Esclusiva – Gianni De Magistris: “Vi racconto tutti i segreti dei miei successi”

In occasione del suo 70° compleanno (compie gli anni il 3 Dicembre), Stadiosport.it ha intervistato in esclusiva Gianni De Magistris, leggenda della pallanuoto e del nuoto. Prima come pallanuotista e poi come allenatore di successo.

In questa intervista ripercorriamo la carriera e i trionfi di uno dei migliori atleti italiani di sempre, un uomo che con le sue gesta ha incantato tantissime generazioni.

Come ti sei avvicinato alla pallanuoto?

“Parto da una parola, Arno. Mi riferisco al fiume Arno. Io avevo iniziato a fare i corsi di nuoto dei centri CONI in una piscina che non esiste più. Avevo 5/6 anni. Dopo un anno mio padre tornò alla Florentia (che poi dopo è stata parte integrante della mia vita) dove lui era stato socio anni prima e io conobbi l’Arno e vidi i grandi campioni che c’erano a Firenze e mi avvicinai alla pallanuoto, anzi per 4/5 anni ho fatto contemporaneamente pallanuoto e nuoto. Sono stato fortunato che la mia famiglia mi abbia portato in questa società”.

Hai fatto pallanuoto e nuoto contemporaneamente, quali sono i punti simili e diversi degli allenamenti?

“Io ho cominciato a nuotare, a 7/8 ero il più bravo dei centri CONI, un enfant prodige, vincevo tutte le gare, poi dai 9 a 12 anni ho avuto un tracollo terrificante e alle gare arrivavo sempre ultimo per 2/3 anni. Sono andato vicinissimo anche a smettere. Poi c’è una cosa, secondo me per diventare grandi campioni di pallanuoto essere stati dei grandi campioni di nuoto non guasta. L’errore che fanno molti genitori è quello di far fare ai bambini/ragazzini nuoto con i cronometri in mano dove magari arrivano 5/6/7/8 alle gare regionali. Quando dai 14 ai 17 anni si rendono conto che con il nuoto non vanno avanti si buttano alla pallanuoto e a quel punto è troppo tardi . L’allenamento di pallanuoto prevede un’importante preparazione di nuoto (tra l’altro io facevo le gare di fondo, 7/8 chilometri ai tempi), poi ovviamente c’è la preparazione delle gambe e la parte riguardante la tecnica. Per molti sembra uno sport faticosissimo, nell’immaginario collettivo reso più difficile dalla presenza dell’acqua, ma per chi è preparato non è così”.

Nei tuoi 18 anni alla Florentia, quali sono state le stagioni che ricordi con piacere? Forse quelle dei trofei?

“Ma non solo, per esempio nel 71/72 l’allenatore che era venuto a Firenze, quello a cui tengo molto ed è stato un grandissimo del nuoto italiano Enzo Zabberoni, mi prese e mi cambiò stile e modo di nuotare e mi ha fatto debuttare in Serie A e fu una cosa importante per me all’epoca che avevo 21 anni. Poi ovviamente ci sono i trofei, uno nel 1976 e fu storico perché all’epoca la Florentina non vinceva lo scudetto dal post Guerra (28 anni prima), siamo andati tra l’altro di pari passo con il Torino Calcio che vinse lo scudetto quell’anno. Poi ci siamo ripetuti nel 1980, sempre in mezzo a tante difficoltà perché la società non ha mai navigato nell’oro, senza nemmeno acquisti da fuor a differenza di altri che potevano permettersi di comprare. Fu una grande soddisfazione perché in quegli anni eravamo tutti di Firenze, tutti provenienti dal vivaio”.

Credi che gli italiani vadano indirizzati a questo sport?

“Io inoltre credo una cosa, la pallanuoto agli italiani piace, c’è l’immaginario collettivo di quello che succede in acqua, tutta la parte spettacolare, ovviamente le piscine devono essere ben attrezzate. Io ricordo partite con 7/8 mila persone e i giornali davano molto spazio sulle loro pagine. Io ricordo con piacere che il Sabato quando giocavamo uscivo a comprare i giornali e non c’era un fiorentino che non sapesse che cosa aveva fatto la squadra, ora purtroppo non succede più”. Il popolo italiano va indirizzato, altrimenti non si spiega come la Rai con le Olimpiadi e i Mondiali faccia ascolti elevati, io per 8/9 anni ho fatto il commentatore Rai e ho commentato la vittoria del Setterosa nel 2004. Ricordo che la partita fece nonostante l’orario quasi il 60% di Share con 7 milioni di spettatori, anche alle 18.30 gli italiani entravano in casa a vedere la finale. Inoltre aggiungo, non c’è una grande cultura sportiva in Italia, faccio un esempio, a Firenze quando la squadra di basket vinceva aveva tutto il palasport pieno in A2, quando non l’anno dopo andò in A1 invece di andare ad ammirare i vari campioni che giocavano, si vedeva solo che la squadra non vinceva e il palazzetto si svuotò. Per me è un’offesa sentir parlare di sport minori da parte di alcuni organi, lo sport è sport e i tifosi sono un elemento importante”.

Durante la tua carriera hai collezionato molti record, a quale sei più affezionato? Per esempio alla classifica marcatori vinta per 16 anni di fila?

“Per me sono 17, perché l’anno che andai a giocare nelle Fiamme D’oro per oneri di leva militare, feci il record di gol (122), saltando due partite perché ero impegnato in Nazionale. Nonostante tutto ho vinto pure in A2. Io per anni sono stato l’azzurro con più presenze in Nazionale tra i vari sport, poi chiaramente lo sport è cambiato e si giocano 50 partite l’anno, è un continuo giocare contando le amichevoli. I record sono fatti per essere battuti, però questo del capocannoniere lo trovo difficile, però è tutto possibile, anzi, mi auguro che qualcuno lo faccia, però me lo sento mio e credo sia difficile da battere”.

Che rapporto hai avuto con la Nazionale ?

“Il carattere è sempre quel del ragazzino, la Nazionale è sempre la Nazionale. L’ho vissuta dal vivo e ho vinto la medaglia. E’ un’emozione inenarrabile. Il rapporto con la Nazionale è però passato dal mio carattere. Io arrivo in Nazionale venendo dai campionati italiani di nuoto. Arrivo praticamente tardi alle 7 a causa di un errore della Federazione. C’è molta confusione e la mattina l’allenatore si sveglia e mi butta fuori, mi manda a casa e aggiungo senza nessuna colpa. Da lì a tre mesi mi richiamano per andare a fare un torneo a Trieste in Nazionale A e B. Dal telefono fisso mi chiama il dirigente della Nazionale e io gli dico che vado solo se gioco in Nazionale A. Diedi quella risposta perché non avevo smaltito l’arrabbiatura di mesi prima. La cosa andò avanti con altre telefonate e alla fine fui convocato con la certezza di essere in Nazionale A. Andai a Trieste e successe il patatrac. All’epoca tagliavano i capelli alle matricole e io dissi a uno degli anziani che se me li tagliavano io andavo a casa. Esordi in Nazionale nel 1967 proprio a Trieste. Poi ci fu l’anno delle Olimpiadi nel 68 e lì è legato uno dei miei ricordi più belli, sentire l’allenatore dare la formazione e sentire il mio cognome e ancora oggi a raccontarlo mi vengono i brividi. Lì avevo 17 anni e mezzo e per tutti ero un bambino, e molti avevano dei dubbi ed erano scettici. Anche perché era rimasta fuori gente che aveva già più di 100 presenze in Nazionale e tra l’altro giocatori forti che avevano sui 30 anni. Me la sono anche conquistata con una grande prova in allenamento in cui segnai a ripetizione in ogni modo e tutti applaudivano e sembrava di essere al Maracanà. Alla fine di quell’Olimpiade entrai nei settebello base dell’Olimpiadi. Da lì tutto in discesa fino al 1981 quando venni via perché l’allenatore voleva cambiare. Tornai nel 1984 a furor di popolo e sinceramente avrei potuto fare pure quella del 1988 però l’allenatore era cambiato e aveva fatto un ricambio generazionale, inoltre io avevo già smesso prima, però non ho nessun rimpianto”.

Montréal 1976, Argento

Montréal 1976 è un rammarico perché secondo me meritavamo di vincere, anche se si tratta di una medaglia importante, io sono uno di quelli che non dice che abbiamo perso l’Oro, ma abbiamo vinto l’Argento. Avevamo giocato meglio dell’Ungheria, ma perdemmo 6-5. Ricordo che fui espulso per tre falli e lasciai la squadra in vantaggio per 4-3, però un’ingiustizia, presi due falli in coppia perché gli ungheresi avevano fatto questa tattica di avvinghiarsi a me. Dopo due anni facemmo la finale con Ungheria e Serbia e caso strano l’arbitro era lo stesso di 2 anni prima, ma riuscimmo a vincere l’Oro Mondiale“.

Dopo anni sei diventato allenatore, che differenza c’è tra essere un pallanuotista e un allenatore?

“Io ho fatto l’allenatore- giocatore per tanti anni, quindi per certi versi mi ero temprato a farlo, è chiaro che è diverso, poi ho avuto una bellissima esperienza, la vittoria della Coppa dei Campioni con la Fiorentina Femminile“.

Tra l’altro tra le varie giocatrici c’era pure tua figlia, ti sentivi strano ad allenare tua figlia?

“Mi sentivo stranissimo, mia figlia non era la migliore ma sapevo il contributo che poteva darmi. Ho avuto delle discussioni con mia moglie per questa cosa. Lei si arrabbiava perché la facevo giocare poco. Mi sono divertito ad allenare la Fiorentina Femminile, l’impatto con l’ambiente è stato straordinario. Ricordo che ero stato nominato allenatore della squadra e lasciai il ruolo di allenatore dei maschi. Tra l’altro la squadra femminile era composta da atlete che avevo voluto io, perché ero stato Direttore Sportivo e quindi le conoscevo tutte. Esperienza straordinaria con una squadra fortissima, potevamo vincere altre 3/4 Coppe dei Campioni”.

Quel 2006/07 tra l’altro vincete Scudetto, Coppa dei Campioni e Supercoppa Europea…

“Abbiamo fatto il Triplete come Mourinho, tra l’altro la Supercoppa è a casa mia. E’ stato un anno straordinario, c’era una squadra veramente forte come l’Orizzonte che non perdeva da più di 100 partite. Potevamo vincere altri scudetti pure, poi però ci siamo sciolti, è stato un peccato, tante promesse fatte, ma nessuna mantenuta e non smetto mai di rimarcarla questa cosa. E’ ancora oggi un rammarico”.

Tra i tanti successi ci sono pure i Campionati Italiani di Nuoto…

“Io li ho vinti e ho fatto parte della Nazionale A di nuoto dove ho collezionato 7/8 presenze e ti dico una cosa, spesso nella vita si maledice un momento, ma a lungo andare ti rende. Io ero presente ai Campionati di Nuoto del 1967 a Firenze. Se a pallanuoto sono stato un trascinatore, nel nuoto mi emozionavo, e infatti arrivai 7°. Per un ragazzo di 17 anni quella fu una débâcle, invece da questa sconfitta, venne in me la voglia di buttarmi più decisamente sulla pallanuoto. Spesso da una sconfitta si possono trarre benefici”.

Quali consigli daresti ai giovani che vogliono praticare la pallanuoto?

“La pallanuoto è uno sport talmente bello che bisogna farlo per rendersene conto, so che è una cosa difficile, so che non appare, sembra più difficile di quello che è. sembra strano ma è un bellissimo sport. Si abbina tutto quello che dal punto di vista della preparazione il nuoto porta, come l’uniformità fisica, alla forza e al gruppo di una squadra. E’ uno sport veramente completo”.

Luca Meringolo © Stadio Sport

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