Dodici mesi fa, nessuno, o comunque pochi, potevano anche solo lontanamente immaginare che Roger Federer, fuori dai campi per quasi sei mesi, potesse ritornare a Melbourne e vincere il titolo.
Troppo distante nel tempo era l’ultimo slam conquistato a Londra cinque anni prima e troppo consistenti, invece, i dubbi sulla sua condizione, sulla sua competitività, e per alcuni, addirittura, sul suo futuro.
Oggi, dodici mesi dopo, Roger Federer era il naturale favorito del torneo fin dalla vigilia, non solo perché clamorosamente un anno fa riuscì in quella incredibile impresa, ma perché lungo tutto il resto della stagione passata, ha scritto altri nuovi straordinari record conquistando anche, un nuovo titolo slam a Wimbledon.
Oggi, però, Roger Federer ha fatto ancora una volta la storia, la sua storia personale, e quella di questo sport, e tutto facendo sembrare ogni cosa come la più semplice del mondo tanto da non sorprendere nemmeno più di tanto il fatto che un signore di più di trentasei anni possa dominare in questo modo un torneo così importante.
Non sorprende perché è Federer, e da Federer tutti se lo aspettano, ed anzi, sorprenderebbe il contrario, vederlo perdere, vederlo cedere anche di fronte al nuovo che avanza, come verosimilmente si potrebbe immaginare.
E invece no, Federer era, ancora una volta il favorito, ed infatti, non ha deluso, ha vinto meritatamente il ventesimo titolo major della carriera, ma quanto fatto sulla Rod Laver Arena in queste due settimane ha comunque dello straordinario.
Aver potuto ammirare, ancora una volta, ogni singolo colpo di questo straordinario campione è una fortuna rara, aver potuto ammirare la naturalezza del suo gioco, l’eleganza del suo movimento, l’amore per questo sport è davvero una fortuna rara.
Perché Federer è, per milioni di appassionati non solo di tennis, ma di sport in generale, quell’amico che non vorresti mai salutare, quello che sei sicuro di rivedere lì, stesso posto e stessa ora e che sai che non ti tradirà.
Federer è quel signore che riesci ad immaginare solo con quelle vesti, solo con una racchetta e con un trofeo in mano ed il pensiero di non vederlo più sudare e correre sul campo, ti logora il cuore.
Federer è quel campione che ha fatto appassionare tutti, prima a lui e alla sua storia e poi al tennis, che ha conquistato intere generazioni di amanti di questo sport, da quelli che hanno l’eleganza del serve and volley nel sangue a quelli che amano la potenza pura e cruda dei colpi da fondocampo.
Una finale più in discussione di quanto ci si potesse aspettare grazie ad un eccellente coprotagonista come Marin Cilic, già vincitore di uno slam a New York quattro anni fa e finalista lo scorso anno a Wimbledon sconfitto proprio da Federer.
Una finale sofferta e combattuta che lo svizzero, malgrado il secondo set perso al tie break, sembrava avere in pugno fino alla metà del quarto set e che poi, improvvisamente, ha dovuto vincere un’altra volta in avvio di quinto grazie ad alcuni game cruciali conquistati grazie ad una inarrivabile forza mentale.
Tra palle break salvate e occasioni a suo favore colte, invece, subito, al volo, Federer ha mostrato, nel quinto set, perché ha conquistato venti titoli dello slam, perché è il tennista più vincente della storia, perché è quel campione immortale che tutti ammirano.
Una volta di più Federer ha dimostrato di possedere qualcosa di magico, un dono che ha saputo, con valore, virtù e senza mai un comportamento fuori luogo, difendere ed utilizzare, il dono di essere uno dei più grandi campioni della storia dello sport.
Per questo e per tutto quello che ci hai regalato, venti volte bravo Roger, venti volte grazie Roger, ma davvero, potrebbero ancora non bastare.
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