Questa Emergenza Coronavirus attanaglia ormai il Mondo intero e quello del pallone non è da meno.
Lo stop forzato della maggior parte dei campinati ovviamente comporta perdite anche piuttosto ampie.
Prendasi la Liga, per la quale la Confindustria spagnola stima una perdita complessiva di qualcosa come 950 milioni di € in caso di non ripresa del campionato.
Il calcio in Spagna ha un peso, sul piano anche economico, non inferiore rispetto a quello che ha in Italia.
Non per niente costituisce circa l’1.37% del PIL nazionale e da lavoro a una stima di circa 185mila persone. Quindi si comprende la ragione della robustezza delle perdite.
Perdite che le varie federazioni possono ovviamente recuperare, in primis, dal taglio degli stipendi dei calciatori.
Un argomento che impazza ormai, e che riempie intere pagine di quotidiani e interi spazi di servizi telegiornalistici.
Argomento che comunque ancora divide, con le varie associazioni dei calciatori che non riescono a prendere accordi con le rispettive leghe.
E’ quindi anche il caso della Spagna, dove l’Afe, la Assocalciatori Spagnola, non è ancora riuscita a prendere accordi sulla questione del taglio stipendi con la Commissione delegata della Liga Spagnola.
Ed è qui che la Liga stessa entra in gioco: la lega calcio iberica ha infatti autorizzato ufficialmente le società ad avviare le pratiche per la cosiddetta Erte, in sostanza l’equivalente della nostra cassa integrazione.
Una decisione molto importante, e una presa di posizione forte da parte della Liga, che praticamente esclude dal tavolo decisionale l’Assocalciatori, autorizzando i club ad operare anche senza accordi con l’Afe.
In Spagna tuttavia c’era già stato un esempio virtuoso, sulla stessa falsa riga di quelli avuti in Italia, in primis da Juventus e Inter, con i giocatori dell’Atletico Madrid disposti a decurtarsi il 70% dello stipendio.
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