Iniziamo dalla fine: alcune ore dopo Milan-Torino, ennesima sfida casalinga senza gol e senza vittoria di questo terribile girone d’andata, Vincenzo Montella ha dovuto fare i bagagli senza ricevere nemmeno un ringraziamento di facciata ed è stato rimpiazzato da Rino Gattuso, attualmente terzo con la squadra Primavera.
Riavvolgendo il nastro e andando a rivedere la sfida contro i granata dell’ex Sinisa Mihajlovic, si è visto un Milan più compatto e più volitivo, ma senza precisione nel momento più importante e, soprattutto, senza nemmeno un gioco. Ed è grave non avere un gioco a dicembre, dopo una stagione iniziata a luglio con una rosa ricca di elementi di quantità e qualità decisamente migliori dell’anno scorso. Già, l’anno scorso: dopo un girone d’andata positivo ed una Supercoppa Italiana soffiata alla Juventus, i rossoneri erano crollati, perdendo tantissimi punti ed approdando al sesto posto grazie più a suicidi altrui che a meriti propri.
Si pensava che con una squadra decente Montella avrebbe fatto bene e le primissime uscite avevano mostrato un diverso modo di approcciare il match e di interpretarlo, ma le amichevoli estive non servono a nulla e Craiova e Shkendija sono solo dei Benevento che ci hanno creduto di più.
Il problema è semplice: la squadra non è serena. Montella ha alcune colpe, quali la mancanza di un modulo e di una formazione base nonché la testardaggine a non schierare mai André Silva dal primo minuto (ieri l’ha fatto, ma senza esiti confortanti). Perché uno che gioca e segna a valanga in Europa non può a farlo in campionato? Dire che il portoghese sia inadeguato alla A è opinabile, non avendolo mai praticamente visto. Kalinic, invece, paga la totale assenza di palloni giocabili, dovuti ad un modulo che non esalta le qualità della rosa e alla decisione di mettere gli uomini fuori posizione, vedi Bonaventura e Suso, ieri costretti a fare quasi da terzini, e Calhanoglu, che non è assolutamente una mezzala ma un trequartista adattabile anche a giocare come esterno d’attacco. Ok, mancano tutti gli esterni destri, ma non si possono snaturare i giocatori. E poi manca ancora la fluidità, indispensabile per creare gioco ed occasioni costanti. Inoltre, la difesa balla ancora: 18 gol subiti in 16 partite sono un segnale assolutamente negativo, specie se consideriamo che molti di questi gol non sono arrivati da chissà quali giocate, ma da evidenti orrori difensivi dei singoli.
Ma torniamo al Torino: Belotti e company hanno approntato un match difensivo, limitandosi a parcheggiare l’autobus davanti a Sirigu e a confidare in lui ogni qualvolta l’avversario riuscisse a sfondare. E di sfondamenti se ne sono avuti svariati, tutti sventati dal portiere sardo con interventi strepitosi, imitati anche dal collega Donnarumma quando i torinisti sono usciti per la prima, e unica, volta dal loro guscio facendo venire i brividi a tutto lo stadio. E i palloni non parati dal portiere ospite? Sono finiti tutti fuori. Nonostante le occasioni, però, è mancata l’unità: i reparti sono troppo sfilacciati e c’è l’impressione che ognuno giochi per sé. Infine, i fischi piovuti su Kalinic dopo il cambio e sulla squadra dopo il triplice fischio sono forse ingenerosi, ma è chiaro che non vincere e non segnare in casa da due mesi è grave.
Altro problema: quanto ci vuole alla crescita della squadra? Da mesi Montella chiedeva tempo nelle ormai stucchevoli interviste post-partita. Ma scegliere un modulo diverso ogni volta non è voler impedire alla squadra di crescere? Il tecnico campano, probabilmente, ha avuto in mano un giocattolo troppo complicato per le sue idee, forse ancora ferme a quando l’anno scorso doveva fare di necessità virtù.
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