Analisi tattica Milan-Chievo 3-2: i rossoneri si mostrano ancora una volta una squadra camaleontica e dura a morire, spronata dal proprio allenatore a non mollare mai ed adattarsi ad ogni situazione. Dopo la rimonta degli ospiti, Gattuso vara un audace 3-3-4 con più di mezzora ancora da giocare che poteva risultare un azzardo, ma che si è rivelata invece la mossa vincente.
Maran si presenta a San Siro modificando il proprio schema di gioco, in quanto il consueto 4-3-1-2 avrebbe lasciato troppa libertà al Milan sulle fasce in fase di impostazione e, in un particolare momento in cui i rossoneri sviluppano il proprio gioco proprio grazie all’asse “terzino-mezzala-ala“, il tecnico clivense ha preferito optare per un 4-4-2 per cercare un pressing alto che ostacolasse l’avvio di manovra dei rossoneri.
Inglese su Zapata, Stepinski su Bonucci, De Paoli e Giaccherini a fare da pendoli tra Borini-Kessie e Rodriguez-Bonaventura, cercando di mettere alle corde i rossoneri.
La partita, però, si incanala subito su binari favorevoli al Milan, che inizia forte e sfonda già al 10′ con Calhanoglu che conclude a rete un’azione nata sulla catena di destra.
Proprio la catena di destra è stato il motivo dominante del match, con le giocate di Suso che hanno sempre portato alla superiorità numerica sulla fascia, costringendo gli avversari al raddoppio di marcatura, con l’inevitabile conseguenza di lasciare sempre libero uno dei compagni che, a turno, si sono gettati nello spazio involandosi verso il fondo e creando scompiglio nella difesa avversaria.
L’unica pecca della manovra rossonera, però, è stata quella di “attaccare male” l’area di rigore del Chievo, non riempiendola in modo compatto e non riuscendo mai a portare uomini a tagliare sul primo palo, dove un attento Bani ha fatto da padrone per tutto il primo tempo.
Sembrava una partita incanalata verso un dominio rossonero, ma in 2 minuti il Chievo ha avuto la forza di ribaltare tutto trovando due reti nate grazie a giocate sulle fasce, che hanno messo in crisi il pacchetto arretrato rossonero, che senza Romagnoli e con Borini in difficoltà ha perso compattezza e solidità.
Nella ripresa il Milan scende in campo con il coltello tra i denti, il Chievo viene schiacciato e non riesce ad alzare il proprio baricentro, ritrovandosi per lunghi tratti cortissimo e raccolto in appena 30 metri, con tutti gli effettivi dietro la linea del pallone, cosa che ha reso impossibile ogni sorta di ripartenza e che ha agevolato l’intento dei rossoneri di schiacciare gli avversari a ridosso della propria aria di rigore, trovando preso il 2-2 (grazie alla convalida del VAR).
Al 60′ la svolta tattica: Gattuso ci crede, ha voglia di vincerla e non ha paura nel gettare nella mischia Andrè Silva per Borini, stravolgendo il proprio schieramento ed affidandosi a quella mossa che di solito gli allenatori attuano negli ultimi minuti in quelle partite in cui ci si deve giocare il tutto per tutto, ma Ringhio decide di giocarsela in questo modo, varando un 3-3-4 puro a più di mezzora dal termine.
Suso, Calhanoglu, Cutrone ed Andrè Silva. Tutti sulla stessa linea e guai a tornare indietro per aiutare in difesa. L’idea del tecnico rossonero è infatti quella di tenere tutti e quattro gli uomini offensivi altissimi per non dare modo al Chievo di ripartire sugli esterni e costringendo anche i centrocampisti a preoccuparti sempre più della fase di non possesso che di quella di impostazione.
La mossa è rischiosa, audace, quasi da incosciente, ma i risultati sono quelli sperati, in quanto i clivensi non riescono mai a ripartire, Suso delizia gli occhi del pubblico con giocate fantastiche che liberano al cross vari compagni o che conducono lui stesso sul fondo per gettare in mezzo palle pericolosissime che a turno vengono cestinate da Cutrone, Bonaventura e Calhanoglu, prima della rete da opportunista di Andrè Silva all’82’, che bissa la rete nel finale trovata sul campo del Genoa a firma pesantemente la rincorsa Champions dei rossoneri.
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