F1, Sebastian Vettel e Ferrari: fine di un sogno

L’addio alla Ferrari di Vettel è realtà. Un connubio partito tra grandi speranze e purtroppo finito abbastanza male

Non è stato facile (e non lo è ancora) riprendersi dalla ‘botta’ subita ieri mattina, 12 maggio 2020. In realtà, già dalle prime, rumorose indiscrezioni cominciate a circolare nella tarda serata di lunedì, si aveva avuto nettamente il sentore che qualcosa di grosso stesse per capitare. Un qualcosa, poi, avveratosi poche ore dopo, con l’annuncio della separazione consensuale, a fine stagione (sempre se ne riusciremo ad avere una, maledetto COVID-19…), tra Sebastian Vettel e la Ferrari.

C’è sempre un velo di tristezza quando certe storie finiscono, soprattutto se il finale non è tutto rose e fiori. Da suo estimatore, non posso non avere ancora negli occhi e nella mente, come la stragrande maggioranza dei ferraristi, suppongo, quella meravigliosa mattinata del 29 marzo 2015 quando, nella fornace di Sepang, Seb coglieva il secondo dei suoi sogni da fan sfegatato del Cavallino Rampante, ovvero vincere indossando la tuta rossa.

Sebastian Vettel, in piedi sulla sua SF90 #5, con volante in mano, festeggia la vittoria nel Gran Premio di Singapore 2019 (foto da: twitter.com/F1)

Il primo, il divenirne alfiere, era stato esaudito il 29 novembre dell’anno prima, quando scese per la prima volta in pista al volante di una Ferrari. Un amore viscerale, quello di Seb per la Rossa, evidente sin da subito e che lui aveva mascherato poco anche durante gli anni dei suoi quattro titoli mondiali in Red Bull, quando vestiva i panni del grande antagonista dell’allora idolo Ferrari, Fernando Alonso.

Il tutto sembrava apparecchiato: un pilota fortissimo e titolato, sebbene reduce da un 2014 molto complicato, ferrarista e con il desiderio di emulare, almeno in piccola parte, quanto fatto a Maranello dal suo idolo e mentore, Michael Schumacher. E quando in quella soleggiata giornata malese risentimmo la combo più struggente per un tifoso della Scuderia, inno tedesco+inno italiano, sembrò davvero di tornare indietro di un decennio.

Il resto, come si suol dire, è storia. In 5 stagioni e 101 Gran Premi Vettel ha ottenuto 14 vittorie, 12 pole position, 54 podi, 14 giri record e 1.367 punti complessivi. Un libro pieno di pagine stupende, con vittorie e manovre epiche, ed altre meno, al quale è mancato il capitolo più importante, ovvero quello del titolo mondiale. Non voglio entrare nella querelle di chi abbia avuto le maggiori colpe di questo mancato risultato, sebbene, al netto dei suoi errori, sia pacifico che nel confronto con una corazzata come il binomio Hamilton-Mercedes la Ferrari abbia messo in mano a Vettel una monoposto davvero competitiva solo a tratti.

Il vero turning point (in negativo) dell’avventura di Seb in Ferrari non può non essere individuato nel lungo alla Sachs di Hockenheim 2018. Da quel momento, con la successiva dipartita del Presidente Marchionne, avvenuta tre giorni dopo quella maledetta domenica, tutto è crollato come un castello di carte. La ‘faida’ interna tra Arrivabene e Binotto, i problemi di gestione nel team, culminati con il disastro di Monza, e gli errori in pista portarono in breve, come sappiamo, allo sfumare di un altro sogno iridato.

Sebastian Vettel e i meccanici Ferrari festeggiano la vittoria di Sepang nel 2015 (foto da: twitter.com)

L’arrivo dell’arrembante ed affamato Leclerc (e dello scomodissimo manager Nicholas Todt) hanno fatto precipitare la situazione. Vettel, con pochi margini di dubbio, si è dimostrato forse fin troppo ferrarista, avvertendo e caricandosi di una pressione ancor più gravosa del normale, con un ambiente (stampa e parte dei tifosi) che, generalmente, ormai non gli perdonava più nulla.

Lo scorso anno è stato un calvario, con poche gioie (Montreal, Hockenheim, Singapore ovviamente, la qualifica di Suzuka e la prima parte di gara a Sochi, senza dimenticare la festa in Piazza Duomo a Milano) ed errori, suoi e del team, oltre a svariate incomprensioni, culminate nel contatto con il compagno di box ad Interlagos. Il 2020 sarebbe stato l’anno della verità, ma la pandemia ci ha messo del suo per accelerare quello che, a mio parere, era ormai inevitabile.

Intendiamoci, fino ad un mesetto fa circa, il rinnovo del tedesco sembrava cosa fatta, vertendo la discussione bene o male solo sulla lunghezza del nuovo contratto. Negli ultimi giorni, invece, tutto è cambiato. Non sto qui ad elencare i vari ‘scoop’, ben poco veri e molto presunti, che stanno venendo fuori in queste ore; ma, dal tono del comunicato stampa della Ferrari e delle dichiarazioni ivi inserite, era palese che non c’era più possibilità d’incontro tra le volontà delle parti.

Ed ora? Cosa resta? Personalmente parlando, tanto amaro in bocca per quello che poteva essere e che, per cause varie, non è stato. Ma anche gratitudine, per le emozioni che un Campione come Sebastian ha regalato a noi ferraristi in questi anni. A parte tutto, mi ritengo fortunato nell’aver potuto ammirare e sostenere un pilota che ha sempre dato tutto per la causa, a volte sbagliando, ma mai tirandosi indietro. Un pilota genuinamente ferrarista, che mai ha nascosto la sua felicità nel difendere i colori del Cavallino Rampante.

Un uomo d’altri tempi, come ormai pochi se ne trovano nel mondo dello sport. E al quale non si può non augurare il meglio, sia che decida di continuare in un altro team (i pretendenti non mancano certo) sia che decida di appendere il casco al chiodo, per dedicarsi alle sue passioni e alla sua famiglia. Con la speranza che questo benedetto Mondiale 2020 possa prima o poi partire, per consentirgli di chiudere degnamente una storia che avrebbe meritato un finale diverso.

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