Demba Ba: se il “Politically correct” ti toglie la dignità di avere un’opinione

Razza: Raggruppamento di individui che presentano un insieme di caratteri fisici ereditari comuni. Nel caso dell’uomo, tali caratteri si riferiscono a caratteristiche somatiche (colore della pelle, tipo di capelli, forma del viso, del naso, degli occhi ecc.), indipendentemente da nazionalità, lingua, costumi“.

Da ieri sera il “Politically correct” ha intrapreso l’ennesima, spietata crociata tutti contro uno all’indirizzo di Sebastian Coltescu, IV uomo della sfida di Champions League tra PSG e Istanbul Basaksheir. Il signor Coltescu si è reso protagonista di insulti razzisti nei confronti di Pierre Webo, assistente dell’allenatore Okan Buruk, e di Demba Ba, entrambi componenti della squadra turca.

Questa, almeno, la tesi dell’accusa. Perché alla difesa non è stato ancora concesso diritto di parola (chissà se verrà fatto) e, vista la nebulosa che avvolge ancora il caso, si rischia di incappare nuovamente in un giudizio sommario e superficiale.

Ciò che mi ha fatto riflettere spingendomi a scrivere quest’articolo, non è tanto la condanna all’insulto, che è sacrosanta e guai non ci fosse stata, quanto la veemenza sproporzionata delle reazioni che ha suscitato. Gesti che, a furia di ripetersi sempre uguali, rischiano di perdere la loro forza impattante.

Innanzitutto, il fatto che Ba abbia potuto lasciare il campo scortato dalla solidarietà di compagni ed avversari, dimostra che tanto martire non sia. I martiri, quelli veri, scontavano i propri supplizi da soli e senza possibilità di sottrarvisi a meno che non avessero abiurato ciò in cui credevano.

Dall’altra parte Coltescu è stato messo alla gogna: un uomo dal quale prendere immediatamente le distanze per dimenticarci, forse, che le parole “espelli il nero”, pronunciate magari in modo improvvido, sono il residuo inconscio di pensieri e differenze che vogliamo scacciare con forza, ma che un po’ ci appartengono.

Sappiamo bene che il colore della pelle di Demba Ba sia il frutto di combinazioni genetiche sulle quali non ha avuto potere di azione, credo lo sappia anche Coltescu. Ergo, Ba non ha nulla di cui vergognarsi. La sua reazione stizzita, per insulti che forse non ha neanche ricevuto direttamente, dimostra a mio modo di vedere che un minimo senso di colpa sia intrinseco anche nel colpito e in tutti coloro che si ergono a suoi difensori demonizzando la controparte. Mi si permetta di dire che, forse, un po’ di colpa l’abbia anche lui nel percepirsi “forzatamente inferiore”.

Episodi di razzismo, anche recenti, nel calcio ne abbiamo tanti: Dani Alves, ai tempi del Barça, fu preso di mira dal lancio di banane. Lui rispose nel modo più signorile possibile: la raccolse e la mangiò, con buona pace degli stolti che credevano di offenderlo.

Dani Alves Eating Banana Planned For Weeks - Business Insider

Ricorderei a Ba, il quale ha tutto il diritto di sentirsi offeso, che il razzismo, quello vero perché sostanziale e finalizzato ad ostacolare la piena realizzazione di tutti gli individui a parità di condizioni, è ben altra cosa. Il senegalese può oggi sedersi in panchina con i compagni “bianchi”, giocare tranquillamente a calcio e ricevere pari trattamento economico ed assistenziale rispetto agli altri atleti, senza limitazione di sorta. Questo perché fondamentalmente l’organizzazione di cui fa parte, la FIFA, non riconosce tali differenze.

Sento spesso parlare di intorpidimento delle coscienze e di derive violente: ma dove? Ba potrà tranquillamente tornare a giocare, lo farà già stasera, e ieri ha avuto tutto il mondo dalla sua parte. Io stesso, che di certo non posso ammirarlo per il putiferio scatenato, non posso che parlarne col rispetto che si deve a un uomo il quale ha voluto esprimere il proprio dissenso per il trattamento ricevuto.

Ecco: il dissenso. Quello che mi sarebbe piaciuto leggere anche su qualche prima pagina dei quotidiani, che invece hanno remato tutti dalla stessa parte: Ba ha ragione, Coltescu va eliminato e basta (perché radiarlo, diciamocelo in faccia, vuol dire proprio questo).

Ciò che mi fa paura, piuttosto, è il mancato riconoscimento di dignità che la morale corrente concede al pensiero divergente. Badate bene: ho detto mancanza di dignità, non impossibilità di esprimersi. Ti faccio parlare, ma se non sei d’accordo col pensiero dominante, sei stupido e devi tacere.

Il confronto di idee è quanto di più nobile il nostro mondo occidentale abbia partorito attraverso il secolo dei lumi. La messa a rogo in pubblica piazza, cui il guardalinee rischia di andare incontro, è un pessimo retaggio di matrice medievale.

Appellandomi sempre al concetto di razza esplicitato all’inizio dell’articolo, ho posto l’accento su come il colore della pelle sia solo uno dei tanti aspetti che la definiscano: fra essi vi sono il colore degli occhi, dei capelli, dell’altezza.

Ecco, l’altezza: lo scrivente è alto 166 cm perché i suoi genitori sono alti più o meno così, i suoi nonni lo furono e, forse, i suoi figli lo saranno. Stesso dicasi per il colore della pelle di Demba Ba.

Ora, pensando all’altezza mi è sorto alla mente un episodio che ha visto protagonisti Ronaldo e Florenzi un paio di anni fa: il portoghese derideva l’avversario perché molto più basso di lui. Nessuno si indignò o parlò di discriminazione, neanche lo stesso Florenzi.

Roma-Juve: Sgarbi, beffe, gol, Florenzi-Ronaldo come Davide contro Golia -  La Gazzetta dello Sport

Questo perché? Perché i bassi non sono mai stato oggetto di discriminazioni? Non mi risulta. La figura del “nano”, tristemente immortalata dal film “Freak” di Tod Browning (1932), rappresenta l’esempio più classico di come un uomo possa essere regredito allo stato di animale o oggetto.

I nani erano trattati alla stregua di animali da circo, attrazioni sfruttate dagli impresari per lucrare, in quanto la loro diversità compiaceva tanto la sensibilità sadica degli spettatori, sempre alla ricerca di un “diverso” da cui distaccarsi.

Bene: la strada del circo era per i nani l’unica praticabile per ottenere un riconoscimento sociale, pena l’emarginazione più completa.

“Ma era la società degli anni ’30”: e allora? Mi sembra che la nostra società sia abbastanza inclusiva, in maniera ossessiva quasi, nei confronti di alcune “diversità” e ne dimentichi altre.

So che il paragone è assurdo, ma poniamo che la FIFA imponesse un limite d’altezza minimo ai giocatori, molti rimarrebbero esclusi. Probabilmente si insorgerebbe, ma lo si dovrebbe fare con equilibrio. Lo stesso che vorrei si usasse quando si parla di presunto razzismo, che comunque non impedisce agli atleti di misurarsi alla pari in campo e venire equamente ricompensati. Il problema del razzismo latente c’è ed è giusto che Coltescu venga lasciato da parte, quantomeno per riflettere. Ciò che mi aspetto dall’altra parte, però, è che Ba prenda consapevolezza di ciò che è diventato e di quello che la società gli ha offerto.

In uno sport che ha permesso alle squadre di integrare giocatori di diverse etnie, di far arbitrare donne ed uomini insieme, di consacrare campioni senza un braccio (Hector Castro), con una grave disimmetria alle gambe (Garrincha), la parola discriminazione non abbia (quasi) mai realmente avuto diritto di cittadinanza.

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