Emergenza Coronavirus: FIGC, Lega Serie A e AIC vogliono riprendere, ma Governo, CONI e 7 club frenano

Emergenza Coronavirus: FIGC, Lega Serie A e AIC vogliono tornare in campo il prima possibile, ma Governo, CONI e 7 club non sono d’accordo.

Sembra diventata un barzelletta, magari lo è. Eppure, nonostante l’emergenza Coronavirus che tiene sotto scacco l’Italia da quasi due mesi ormai, c’è chi ritiene opportuno tornare in campo per terminare una stagione che risulterebbe comunque falsata.

Gli interessi economici sono altissimi, lo comprendiamo, così come il lavoro che le società di calcio professionistiche garantiscono a migliaia tra dipendenti e collaboratori vari (la sola Juventus dà lavoro ad almeno 827 persone). Ma la domanda che sorge spontanea ormai da settimane è sempre la stessa: vale davvero la pena tornare in campo nonostante quello che sta accadendo in Italia, in Europa e nel Mondo? Vale davvero la pena tornare a giocare con gli stadi vuoti, senza quei tifosi che, alla fine della storia, sono il vero fulcro del calcio?

La risposta di alcuni (FIGC, Lega Serie A e AIC) è si, quella di altri (Governo e CONI) è no. Decidere lo schieramento al quale affiliarsi è complicato, ma noi non siamo qui per fare comunella. Il nostro compito è quello di narrare e descrivere i fatti. Pertanto senza perderci in chiacchiere, esponiamo la situazione.

Qualche giorno fa, come ricorderete, il presidente FIGC, Gabriele Gravina aveva rilasciato le seguenti dichiarazioni in merito alla possibilità o meno di riprendere il campionato.

Non sarò io il becchino del nostro calcio. Non ho mai preso in considerazione l’idea di chiudere la stagione. Sono in ballo 5 miliardi di euro e l’impatto negativo di uno stop definitivo sarebbe una catastrofe. Porto avanti l’idea di continuare. Spero che in giugno l’Italia possa vivere un momento di sollievo. Accoglierei con sollievo la decisione del Governo di non riprendere, poiché si può immaginare come mi senta, vivendo da settimane quasi isolato su questa posizione.

La FIGC dice no alla possibilità di una Super Champions League
Gabriele Gravina, presidente FIGC

Dichiarazioni che hanno accentuato ancora di più gli schieramenti sopramenzionati e generato pensieri e frasi da parte di chi vorrebbe appunto riprendere, ma a patto che vengano prese le giuste misure cautelative per garantire la sicurezza di atleti, staff e addetti ai lavori vari.

Stiamo parlando ovviamente dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori) la quale, mediante la figura del suo presidente, Damiano Tommasi, ha espresso così, nelle scorse ore, la propria posizione, nonché quella di calciatori e calciatrici.

La volontà dei calciatori e delle calciatrici è, e sarà sempre, quella di tornare al più presto in campo con le più ampie garanzie di sicurezza per tutti gli addetti ai lavori. La volontà di tutti gli atleti e le atlete è di poter tornare a svolgere il proprio lavoro così come tante altre categorie professionali, senza apparire privilegiati o usufruire di corsie preferenziali sui controlli medico sanitari.

Damiano Tommasi, presidente AIC

Emergenza Coronavirus: il parere contrastante di Governo, CONI e vari club di Serie A

E se da un lato c’è la volontà della FIGC e dell’AIC, appoggiata dalla Lega Serie A, di riprendere, dall’altro ci sono il Governo, attraverso la figura del ministro dello sport, Vincenzo Spadafora e il CONI, mediante la figura del presidente, Giovanni Malagò, che invece vorrebbero mettere la parola fine a tutto.

In questo senso quindi il ministro dello sport ha chiarito, in maniera sintetica, ma esplicativa, la posizione del Governo in merito alla possibilità che le squadre di Serie A riprendano gli allenamenti il 4 maggio o in data successiva.

Non do per certo né la ripresa del campionato né degli allenamenti.

Sulla stessa scia di Spadafora si è messo quindi anche il presidente del CONI, Giovanni Malagò che, senza troppi di giri di parole, ha espresso quello che è il suo pensiero riguardo la faccenda:

Il calcio ha il diritto e il dovere di fare quello che ritiene più giusto. Ma quando dico calcio ho l’impressione si tratti solo della Serie A, la quale deve cercare di fare quello che ritiene giusto per completare la stagione. Ma bisogna trovare un’alternativa se questo non può avvenire, e lo dico senza polemiche.

Giovanni Malagò, presidente del CONI

Manifestando tutta la sua perplessità, relativa anche ai protocolli medici (tamponi, test sierologici, utilizzo di mascherine, distanza interpersonale) che verrebbero attuati in sogni società per garantire la sicurezza di tutti, Malagò ha continuato, dicendo:

Non so come sarà la situazione dei tamponi fra due settimane, certo quando si rimetterà in moto la macchina ci dovrà essere una disponibilità che al momento non c’è.

Concludendo il suo intervento, il numero uno del CONI ha quindi sottolineato la sua contrarietà all’assegnazione dello scudetto qualora la stagione non giungesse a conclusione.

Questo vale per tutti gli sport, sia chiaro, non solo per il calcio.

Le 7 squadre che non vorrebbero tornare in campo

FIGC, Lega Serie A e AIC vogliono tornare in campo, Governo e CONI no, Questa situazione sembra ormai chiara. Due schieramenti ben delineati ai quali se ne aggiunge un terzo costituito da 7 squadre di Serie A, quali Spal, Brescia, Torino, Sampdoria, Udinese, Bologna e Fiorentina che non vorrebbero invece tornare in campo.

Le motivazioni che muovono queste 7 società vanno ricercate nel seguente quesito che le stesse pongono alla FIGC.

Con l’eventuale ripresa del campionato e successiva interruzione per conseguenze derivanti da contagio Covid 19, quali effetti giuridici potrebbero subire i singoli calciatori o interi club (per gli effetti dell’ottemperanza a provvedimenti mitigatori al contagio – autoisolamento o quarantena)? In particolare potrebbero sopravvivere la legittimità delle pretese dei club di invocare la forza maggiore a far data dal DPCM 9 marzo 2020 con riguardo a rapporti contrattuali di durata preesistenti alla data? L’assunzione del rischio di un fatto non più imprevedibile potrebbe ricadere sul club che si è assunto il rischio di prosecuzione della competizione pur in presenza di un rischio incalcolabile.

Dinanzi a tale quesito, considerando sempre l’Emergenza Coronavirus che attanaglia il paese, ci sarà ancora molto da discutere, con il presente che appare sempre più incerto e il futuro che non lascia intravedere nulla di positivo.

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