Analisi tattica Italia-Svezia: il ritorno di questi play off, validi per l’accesso al Mondiale di Russia 2018, ha evidenziato un’Italia più volitiva e determinata al raggiungimento dell’obiettivo minimo della qualificazione, purtroppo però incapace, allo stesso tempo, di mostrare una qualità di gioco adeguata alla competizione e di scardinare la difesa dei giganti svedesi. Sembra allo stesso tempo incredibile come l’Italia non abbia saputo segnare nessuna rete in 180′.
L’atmosfera che si vive a “San Siro” è diametralmente opposta rispetto a quella di venerdì, l’Italia ha sorprendentemente cambiato approccio in solo 72 ore e inizia ad aggredire gli avversari svedesi sin dalle prime battute dell’incontro. L’obiettivo della squadra di Giampiero Ventura è chiaro: pressing alto e verticalizzazioni immediate a cercare, o Gabbiadini che viene incontro, o Immobile in profondità.
Il copione riguardante la fisicità dell’incontro è simile alla gara di andata alla “Friends Arena”, infatti nei primi 10′ il fischietto spagnolo Lahoz, non può fare a meno di ammonire Chiellini per un intervento da dietro su Toivonen e Johansson per eccesso di foga agonistica, il quale dopo pochi minuti è stato costretto ad abbandonare il campo per una forte distorsione al ginocchio nel cerchio di centrocampo. In totale l’arbitro spagnolo ha tirato fuori nove cartellini gialli, una quantità decisamente più adeguata al livello fisico dell’incontro in netto contrasto con il metodo di Cakir che all’andata ne tirò fuori soltanto due; questo non per magnificare l’operato dell’arbitro spagnolo, in quanto mancano quattro rigori solari, due per parte.
In settimana sono trapelate molte voci riguardanti il probabile modulo adottato dal CT Ventura, alcuni parlavano addirittura di una formazione scelta dagli atleti ma non si è rivelato così. L’Italia si schiera con un 3-5-2 mascherato, poichè, sullo stile Milan, Darmian in fase difensiva diventava il quarto a sinistra e i tre difensori scalavano a destra di una posizione, facendo maturare così il 3-5-2 in un 4-4-2.
Le verticalizzazioni di Jorginho nei primi 45′ si sono rivelate molto più efficaci rispetto a quelle di venerdì di Marco Verratti, in quanto l’italo-brasiliano è più abituato a giocare in verticale nella sua squadra di club. I due nuovi innesti nell’asse verticale centrocampo-attacco, Jorginho-Gabbiadini, sembrano funzionare in quanto Gabbiadini ha la qualità per venire incontro al pallone e allargare il gioco, oppure prolungare per la profondità di Immobile.
Continua invece a funzionare ad intermittenza il gioco sulle fasce, poichè Candreva è molto evanescente, dribbling mal riusciti che non creano vantaggio per la squadra, cross continuamente murati e poca collaborazione con i compagni; dall’altra parte Darmian, coadiuvato da un Florenzi inspiegabilmente posizionato come interno di centrocampo a sinistra, fatica molto a spingere e ad accompagnare l’azione, sarà per il poco utilizzo al Manchester United, sarà per la preoccupazione del doppio ruolo – quinto a centrocampo di spinta in parallelo al quarto di difesa quando si ritorna nella metà campo azzurra – che il terzino azzurro non riesce mai veramente ad incidere sul match.
Nei primi 45′ l’Italia ha mostrato un approccio completamente diverso al match rispetto all’andata, creando più di qualche grattacapo alla difesa svedese cercando di infilarla in velocità e con scambi nello stretto per mettere in evidenza la lentezza dei centrali svedesi. Purtroppo però il destro di Candreva sopra la traversa, il rasoterra di Florenzi dopo una giocata da capogiro sulla fascia sinistra e il tiro di Immobile smorzato dal portiere Olson e spazzato via quasi sulla linea da Granqvist non sono bastati a passare in vantaggio.
Nel secondo tempo l’Italia prova a mantenere la calma e a giocare soltanto per i primi 15′, successivamente prende il sopravvento la paura di uscire dal Mondiale e soprattutto la fretta di segnare il gol che potesse portare la qualificazione agli azzurri; le tre sostituzioni di Ventura con l’ingresso in campo nell’ordine di Belotti e El Sharaawy, con Bernardeschi qualche minuto dopo, non hanno sortito gli effetti sperati tranne una bella conclusione al volo del faraone giallorosso.
Ed eccoci qui, all’epilogo, gli azzurri hanno messo davvero tutto quello che avevano per portare a casa questo Mondiale, hanno impiegato il 110% delle energie residue nei loro serbatoi, stoico anche Leonardo Bonucci, che è rimasto in campo per 90′, con un’evidente segno sul ginocchio dovuto ad un terrificante contrasto nei primi 45′; nessuno si aspettava, dopo 60 lunghi anni, un’Italia fuori dal mondiale e, in ogni caso, non si può andare alla ricerca di un singolo colpevole, ma bisogna analizzare la totalità del quadro Italia negli ultimi anni.
I problemi evidenziati dalla nazionale di Giampiero Ventura sono molteplici ma si possono sintetizzare brevemente; il sistema di gioco adottato è discutibile, il 4-2-4 non può essere applicato senza un lungo lavoro di preparazione e gli interpreti azzurri non sono adeguati ad applicarlo, tardiva dopo la disfatta spagnola, la sterzata verso il 3-5-2; i rimedi estemporanei, appunto, di pari passo con gli spazi intasati per gli attaccanti, non hanno permesso all’Italia di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, costringendola, inevitabilmente, ad un’estate in vacanza.
Dispiace a tutti questo epilogo, vedere Gianluigi Buffon, il miglior portiere degli ultimi 20 anni, abbandonare la Nazionale italiana in questo modo, con l’uscita dai play off contro una compagine sulla carta nettamente inferiore e vedere infrangere il sogno dello stesso Gigi di giocare il suo sesto mondiale, sarebbe stato l’unico di sempre; allo stesso modo però, è doveroso ringraziare Daniele De Rossi, Andrea Barzagli e forse Giorgio Chiellini, che abbandonano la nazionale dopo numerosi successi e dopo aver versato sudore e sangue per la maglia azzurra.
Adesso, la necessità è quella di ripartire da questo punto “zero”, inserendo nuova linfa e nuove risorse a questa squadra; permettendo l’inserimento dei nostri giovani promettenti in modo graduale e affiancandoli a coloro, che da giovani, passeranno ad essere i senatori di questa nazionale.
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