
Il nuovo CEO della Juventus, Damien Comolli, ha spiegato in modo dettagliato come sceglie un allenatore, perché il dato statistico è centrale nella sua filosofia e cosa lo ha portato ad abbandonare definitivamente il calcio turco. Le sue dichiarazioni sono arrivate durante l’intervento al Hudl Performance Insights, dove ha illustrato i principi che guideranno la nuova era bianconera.
Uno dei primi compiti affidati a Comolli è stato quello di esonerare Igor Tudor e nominare Luciano Spalletti. Una scelta che non nasce dall’istinto, ma da un processo molto preciso.
Secondo Comolli, il primo incontro con un tecnico è spesso fuorviante: “Ai colloqui tutti dicono che è tutto perfetto, poi quando iniziano a lavorare improvvisamente nulla va più bene. Ora inserisco nel contratto le frasi che pronunciano nella presentazione, così non se le dimenticano.”
Il messaggio è chiaro: il nuovo allenatore della Juve deve accettare un modello basato su processi, analisi dei dati e metodologie condivise.
Alla domanda su cosa cerchi in un tecnico, Comolli è netto: “Se accetta la nostra filosofia, perfetto. Se non la accetta, ci stringiamo la mano e ci salutiamo.”
Comolli porta con sé un bagaglio importante maturato in club come Monaco, Arsenal, Tottenham, Liverpool, Fenerbahce e Toulouse, dove già aveva sperimentato un approccio molto orientato alla statistica. Per lui la cultura di un club è la base su cui costruire il resto:
“Passo almeno il 30% del mio tempo a pensare alla cultura societaria. Ho chiesto a Matuidi e Trezeguet cosa fosse il DNA della Juve. Hanno risposto entrambi: ‘Vincere’. La cultura si costruisce dal basso, sono i valori che ci definiscono.”
Il dirigente insiste molto sulla necessità di allineare ogni settore della società:
“Il punto chiave nell’uso corretto dei dati è avere un ponte tra direzione e staff tecnico. Serve qualcuno che parli la lingua dell’allenatore. Se quell’uomo è un tecnico e crede nel metodo, allora tutto funziona.”
In Francia, al Toulouse, Comolli aveva introdotto anche la misurazione quotidiana della condizione mentale dei membri dello staff: stress, motivazione, disponibilità al lavoro. “È stato utilissimo. E ci ha aiutati a evitare l’assunzione di persone non motivate.”
Infine, Comolli ha parlato dell’esperienza al Fenerbahce, l’unica che considera impossibile da trasformare:
“Ho grande rispetto per ogni cultura locale, ma in Turchia non si poteva cambiare nulla. C’era troppa politica ovunque. Ho capito che non avrebbe funzionato e sono andato via.”


