Dopo il boom nel primo decennio degli anni 2000, la scuola tennistica russa sembrava aver perso un po’ di smalto e invece, negli ultimi mesi, sembra esserci di nuovo qualcuno su cui puntare, tra questi c’è Anastasia Potapova.
Se intanto la connazionale Daria Kasatkina ha finalmente riportato una tennista russa tra le prime dieci dopo le ormai veterane Maria Sharapova e Svetlana Kuznetsova ed in seguito al fallimento, fin qui, dell’incompiuta Anastasia Pavlyuchenkova, dal fondo della classifica WTA qualcosa si sta muovendo.
Il 2018 per Anastasia Potapova è stato il primo anno di esperienze ad alti livelli, sapientemente coordinate ed alternate con il suo percorso negli eventi minori del circuito ITF, senza pretendere di bruciare le tappe.
NOME | ANASTASIA |
COGNOME | POTAPOVA |
DATA DI NASCITA | 30.03.2001 |
NAZIONE | RUSSIA |
RANKING | 93 |
COLPO PREFERITO | ROVESCIO |
HIGHLIGHTS | FINALE WTA TASHKENT, MOSCA |
Di Anastasia Potapova si parla bene ormai da tempo, giovanissima atleta russa che qualche anno fa trionfò nel torneo juniores di Wimbledon, superando tra l’altro, in finale, l’ucraina Dayana Yastremska di cui già si è parlato un anno fa e che è stata ripresa, recentemente, visti gli ottimi risultati di fine anno.
Il 2018 è stato l’anno del primo tentativo di esplosione per la giovanissima diciassettenne russa che, nel corso della stagione ha scalato ben 144 posizioni volando dalla numero 237 con cui aveva chiuso il 2017, fino alla 93 con cui, come detto, terminerà quest’annata.
Ed in effetti Potapova, nel circuito maggiore, ha fatto capolino, praticamente per la prima volta, con più continuità e migliore rendimento, in quest’ultima stagione, debuttando grazie ad una wild card nel torneo Premier di San Pietroburgo ad inizio febbraio dove ha centrato il primo successo sulla tedesca Tatjana Maria prima di arrendersi alla fresca campionessa di Melbourne Caroline Wozniacki.
Nella seconda parte della stagione, però, sono arrivati i primi grandi successi e le prime belle soddisfazioni sebbene, in entrambi i casi, Potapova si sia un po’ sciolta nel match più importante.
A luglio, infatti, la tennista russa ha raggiunto la finale del WTA International di casa sulla terra rossa di Mosca cedendo in tre set contro un’altra giovane rampante, di cui si parlerà nei prossimi giorni, la serba Olga Danilovic.
A settembre, invece, Potapova ha raggiunto una seconda finale, sul cemento di Tashkent perdendo contro la connazionale rediviva Margarita Gasparyan contro la quale, però, durante la stagione, era stata in grado di vincere.
Insomma, due ottimi risultati ma entrambi vissuti, con il senno di poi, con qualche rimpianto di troppo visto che, in entrambe le occasioni il successo era alla portata.
La classifica di fine anno che recita 93, con ingresso per la prima volta tra le prime 100 giocatrici del mondo, è anche il frutto di un’intensa esperienza nel circuito minore ITF dove però, la trama non è cambiata, e, malgrado alcuni ottimi piazzamenti, è sempre mancato l’acuto finale.
Infatti, Potapova ha raggiunto ben tre finali, sul cemento di Sharm el Sheik e di Khimki e sulla terra rossa di Roma, senza riuscire mai a mettere le mani sul trofeo, spesso anche con non pochi rimpianti.
Così, sebbene chiare responsabili possano essere la mancanza di esperienza, la giovane età e la disabitudine a partite pesanti, appare un po’ troppo evidente una pericolosa paura che sembra frenare Potapova nei momenti importanti, quando il braccio può tremare.
Ma se su questo, con un po’ di lavoro personale e una necessaria accresciuta esperienza si potrà provare a porre rimedio, i punti di forza tattici e tecnici sono già molti e piuttosto solidi.
Potapova interpreta il tennis degli anni 2000, costantemente in spinta, da fondo campo, con traiettorie piatte e fendenti, abile a smistare il gioco tanto con il diritto quanto con il rovescio, che tra i due appare comunque più naturale e fluido.
Abile a tenere con ritmo e profondità entrambe le diagonali, Potapova non disdegna poi improvvise accelerazioni in uscita sul lungo linea, precise e travolgenti soprattuto sulle superfici più rapide che danno meno tempo per organizzare la difesa.
Il servizio, come spesso accade per le giovani rampanti, è ancora un colpo in fase di elaborazione, spesso più deleterio che non utile, ma migliorabile anche in virtù di una discreta altezza (1.75 m) che le consente ottima spinta senza impedirla eccessivamente nei movimenti.
Il suo gioco è senz’altro completo nella pericolosità e nell’efficacia dei fondamentali da fondo campo, ma necessita di un generale arricchimento per quanto riguarda soluzioni differenti come volée, dropshot, cambi di ritmo, un repertorio che spesso, per le nuove leve, soprattutto della scuola dell’est, è pressoché sconosciuto.
Senza dubbio migliorabile anche la preparazione atletica con la russa capace di ottime e brillanti difese ma con scarsa continuità di rendimento dovuta anche alla sua vocazione più offensiva che dovrà, però, saper accompagnare con un efficace “piano b”.
L’atteggiamento è quello che Maria Sharapova, idolo indiscusso per le giovani leve dell’est, insegna ormai da anni, sempre propositivo, pieno di “pugnetti”, incitamenti e c’mon che mandano chiari messaggi all’avversaria di turno e denotano carattere e personalità importanti.
Insomma, Anastasia Potapova si candida ad essere una delle possibili ragazze terribili dell’est capaci di proseguire il corso dominante della scuola russa che, dal 2000 ad oggi, ha sfornato talenti del calibro delle già citate Maria Sharapova e Svetlana Kuznetsova, ma anche Anastasia Myskina, Elena Dementieva, Dinara Safina, Vera Zvonareva e Nadia Petrova.
L’attenzione e la pressione su di lei saranno sicuramente molte ed ingombranti e dovrà essere brava, crescendo, a saperle gestire con la disinvoltura che si attende da un grande campionessa.
Se riuscirà in questo compito arduo e sempre pericoloso, capace di condizionare e bruciare inevitabilmente carriere illusorie, Potapova potrà davvero dire la sua perché la qualità del suo gioco non mente.
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