L’avventura di Daniil Kvyat in Toro Rosso, e forse in Formula 1, è finita oggi. A darne l’annuncio è stato il braccio destro di Dietrich Mateschitz, nonchè gran capo del progetto giovani Red Bull, Helmut Marko, che ha scaricato senza complimenti il pilota russo. Che potesse essere questo l’epilogo del tormentato rapporto del pilota di Ufa con l’universo Red Bull lo si era capito dalla notizia che in Messico sarebbero stati Hartley e il rientrante Gasly a salire a bordo delle due Toro Rosso.
“Kvyat non ritornerà ancora al volante della Toro Rosso, e non crediamo che possa tornare con noi” – dice Marko nel comunicato – “Gasly e Hartley finiranno la stagione corrente. Poi vedremo cosa accadrà nelle settimane successive“. Il pilota russo, al quale evidentemente non è bastato il buon 10° posto di Austin, ha provato a restar positivo in vista di un ormai nebuloso futuro: “Ho già vagliato alcune ipotesi per il futuro. Rimango sempre un pilota e voglio sempre correre. Ma ci sono alcune buone possibilità da qualche parte“, ha commentato Kvyat.
Come già accaduto in passato, però, spicca la mancanza di tatto di Marko. Come riporta Sergio Chinchero, infatti, la mossa della Red Bull era già premeditata da prima di Austin. In pratica, la scelta di Kvyat negli States era dettata solo dall’esigenza di tappare il buco lasciato da Pierre Gasly, richiamato dalla Honda (il fatto che il prossimo anno i nipponici equipaggeranno proprio la Toro Rosso non vi dice nulla?) in Giappone per la prova conclusiva della Super Formula, poi non più disputata causa tifone.
Per quanto riguarda Brendon Hartley, che inizialmente sembrava rivestire lui il ruolo di tappabuchi, data anche la partenza di Sainz in direzione Renault, in realtà correrà come detto da Marko fino a fine anno, giocandosi così l’opportunità di essere scelto per il 2018. Tornando a Kvyat, voci nel paddock indicano un modo a dir poco brutale di dare il benservito al russo, che era assolutamente all’oscuro che quella di Austin sarebbe stata la sua ultima gara, comunicandogli il tutto appena finita la gara, senza dargli la possibilità nemmeno di salutare gli uomini del team. Un comportamento che, sinceramente, si commenta da sé.
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