Giulio Tedeschi, agente Fifa, ha commentato questo inizio di stagione in esclusiva ai microfoni di Stadiosport.it, analizzando singolarmente le situazioni di Juventus, Inter, Milan, Roma, Napoli e Italia
La Juventus ha già 4 punti di vantaggio sulle avversarie. Non ci sono speranze per le altre squadre di vincere il campionato?
«La Juventus è anni luce avanti rispetto alle altre, ma è anni luce per una questione di progettualità, perché i risultati di oggi sono il frutto di una attenta e oculata progettazione di anni. Quando la Juventus, all’inizio, con Marotta, iniziava a comprare giocatori che poi non sono andati bene, tipo Martinez, ha avuto la giusta dose di pazienza e i risultati sono arrivati, perché con la progettazione si è badato più ad avere un risultato su lungo termine, che nell’immediato, ed è quello che porta una società ad essere vincente. La Juventus è anni luce avanti come progetto, basti vedere i giocatori che ha ceduto, come Gabbiadini, che ora farà il titolare al posto di Milik a Napoli, lo stesso Zaza al West Ham, Berardi… ma non finisce mai questa lista! Allora, la Juventus ci sa fare, lavora bene, molto bene. Non vedo nessuna società che sia in grado di opporre una resistenza concreta, reale, fattiva ad una Juventus che, dalla società, perché è dalla società che si parte per essere forti, alla squadra, è avanti anni luce rispetto alle altre».
Dove possono arrivare i bianconeri in Champions League?
«Credo che in Champions è troppo una serie di circostanze, che devono capitare nello stesso momento, per vincere. Non è una squadra così nettamente superiore al resto d’Europa, non è così. E’ una squadra che può tranquillamente competere con le top in Europa, tra le prime otto c’è sicuramente. Ma, sinceramente, il problema endemico di quest’anno della squadra è un po’ il centrocampo, perché numericamente, almeno fino a quando non recupera Marchisio, ha dei giocatori che non sono pronti o non all’altezza, come Asamoah e Lemina, nonostante quest’ultimo stia crescendo tanto, ma non è pronto. E’ una Juventus che può soffrire ed avere un gioco statico, che può portare a risultati non sempre esaltanti in Europa, perché per il 90% in campi internazionali la squadra la fa il centrocampo, mentre l’attacco è molto relativo. Non ha il centrocampo che l’ha portata in finale due anni fa, ma con l’arrivo di Witsel si andrebbe a colmare numericamente e qualitativamente il reparto. Però, la Juventus non la vedo al pari delle altre big ai nastri di partenza. C’è un Real Madrid in crisi quest’anno, c’è un Bayern Monaco di Ancelotti che fa paura. Sulla carta se la può giocare ed arrivare tranquillamente alle semifinali, ma a vincere la competizione non ci scommetterei. Tra le prime quattro sì».
Il Napoli come può sostituire Milik?
«Non lo può sostituire, perché Gabbiadini è una seconda punta, come mi ha detto Pagliari (l’agente di Gabbiadini, ndr), con cui ho avuto il piacere di parlare. Lui è forte, gioca ovunque, ma il problema è che non rende come farebbe nel suo ruolo naturale, non ha le caratteristiche per sorreggere l’attacco, ha bisogno di una punta che gli possa fare da supporto. E, poi, Gabbiadini era la riserva di Higuain, quest’anno era la riserva di Milik, che ora è fuori sei mesi. Quindi, su carta, sentendo i nomi che stanno uscendo, come Osvaldo, che sta facendo il cantautore, Adebayor, che ho portato al Crystal Palace come intermediario l’anno scorso di questi tempi, che non è in condizioni fisiche per giocare, l’unica opportunità tra i parametro zero potrebbe essere Klose, essendo il più professionista di tutti, con la P maiuscola, umile, un usato sicuro, una garanzia, un tappabuchi. Non pensiamo, però, che se arriva Klose è la manna che risolve tutto. Il Napoli, a prescindere, con l’infortunio di Milik ci ha perso. Klose permetterebbe di fare qualche mese e gestire Gabbiadini, un suo sostituto, qualora dovesse essere indisponibile qualche partita. Non credo nella possibilità di un falso nueve, perché Sarri ha dei limiti tattici importanti. Non ci dimentichiamo che passò al 4-3-3 dopo aver preso bordate con la sua idea iniziale del 4-3-1-2, sul quale modulo aveva lavorato tutta l’estate durante la preparazione. Non è nelle sue idee tattiche il falso nueve, perché andrebbe a rovinare equilibri già difficilmente raggiunti in passato».
La Roma è la vera candidata per il ruolo di anti Juve?
«La Roma è sempre la bella incompiuta. Mi piace molto Pallotta come personaggio, una persona carismatica, che ci sa fare. Ma per vincere ci vuole altro. E’ una bella squadra, Spalletti è un buon allenatore, ma non mi sembra l’uomo che possa portare questa squadra alla vittoria di un trofeo. Non la vedo una possibile anti-Juve. Quest’anno i meccanismi stanno funzionando, ma poi ci sono dei giri a vuoto allucinanti. E’ una squadra troppo poco costante. Sabatini è un grandissimo personaggio e ha detto la realtà delle cose. A Roma, purtroppo, si vogliono dei risultati, ma poi si è fermi a livello di investimenti importanti. Quest’anno sul mercato sono arrivati Juan Jesus, Vermaelen, Fazio, lo sfortunato Mario Rui… era molto meglio riscattare Digne! Francamente, Juan Jesus non l’ho capito. Penso che l’Inter abbia trovato una manna dal cielo con la sua cessione per circa 10 milioni di euro. Ora, magari, ci sorprenderà, ma sono state scelte sbagliate, giocatori solo buoni, che non hanno permesso di fare il salto di qualità. La Juventus, invece, il salto di qualità l’ha fatto prendendo Vidal dal Bayer Leverkusen per 11-13 milioni, Pirlo a costo zero. Quindi, per fare il salto di qualità non bisogna per forza spendere tanti soldi, ma spenderli bene. La Roma non ha fatto scelte eccelse, almeno non per alcuni. La squadra è buona, rende, gioca bene, fa divertire, ma a volte va a perdere partite, tipo contro il Torino, che non si possono perdere, e in quel modo, se bisogna lottare per lo Scudetto».
Perché l’Inter non ha ancora trovato la giusta continuità di prestazioni e risultati?
«Credo che questo sia ascrivibile alla mancanza di tempo per De Boer. La società ha sbagliato nel prendere De Boer troppo tardi. E’ un errore innegabile e chi, in società, dice il contrario sta millantando, perché ha fatto fare la preparazione a Mancini, con i suoi tempi e le sue metodologie, per poi sostituirlo ad una settimana dall’inizio del campionato con un allenatore che non sa nulla di questo campionato. De Boer, per quella che è la condizione con la quale è arrivato, credo si sia dimostrato un ottimo tecnico, perché ha mostrato una grande resistenza alla pressione per allenare uno dei venti club più storici e vincenti al mondo. Manca la continuità dei risultati, perché il turnover scientifico alla Benitez, cioè cambiare anche otto giocatori, come appunto ha fatto contro l’Hapoel Beer Sheva, è una bellissima idea, ma, purtroppo, come si è visto, in Italia è inattuabile, visto che qui le seconde linee non centrano nulla con le prime linee. L’Inter, come secondo linee, ha Biabiany, Jovetic, Palacio, che non centrano nulla con Perisic, Icardi e Candreva, così come Melo, Gnoukouri e Kondogbia non centrano nulla con Joao Mario, Medel e Banega. Allora, non puoi mettere due undici differenti, perché questi secondi non sono la vera Inter, ma sono una Inter da Serie B, o quasi. Poi, è chiaro che, inseriti in un contesto con più titolari che riserve, possono rendere bene. De Boer pare che l’abbia capito, visto che ha annunciato di mettere da parte questo turnover nevrotico, se possiamo definirlo così, decidendo per un turnover più ragionato. Questo accade perché l’Inter, come società, ha commesso l’errore grossolano di prendere De Boer ad una sola settimana dall’inizio della stagione, quando la preparazione estiva è una cosa fondamentale, perché in un mese e mezzo è possibile fare dei tentativi per conoscere la squadra, capire chi vale e chi no. Questo, De Boer, l’ha fatto nelle prime quattro giornate di campionato, partendo con l’handicap. Se vuoi arrivare tra le prime tre non puoi permetterti di prendere un allenatore a metà agosto, perché hai fatto perdere punti proprio perché sei partito troppo tardi. Se, poi, alla fine della fera, come dicono a Milano, arrivi a sette-otto punti dal terzo posto, che, guarda caso, sono proprio quei punti che l’Inter ha perso ad inizio stagione, ciò sarebbe accaduto proprio perché De Boer non conosceva la rosa e non aveva avuto il tempo per valutare tutto. Questo sarebbe successo pure se fosse andato ad allenare il Real Madrid, perché ci vuole tempo per conoscere bene la rosa e capire come schierare la squadra in campo. A questo servono le amichevoli stagionali, non disputate da De Boer. Ora, pare, si sia trovato almeno una base dalla quale partire, dopo l’esperimento contro il Chievo del 3-5-2, quando i nerazzurri erano allo sbando».
Che ne pensi dei casi Brozovic e Kondogbia?
«Sono d’accordo con De Boer sui casi Brozovic e Kondogbia. Il croato ha fatto troppo la prima donna da quando sono cominciate ad uscire voci di mercato su Arsenal e Chelsea, in mezzo al campo è apparso svogliato, non andava più in campo con la voglia di mangiarsi l’erba, come invece mostrava prima. Un giocatore buono, che non eccelleva in nulla, ma completo come caratteristiche. Tutto è sparito in Brozovic e De Boer gli ha fatto capire che non avrebbe giocato titolare, se continuava a pensare ancora ad Arsenal e Chelsea, perché solo dimostrando il suo talento e confermandosi all’Inter sarebbe stato possibile continuare a piacere a queste squadre. E’ chiaro che queste persone vanno raddrizzate e redarguite. Su Kondogbia è un discorso diverso, perché si impegna, ma non mi sembra adatto al calcio italiano, perché è un calcio con ritmi medio-alti. E’ chiaro che un giocatore che è arrivato dalla Francia, dove si gioca a ritmi molto più compassati, con più tempo di pensare e sei fisicamente prorompente, ha incontrato problemi di posizione, tattici, di velocità, come il gol causato contro il Bologna, uscendo dopo 28’. Quindi, ci sono tante carenze, impossibili da recuperare. Francamente, Kondogbia lo venderei, mentre Brozovic lo recupererei. Purtroppo, Kondogbia non è il giocatore che tutti vedevamo dai video su internet, dove mostravano solo le cose belle e non le cose brutte. Non vorrei che per quei 31 milioni di euro spesi per lui, con tanto di esultanza durante la presentazione, non sia in realtà il Monaco ad esultare. Il calcio francese è una cosa… dopo aver dominato in Francia, Ibrahimovic ha voluto per forza andare in Premier per dimostrare di esserlo anche nel campionato migliore in assoluto, come sta appunto confermando. Altri giocatori, invece, come Lavezzi, che è andato in Cina, Cavani si è svalutato, Pastore e Lucas Moura non si sentono più, lo stesso Thiago Silva, hanno perso il loro talento, perché il campionato francese non è allenante».
Qual è il ruolo del Milan in questo campionato?
«E’ una domanda da 100 milioni di euro. Per me il Milan è nelle condizioni di giocarsi un posto in Europa. Ovviamente, parliamo di Europa League. Onestamente, questo Milan non dispiace, perché non ha valori importante, Montella sta facendo quello che può con questa squadra. Vedo il centrocampo del Milan costituito da giocatori non all’altezza della storia del Milan. Il Milan in Europa è secondo solo al Real Madrid, per cui è un club che ha fasti e ha l’obbligo nei confronti dei propri tifosi e della propria storia di competere sempre per i primi tre posti e giocarsela sempre anche in Europa. Paradossalmente, questo Milan pare sia Montella dipendente. Dalle sue intuizioni passeranno quasi tutti i punti del Milan quest’anno, per questo avrà più pressione rispetto agli altri suoi colleghi allenatori. Con il closing potrebbe esserci una svolta decisiva sul mercato, perché 80-100 milioni di euro da spendere a gennaio sono impensabili per il mercato italiano e si possono prendere tre, anche quattro, giocatori di grande livello, se li scegli con astuzia ed oculatezza. Ma bisogna scegliere bene gli obiettivi, perché la base c’è, partendo dai giovani, come Donnarumma, che può essere il portiere dell’Italia per i prossimi venti anni, ma mancano giocatori che possano permettere il salto di qualità a questa squadra. Sono troppo pochi quattro, cinque, anche sei elementi, che praticano nel deserto al momento. Se la nuova società investe questi soldi, credo che il Milan possa diventare una bella realtà. Se questi cinesi hanno la voglia di investire come la Suning, allora il Milan può arrivare in due-tre anni a competere di nuovo per il titolo. Questo obbligherà ad altre squadre, che ora hanno vita facile, come Roma e Napoli, ad investire parecchio e, se non lo faranno, andranno giù, facendo tornare i livelli storici, che hanno caratterizzato la Serie A con il dominio di Juventus, Inter e Milan».
Come sostituire l’infortunato Montolivo?
«Sicuramente, Mati Fernandez l’ha voluto Montella e bisogna provarlo. Locatelli mi sembra un bel giovane, ma non gli darei troppa responsabilità, nonostante il grande gol contro il Sassuolo. Facciamolo giocare con calma, diamogli l’opportunità di crescere, sapendo che non è fondamentale nel Milan, che senza di lui il Milan stecca… no, deve giocare con la giusta calma e la giusta attenzione, perché se cresce con calma può diventare un giocatore importantissimo, anche per la nazionale italiana. Potrebbe essere anche intelligente il cambio di modulo, ma credo che il 4-3-3 sia quello di base. Molto sta nell’intelligenza dell’allenatore e Montella è intelligente».
Cosa pensi della trattativa tra Fininvest e Sino Europe?
«Il fatto che ci sia tutto questo mistero mi fa presagire che possiamo essere di fronte a qualche cosa di strano, quantomeno per il giro di soldi che devono entrare. Questi sono investitori che non hanno un volto, proprio perché sono dei prestanome. Quindi, bisogna capire bene con chi si ha a che fare. Purtroppo, la legge italiana prevede questa privacy, senza giustificare la provenienza originale di questi soldi, e bisogna solo aspettare. Questo fa si che operazioni poco chiare ci possano essere. La differenza di Thohir è nel suo pregio di aver preso una parola con Moratti, avendo voluto dare la squadra a delle persone con grande onorabilità, visto che si parla di un imprenditore che è nel parlamento cinese. Queste sono scelte legate alla vecchia presidenza. Il Milan è legato a Berlusconi, un grande presidente dal punto di vista calcistico, ma che negli ultimi anni ha abbandonato un po’ tutto. La sua decadenza ha portato alla decadenza del Milan. Quando smetti di crederci ed investire su un progetto, lo stesso è destinato a decadere. Non vedo un colpo da Milan, tipo Nesta, Seedorf, Shevchenko, da anni ormai. Il tridente Niang, Bacca e Suso è un buon attacco, ma se penso a quello di qualche anno fa del Milan non c’è paragone. La nuova presidenza punterà probabilmente tantissimo sull’immagine, quindi potrebbero arrivare top player, che darebbero più lustro a tutto il campionato italiano. Solo così possiamo tornare ad essere una meta e non più un punto di passaggio per il calcio internazionale. Per il momento, appare più un’operazione finanziaria, che porterà ad un ringiovanimento della dirigenza e ad un mercato importante. Mi auguro che si chiuda a novembre».
Qualche parola sull’Italia?
«Ci sono delle carenze in questa Italia, che ha giocato male le partite contro Spagna e Macedonia proprio come atteggiamento in campo. L’importante in questo momento è prendere i tre punti e tenere il passo degli spagnoli, cercando di superarli. Guardando la classifica, la differenza reti vede la Spagna con più 10, noi più 3. Il nuovo regolamento prevede soltanto tredici nazionali europee… è una formula che penalizza molto le squadre storiche. Per esempio, l’Italia rischia di arrivare seconda dietro la Spagna e non superare gli spareggi. Non mi convince la rivoluzione di Infantino, perché è stato un filo Blatter e un filo Platini, continuerà con l’austerity. Il Fair Play Finanziario è assurdo, perché le società sportive, a differenza delle società normali, se non vanno a pareggio di bilancio non falliscono. Se una società vuole perderci, magari perché ha proprietari molto facoltosi, perché non può farlo, quando in realtà è una società privata, con regole ben precise e con soldi propri, che non vanno a toccare le tasche dei contribuenti? Quindi, perché non possono spendere più degli altri? Se sono soldi privati è giusto che i privati possano spenderli come meglio credano. La vedo una regola di gioco che cozza con il gioco stesso, perché il Fair Play Finanziario è facilmente raggirabile con sponsorizzazioni, cambi di proprietà, prestiti biennali, pagamenti rateizzati. Quindi, Infantino ha fallito nell’intento, ma deve fare un passo indietro. E’ uno sport per ricchi, il calcio a certi livelli. Nel caso, basta andare in Serie B, dove ci sono anche proprietari meno facoltosi, che possono competere seguendo queste regole. L’unica cosa che poteva avere un senso è il Salary Cup. Tornando all’Italia, l’ho vista distratta, svagata, ma ho visto grande carattere e personalità nelle due reazioni. A me Ventura non piace, perché ha un modo di giocare troppo all’antica, che va bene per un club storico, come il Torino, all’antica. Dopo Conte ci voleva un allenatore con lo stesso carisma, che cambiasse, che avesse coraggio, mentre Ventura è una sorta di Conte depotenziato».
Benito Letizia © Stadio Sport
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