
L’ultima partita della carriera di Eugenie Bouchard si è conclusa come molti altri capitoli della sua storia: con una rimonta mancata e il rammarico per quello che sarebbe potuto essere. Sul cemento di Montreal, davanti al pubblico di casa, la canadese ha ceduto 6-2 3-6 6-4 contro Belinda Bencic dopo aver condotto 3-1 nel set decisivo. Un finale amaro per chi aveva fatto sognare il tennis mondiale nel memorabile 2014, quando raggiunse la finale di Wimbledon e il quinto posto del ranking WTA.
La cerimonia di commiato ha mostrato una Bouchard emozionata, che ha ringraziato famiglia, allenatori e pubblico in un mix di inglese e francese. Un gesto simbolico che racchiude perfettamente le contraddizioni di una carriera vissuta sempre in bilico tra aspettative enormi e risultati discontinui.
Il fenomeno che non è mai esploso definitivamente
Nel 2014 Eugenie sembrava destinata a dominare il tennis femminile per un decennio. Tre semifinali Slam in una stagione, il quinto posto mondiale e soprattutto quel volto fresco che la WTA aveva scelto come simbolo del futuro. La rivista SportsPro l’aveva incoronata “atleta più commercializzabile al mondo”, affiancandola a leggende come Chris Evert per promuovere il circuito.
Tuttavia, il destino del tennis raramente segue le previsioni del marketing. Gli infortuni del 2015 e soprattutto l’incidente negli spogliatoi degli US Open – che le causò una commozione cerebrale e una lunga battaglia legale vinta contro la USTA – rappresentarono il punto di svolta negativo della sua parabola. Da quel momento, solo sporadiche fiammate hanno illuminato una carriera che sembrava promettere molto di più.
Un rapporto difficile con Montreal e il Quebec
La relazione tra Bouchard e la sua città natale non è mai stata semplice. La preferenza per l’inglese rispetto al francese le è costata l’affetto di una provincia, il Quebec, che considera la lingua un elemento identitario fondamentale. In una società dove persino i Montreal Canadiens furono criticati per aver assunto un allenatore non francofono, Genie ha sempre pagato il prezzo di essere “diversa” dalle aspettative locali.
I trasferimenti in Florida e poi a Las Vegas, la vita mondana documentata dai paparazzi, i flirt sui social network: tutto contribuiva ad alimentare l’immagine di una tennista più interessata ai riflettori che agli allenamenti. Eppure, chi la conosceva professionalmente non ha mai messo in dubbio la sua dedizione al lavoro.
Un bilancio comunque positivo
Nonostante le polemiche e i risultati al di sotto delle aspettative iniziali, il palmares di Bouchard resta rispettabile: una finale di Wimbledon, la Billie Jean King Cup vinta nel 2023, la partecipazione olimpica del 2016 e guadagni milionari. Ha vissuto secondo le proprie regole, incarnando perfettamente lo spirito di una generazione di atleti che non accetta compromessi sulla propria identità.
Il suo ritiro chiude simbolicamente un’epoca del tennis femminile, quella delle “tenniste immagine” che avrebbero dovuto raccogliere l’eredità delle sorelle Williams ma che, come Osaka e Raducanu dopo di lei, non sono riuscite a sostenere il peso di aspettative forse troppo grandi.