Special one, nel bene o nel male. L’eliminazione dalla Champions League non ha ridimensionato la vulcanicità di Josè Mourinho, che in 12 minuti di monologo ha affrontato la recente storia in Premier League e in Champions League del Manchester United da quando è andato via Alex Ferguson. Sulle orme di una reiterata “eredità calcistica”, ha affermato che l’ultima finale dei Red Devils risale al 2011 e che di lì in avanti, ci sono state solo delusioni. Il miglior piazzamento l’eliminazione ai quarti nel 2014, il secondo miglior piazzamento la sua “attuale” eliminazione con il Siviglia.
Poi Mourinho ha rincarato la dose sottolineando che l’ultimo trofeo europeo del Manchester United porta il suo nome (l’Europa League dell’anno scorso) e che la lotta contro i cugini del City è impari perché i citizens sono anni che “investono” sul mercato con Otamendi, De Bruyne, Silva, Aguero, Fernandinho, Sterling a differenza sua, che può contare su una rosa forte ma costruita solo in due anni. La programmazione e la costanza negli anni sono il segreto delle vittorie, secondo Mou, e questo spiegherebbe perché fra le 4 ai quarti di Champions ci siano sempre Barcellona, Juventus, Real Madrid e Bayern Monaco.
In chiusura, Mourinho ha risposto a chi paventava una sua fuga da Manchester in modo lapidario: “Non sparirò, non ho paura delle mie responsabilità. A 20 anni ero solo il figlio di qualcuno, ero un signor nessuno nel calcio. Ora ne ho 55 e ho fatto quello che ho fatto grazie al lavoro, al talento e alla mentalità. Capisco che per molti, molti anni è stata dura per quelle persone a cui non piaccio, da 10 mesi non vinco nulla, ho battuto il Liverpool e il Chelsea e ho perso col Siviglia e ora tocca a loro essere felici. Ma per quella che è la mia formazione religiosa, ho imparato che bisogna essere contenti della felicità altrui anche quando si tratta dei tuoi nemici”.
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