 volte su 19 arrivi al traguardo, che ha avuto nel 5° posto di Baku e nel 5° in griglia di Budapest i migliori risultati stagionali.

RENAULT, voto 6.5

Nelle idee dei vertici della Losanga, la stagione appena conclusa avrebbe dovuto rappresentare uno step nella marcia di avvicinamento ad una competitività tale da permettere ai francesi di tornare in lizza per il Mondiale. E il 4° posto finale (con 122 punti) rappresenta di certo un miglioramento rispetto alle due passate stagioni. In termini concreti, però, non è che ad Enstone hanno molto da star tranquilli. Il gap con i tre top team, infatti, anziché diminuire è parso alla meglio stazionario, se non aumentato. L’idea di puntare tutte le carte sul 2021, a questo punto e faticando ad immaginare ribaltoni nel prossimo biennio, potrebbe non essere esagerato.

ROMAIN GROSJEAN (14° con 37 p), voto 5

Non ha brillato il nativo di Ginevra, alternando ottime prestazioni, soprattutto in qualifica (6 terze file, tre i 5° posti), ad errori marchiani in gara (incidente in regime di SC a Baku e disastro in curva 3 a Barcellona subito dopo il via su tutti), che ne hanno compromesso la stagione. Un Grosjean troppo falloso, che ha comunque portato a casa il miglior risultato nella storia del team statunitense (4° in Austria), insieme a qualche altro risultato di rilievo. Evidentemente ciò è bastato a Gene Haas e a Gunther Steiner per confermarlo anche per il 2019.

Romain Grosjean ad Abu Dhabi dove, per la quinta volta in stagione, la Haas ha portato entrambe le monoposto a punti. Grosjean e Magnussen, nell’occasione, hanno chiuso rispettivamente 9° e 10° (foto da: twitter.com/HaasF1Team)

KEVIN MAGNUSSEN (9° con 56 p), voto 7-

La miglior stagione del pilota danese, lui si guadagnandosi la conferma del team. Veloce e costante, pur con qualche errore che ci sta in una stagione così lunga, il danese ha conquistato i punti in 11 occasioni, con due 5° posti come migliori risultati (Bahrain e Baku), mentre in qualifica sono arrivate quattro prime file (tre 5° posti tra Australia, Germania e Russia). Più che altro, Magnussen si è segnalato per un rapporto ‘conflittuale’ con i suoi colleghi, tra i quali è sinceramente poco apprezzato, oltre che accusato di guida scorretta e pericolosa. Nella ‘storia’ il ‘suck my balls honey‘ rivolto a Hulkenberg nella zona mista di Budapest, oltre alla pericolosa difesa su Leclerc in pieno rettilineo a Suzuka, che ha attirato critiche trasversali.

HAAS, voto 6.5

L’annata del team con sede a Kannapolis è a due volti. Da una parte, il team di Gene Haas ha concluso la miglior stagione della sua giovane storia, battagliando praticamente fino alla fine con la Renault e risultando, spesso e volentieri, la quarta forza del gruppo, quantomeno a livello prestazionale. Dall’altra parte, però, c’è il rammarico per una caterva di punti gettati letteralmente dalla finestra, tra errori dei piloti (o del pilota #8 in particolare) e, in qualche sanguinosa occasione, del team. Come non ricordare il disastro al box di Melbourne, con Magnussen e Grosjean in 4° e 5° posizione. Un insieme di errori che, a posteriori, sono costati un 4° posto che poteva essere ottenuto se non in carrozza quasi.

FERNANDO ALONSO (11° con 50 p), voto 6.5

Una stagione emblema del momento del pilota asturiano, che ha salutato la Formula 1 con la meravigliosa (e spontanea) passerella di Abu Dhabi, in quella che al momento è la sua 314.esima (312.esima partenza) ed ultima gara in carriera. Un’annata partita con l’illusione di una McLaren più competitiva grazie al propulsore Renault (cinque piazzamenti a punti nelle prime 5 gare, con 5° posto in Australia), ma piombata subito nel solito incubo fatto di poca affidabilità e competitività scarseggiante. Una situazione insostenibile per un pilota del calibro del Nando, che ha così deciso di farla finita (per ora) con il Circus, decidendo di dare l’assalto definitivo alla Tripla Corona.

L’immagine forse più bella della stagione 2018, con Lewis Hamilton e Sebastian Vettel che, al termine della gara di Abu Dhabi, accompagnano in parata il ritirando Fernando Alonso (foto da: youtube.com)

STOFFEL VANDOORNE (16° con 12 p), voto 4.5

Annus horribilis per il talentuoso pilota belga, che si gioca anche la permanenza da titolare in Formula 1, passando in Mercedes come pilota addetto al simulatore. Quattro volte a punti durante il campionato (due 8° e due 9° posti all’attivo), Stoffel ha subito tremendamente il confronto con Alonso (10-3 in gara (con entrambi al traguardo), addirittura 20-1 in qualifica), faticando a tal punto in alcuni frangenti con la MCL33 quasi da arrivare a dubitare delle proprie capacità. Che dire… Con tutta probabilità, Vandoorne è arrivato al posto sbagliato nel momento sbagliato.

MCLAREN, voto 4

Voto basso più che meritato per il team di Woking, che migliora il piazzamento dello scorso anno (da 9° a 6°), con un bottino di punti (62) minore rispetto alla migliore annata dell’era post Mercedes (76 nel 2016). Il passaggio dai tanto vituperati propulsori Honda a quelli Renault, visto come la cura di tutti o quasi i mali della McLaren, non ha invece portato i risultati sperati. Il buon avvio è presto svanito in una spirale negativa fatta di ritiri e, soprattutto, competitività a tratti imbarazzante, che ha portato la MCL33, nel finale di stagione, quasi in fondo alla griglia. Negli ultimi giorni si è parlato addirittura di una versione B preparata dal team, ma non portata in pista dato che i problemi della macchina sono stati scoperti troppo tardi.

SERGIO PEREZ (8° con 62 p), voto 7.5

Alla sua ottava stagione in Formula 1, Checo ha confermato di essere un pilota ormai maturo e costante. Reagendo ad un avvio di stagione nel quale era stato il compagno di box, Ocon, a risultare più veloce, il messicano ha poi inanellato, dalla gara del Red Bull Ring in avanti, ben 10 arrivi a punti (12 totali) in 13 gare. L’apice è arrivato prima, ovvero a Baku, dove sfruttando le varie circostanze Perez ha arpionato il 3° posto, unico al di fuori dei Big-6 a giungere sul podio quest’anno, tornandovi sulla stessa pista dopo quasi due anni. In qualifica, invece, la perla è stata la 4° posizione ottenuta sul bagnato di Spa (10 volte in totale in Q3).

Tutta la felicità di Sergio Perez, che torna sul podio a quasi due anni di distanza dall’ultima volta, sempre a Baku (foto da: twitter.com/ForceIndiaF1)

ESTEBAN OCON (12° con 49 p), voto 5

Il voto del francese è una media tra quello che è (e ha mostrato) in termini di talento puro, e quello che ha combinato invece come ‘paggetto in pectore’ della Mercedes. In generale, non è stato facile per lui, in primis mentalmente, districarsi tra un compagno di squadra esperto come Perez e, a cavallo dell’estate, le voci su un possibile fallimento del team prima e quelle sul suo appiedamento in favore del figlio del nuovo proprietario, Lance Stroll. In pista sono arrivati 10 arrivi a punti (quattro volte 6° (Monaco, Austria, Belgio ed Italia)) e 11 Q3, con il picco anche lui come Perez in Belgio (3°). Poi c’è il rovescio della medaglia. Ovvero un Ocon che in più di una occasione si è comportato come se già guidasse per la Mercedes, sparendo letteralmente dalla pista all’arrivo delle due Frecce d’Argento (emblematico al riguardo Monaco), e facendo terra bruciata attorno a sé. Quindi il nervosismo, esploso una volta capito che per lui, almeno per il 2019, non c’era più posto; il tutto culminato con la follia di Interlagos, quando ha speronato il leader Verstappen.

RACING POINT FORCE INDIA, voto 7

Annata divisa in due per il team con sede a Silverstone, con il passaggio di proprietà da Vijay Mallya alla cordata guidata da Lawrence Stroll perfezionatosi prima di Spa. Un prima ed un dopo, guardando anche alla classifica. La prima parte di stagione, più che nelle stagioni precedenti, ha visto una situazione economica precaria, che si riverberava su una VJM11 non brillante come quelle che le hanno precedute. Eppure sono arrivati un podio a Baku e un totale di 59 punti. Cambiata la proprietà (e in parte il nome, Racing Point Force India), il team ha fatto per così dire vedere le cose migliori, portando a casa 52 punti e una competitività maggiore. Il totale di 111 punti avrebbe piazzato la scuderia, ormai totalmente inglese, in 5° posizione, tra team con un budget sicuramente più alto.

CHARLES LECLERC (13° con 39 p), voto 8

Diciamocela tutta, al di fuori dei soliti noti, Leclerc è stato la sensazione del 2018, ben oltre il 13° posto finale. Il monegasco, dopo delle difficoltà iniziali, si sblocca in Azerbaijan, dove coglie quello che sarà il miglior piazzamento stagionale, nonché il primo a punti in carriera (6°). Da lì in avanti, pur non mancando qualche errore e qualche passo falso sfortunato (tipo i ritiri a casa sua, a Monaco, a Budapest e a Spa, in entrambi i casi coinvolto in contatti al primo giro), arrivano altri 9 piazzamenti in top-10. La maturazione sembra essersi completata nella fase finale della stagione quando, ritiri di Suzuka ed Austin a parte, sono arrivati quattro 7° posti in fila, conditi da prestazioni sempre più convincenti anche in qualifica, con sei Q3 in fila (nove in totale). Highlights della stagione, la sua decisione di star fuori in Q2 in Brasile nonostante il consiglio dell’ingegnere di pista di tornare ai box con la pista che si stava bagnando, mentre lui aveva le slick, e i primi giri nella sua ultima gara di Abu Dhabi in Sauber, dove solo una strategia errata gli ha impedito di portare a casa almeno un 6° posto. E adesso la Ferrari.

Charles Leclerc, nel corso del GP d’Azerbaijan dove, grazie al 6° posto, ottenne i primi punti in carriera (foto da: twitter.com)

MARCUS ERICSSON (17° con 9 p), voto 6

Lo svedese chiude la sua miglior annata dal 2015, ottenendo lo stesso numero di punti (9) ma un piazzamento in top-10 in più (6 contro 5), con tanto di miglior qualifica in carriera (6° ad Interlagos), con punte di velocità interessanti. Eppure, tutto ciò non è bastato a fargli mantenere il posto, con un confronto con Leclerc per larghi tratti impietoso, come mostrato sia in qualifica (4-17) che in gara (4-9, quando entrambi hanno visto la bandiera scacchi). Adesso, Marcus proverà a far bene in IndyCar.

SAUBER, voto 7

Un’annata pazzesca per un team che, nelle due stagioni precedenti, faticava terribilmente ad arrivare anche solo vicino la zona punti. A dirla tutta, anche i test invernali facevano presagire un futuro tetro e da fondo della classifica. E invece, grazie ai propulsori Ferrari 2018, all’apporto economico del marchio Alfa Romeo e al grande lavoro del team diretto da Luca Furbatto e da Frederic Vasseur, la C37 è progressivamente migliorata, al punto da giocarsela alla pari con le altre monoposto della seconda parte di classifica nel finale di campionato. Di certo, un risultato da cui ripartire per un 2019 ancor più ricco di soddisfazioni, con Kimi Raikkonen ed Antonio Giovinazzi come piloti.

PIERRE GASLY (15° con 29 p), voto 6.5

La prima stagione completa del talento francese ha vissuti di alti e bassi, dovuti principalmente alla competitività ondivaga della SRT13 ed agli esperimenti della Honda. Partito col botto, con uno strepitoso 4° posto in Bahrain (dove coglie anche la miglior qualifica (5°)), Gasly ha poi riassaporato la zona punti solo in altre quattro occasioni, faticando non poco a dare dimostrazione della sua bravura. Ciononostante, l’addio di Ricciardo gli ha già spalancato le porte della Casa Madre, dove però si ritroverà una bega mica da ridere: Max Verstappen.

Pierre Gasly festeggia con i meccanici Toro Rosso il 4° posto ottenuto in Bahrain. Il francese farà coppia con Max Verstappen in Red Bull nel 2019 (foto da: twitter.com/PierreGASLY)

BRENDON HARTLEY (19° con 4 p), voto 5.5

Penultimo posto in classifica con 4 punti per il neozelandese (miglior risultato il 9° posto di Austin, mentre in qualifica spiccano il 6° tempo ottenuto a Suzuka e l’8° a Budapest). Tanta buona volontà ed impegno per il due volte Campione del Mondo WEC, ma il confronto con il compagno di box e una considerazione di certo non elevata da parte dei vertici Red Bull hanno portato al divorzio a fine stagione.

TORO ROSSO, voto 6-

Non la miglior annata del team faentino; anzi, la peggiore dal 2014. L’avvio positivo lasciava pensare ad un’annata nella quale la Toro Rosso, al debutto della partnership con Honda, potesse togliersi varie soddisfazioni, anche grazie ad una power unit nipponica obiettivamente migliorata. Nel corso dell’anno, però, la miriade di sostituzioni di propulsore dovute agli ‘esperimenti’ della Honda in vista della fornitura dal 2019 alla Red Bull hanno giocoforza influito sulle prestazioni della monoposto, portando a soli due arrivi a punti nelle ultime 8 gare.

LANCE STROLL (18° con 6 p), voto 5

Con una Williams che consentiva ben poco, il canadese non è riuscito a combinare granché, chiudendo a punti in due occasioni (8° in Azerbaijan e 9° a Monza, weekend dove ha ottenuto le due Q3 dell’anno) e chiudendo spesso e volentieri doppiato e lontanissimo dalle posizioni importanti. In più, non è che Lance abbia dominato nel confronto con Sirotkin, come si vede dal 9-12 in favore del russo in Qualifica e dal 9-8 in gara (quando sono entrambi arrivati al traguardo). Ora la chiamata in Racing Point Force India (da papà Lawrence), dove dovrà dimostrare di avere le qualità giuste, in un confronto che si annuncia molto ostico con Perez.

La Williams di Lance Stroll, sotto la pioggia del Paul Ricard, nelle PL3 del Gran Premio di Francia (foto da: twitter.com/F1)

SERGEY SIROTKIN (20° con 1 p), voto 5.5

Ricollegandoci al discorso fatto con Stroll, di certo a Sirotkin non poteva capitare macchina peggiore per esordire in Formula 1. Nonostante ciò, il russo con la valigia pesante si è fatto valere in più di un’occasione, soprattutto con il compagno di box che, non dimentichiamolo, aveva tutto il supporto del team. A Monza, inseguito alla squalifica di Grosjean, arriva il suo primo ed unico punto iridato (10°), mentre in qualifica è stato l’11° tempo di Baku il miglior risultato. A fine anno la doccia fredda del benservito da parte di Claire Williams, con il suo sedile preso da Robert Kubica.

WILLIAMS, voto 3

La peggior stagione della storia del team di Grove. Basta già questo ad indicare di che tenore è stato il 2018 per lo team inglese, ormai decaduto. E fa malissimo, pensando a cosa significhi la Williams per la Formula 1, con tutto il suo bagaglio di titoli, uomini e piloti straordinari che ne hanno caratterizzato la storia. Pur con il propulsore Mercedes, tranne che in rare circostanze, la FW41 ha patito tantissimo, soprattutto in termini di guidabilità e carico aerodinamico, segno di un telaio e di un’aerodinamica davvero carente. Certo, Stroll e Sirotkin non erano sicuramente sinonimo di successo; ma la sensazione forte è che nemmeno i vari Hamilton, Vettel o Verstappen avrebbero saputo cavare un ragno dal buco.

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