Diego Milito, l’uomo della storia

Ripensando, a distanza ormai di sette anni, all’Inter del Triplete la prima immagine che viene in mente al tifoso neroazzurro è l’esultanza di Milito nella magica notte di Madrid. La furia agonistica negli occhi di un attaccante che in quel momento probabilmente non si rendeva neanche conto della pagina di storia del calcio che stava scrivendo è forse la fotografia più bella di un’annata destinata a rimanere a lungo negli annali.

Difficile trovare nella storia del calcio un attaccante così determinante nei momenti topici della stagione come quel Diego Milito della stagione 2009/2010: l’Inter di Mourinho, certo, era una macchina da guerra perfetta, basata sulla spina dorsale argentina Samuel-Zanetti-Cambiasso-Milito, e che negli undici titolari annoverava gente come Julio Cesar, Maicon, Lucio, Chivu, Sneijder, Eto’o tutti in stato di grazia, tutti nel miglior momento della carriera. 

Ma a Siena, a Roma, a Madrid l’uomo decisivo è sempre stato Diego Milito. 

Paradossalmente l’uomo che ha regalato all’Inter la pagina più bella della propria storia ultracentenaria ha rischiato seriamente di non diventare calciatore: Milito è nato nella periferia di Buenos Aires il 12 giugno 1979, da una famiglia di Terranova di Sibari che era emigrata in Argentina negli anni Cinquanta. Nelle vene di Milito scorre dunque qualche goccia di sangue calabrese, l’Italia ce l’aveva nel sangue. Infatti da ragazzo Diego, prima dell’esplosione col Racing de Avellaneda, aveva il sogno di fare il commercialista e si era anche iscritto all’università, facoltà di economia e commercio.

Nella famiglia di Milito si è sempre giocato a calcio: il fratello, Gabriel, è stato un ottimo difensore, arrivando anche a giocare nel Barcellona (c’era anche lui nella storica semifinale tra Barcellona e Inter nel 2010) e nella nazionale argentina. Gabriel e Milito hanno anche condiviso lo spogliatoio per un po’ in Spagna, ai tempi del Real Saragozza: uno difendeva, l’altro attaccava. Erano loro le colonne di quella squadra: ma il predestinato era Diego.

 

Al di là dell’incredibile somiglianza fisica con Enzo Francescoli (da lì il soprannome Principe) che Milito avesse qualcosa di speciale si capì fin dal 2001, quando contribuì in maniera significativa con 9 reti alla vittoria del campionato argentino con la maglia del Racing de Avellaneda, club di grande tradizione ma che ha sempre un po’ pagato il confronto con Boca e River. 

Milito è un attaccante con gran fiuto del gol, ma a differenza del prototipo di attaccante rapace alla Filippo Inzaghi, possiede anche una tecnica fuori dal comune: in effetti potrebbe tranquillamente giocare anche sulla trequarti. Velocità di pensiero e di esecuzione, potenza fisica, furbizia, capacità di leggere le situazioni. Milito possedeva tutte le caratteristiche del grande attaccante.

Caratteristiche notate nel 2004 dal Genoa, in quel momento in Serie B, che vede in Milito l’attaccante giusto per tornare a sognare in grande: in due anni Milito realizza nel nostro campionato cadetto 33 reti che tuttavia non bastano a riportare il Genoa nella massima serie perché i rossoblù vengono retrocessi in C1 dalla giustizia sportiva.

Sfuma dunque per Milito quella che sembra l’opportunità della vita: dimostrare il suo valore in Serie A che all’epoca poteva ancora fregiarsi del titolo di miglior campionato del mondo. Come però talvolta accade ai più fortunati, si chiude una porta ma si apre un portone: Milito riceve una buona offerta dalla Liga, da quel Real Saragozza in cui milita anche il fratello Gabi. Milito non ci pensa due volte e vola in Spagna.

Saranno tre anni fantastici per Milito: nella prima stagione 15 gol in Liga e una storica finale di Coppa del Re persa con l’Espanyol, ma dopo l’immensa soddisfazione di aver fatto fuori il Real Madrid e il Barcellona ai quarti e in semifinale. 

Milito si impone all’attenzione dei media di tutto il mondo soprattutto nella partita di andata tra il Saragozza e il Real: clamoroso crollo dei Galacticos, annichiliti 6-1 con quattro gol del Principe. Davanti ad un incredulo Ronaldo, va in onda lo show di Milito.

La stagione successiva è quella delle conferme: per Milito saranno 23 i gol in Liga che gli permetteranno di giungere al secondo posto della classifica cannonieri, dietro al solo Van Nistelrooy, e davanti a Villa, Forlan, Ronaldinho, Torres e altri.

Milito ormai è una stella assoluta in Spagna e dopo un’altra buona stagione a Saragozza da 17 reti complessive, arriva una proposta dal Genoa, nel frattempo risalito in Serie A.

Siamo nel 2008-09, Milito ha quasi trent’anni: sa che sta per giocarsi una delle chance più importanti della carriera. Accetta e la storia gli darà ragione.

Per il Principe è una stagione fantastica, da quasi trenta gol complessivi: 24 in campionato più 2 in Coppa Italia. Il Genoa è ai suoi piedi, Milito ha un impatto devastante nei due derby con la Samp: 1-0 all’andata con gol dell’argentino che al ritorno si scatena con una tripletta che manda in visibilio il popolo rossoblù. Milito si piazza secondo in classifica marcatori dietro Ibrahimovic e al suo primo anno di A manda il Genoa in Europa League.E’ una scommessa assolutamente vinta quella del suo ritorno in Italia.

A trent’anni arriva la chance della carriera: Milito viene chiamato dall’Inter Campione d’Italia di José Mourinho per rimpiazzare l’apparentemente insostituibile Zlatan Ibrahimovic, volato a Barcellona per inseguire il sogno Champions

Qualche tifoso dell’Inter storce il naso: sostituire l’attaccante in quel momento più forte del mondo con un trentenne bomber di provincia? Garantisce il carisma di José Mourinho che con i soldi della cessione di Zlatan rifonda la squadra. Arrivano anche Thiago Motta, Sneijder, Eto’o, Lucio.

All’inizio della stagione 2009-2010 c’è una perplessità palpabile intorno all’Inter e intorno a Milito. La prima importante risposta arriva nel derby contro il Milan: è uno show dei neroazzurri, 4-0 spettacolare. Per Milito primo gol in maglia neroazzurra e due assist.

La cavalcata trionfale degli uomini di José Mourinho inizia quel giorno: Milito-Eto’o con alle spalle Sneijder si trovano a meraviglia. A fine campionato saranno 22 le reti di Milito, tra cui quella all’ultima giornata a Siena, decisiva per lo Scudetto che si era tremendamente complicato con la Roma che incalzava i neroazzurri dopo una gran rincorsa.

Intanto Milito aveva regalato all’Inter anche la Coppa Italia, contro la Roma, con un altro gol decisivo e bellissimo, un mix di potenza, velocità e senso del gol. E’ un 5 maggio dolcissimo per i tifosi neroazzurri e che ribadisce una volta di più l’importanza di Milito nei momenti decisivi della stagione.

Il 22 maggio l’apoteosi: finale di Madrid contro il Bayern Monaco. I neroazzurri arrivano favoriti, ma nessuno se la sente di fare pronostici: non in una finale di Champions, non contro campioni del calibro di Robben e Ribery, non quando l’Inter non vince il massimo trofeo europeo per club da quarantacinque anni.

A qualcuno sarebbero tremate le gambe, non a Diego Milito che quel 22 maggio 2010 si carica la squadra sulle spalle e piazza una doppietta che stende il Bayern. Anche stavolta, due gol tutt’altro che banali, tutt’altro che semplici, in cui c’è tutto lo straordinario repertorio di Milito: tecnica, dribbling, freddezza sotto porta. Due gol da campione assoluto, due gol che consegnano l’Inter e Milito alla storia del calcio.

https://www.youtube.com/watch?v=zNv_W6lvEZc

La notte di Madrid è indimenticabile per Milito e per tutti gli interisti. E’ la chiusura ideale di un ciclo durato forse troppo poco, ma che ha regalato all’Inter il massimo. E’ il giusto premio alla carriera di campioni straordinari come Javier Zanetti, come Samuel, come Cambiasso, come lo stesso Milito che a quasi trentun’anni arriva sul tetto d’Europa dopo una vita lontana dai grandi palcoscenici del calcio internazionale.

L’addio di José Mourinho è un duro colpo per tutti, ma l’Inter la stagione successiva riesce comunque ad alzare altri tre trofei: Supercoppa Italiana, Coppa del Mondo per Club e Coppa Italia. Sei trofei in due stagioni che resteranno per sempre impresse nella memoria dei tifosi.

Per Milito non è una stagione straordinaria quanto la precedente: solo 8 reti complessive, di cui una nella finale di Coppa Italia contro il Palermo, tanto per ricordare a se stesso e agli altri che Milito non sbaglia mai gli appuntamenti importanti.

Nonostante altri tre titoli, la sensazione è comunque quella del tramonto di un impero: l’Inter non è più quella della stagione precedente, non c’è più il condottiero Mourinho, molti giocatori non riescono più a rendere come prima.

Nel 2011-2012 però Milito torna ai suoi livelli e mette a segno 24 reti in Serie A (tra cui una tripletta al Milan e un poker al Palermo) che non bastano all’Inter per tornare ai vertici, ma che gli consentono di raggiungere e superare le 200 reti in carriera. L’anno successivo Milito è il primo giocatore in grado di segnare una doppietta allo Juventus Stadium: sembra il preludio di una rinascita dell’Inter di Stramaccioni, con Milito che chiude l’anno solare 2012 con 28 reti in Serie A, migliore del nostro campionato.

Il 14 febbraio 2013 arriva l’infortunio che mette fine ai sogni di gloria: doppia lesione al legamento crociato, stagione finita e crollo dell’Inter. Milito è costretto ai box per molti mesi, ma torna nel settembre 2013 in grande stile: esordio con il Sassuolo e doppietta. Sono gli ultimi gol di Milito con la maglia neroazzurra, prima dell’addio a fine stagione.

Il Principe saluta e con lui Zanetti, Samuel e Cambiasso. La spina dorsale dell’Inter, l’Inter degli argentini, finisce quel giorno: Zanetti si ritira, Samuel va al Basilea, Cambiasso al Leicester e Milito torna in Argentina. Ovviamente, al Racing de Avellaneda.

A 35 anni, dopo una stagione in cui non sembra aver recuperato dal grave infortunio, Milito si rimette in gioco con la sua squadra del cuore. Il Principe torna a casa dopo dieci anni di assenza e con 22 gol in un anno e mezzo contribuisce a riportare ai vertici del campionato argentino il suo Racing, segnando anche qui il gol decisivo per la conquista del titolo. L’infinita carriera di un infinito campione non poteva avere epilogo più bello: a casa, tra la sua gente, dopo aver vinto tutto in Argentina e in Europa.

 

Nonostante una carriera da superstar Milito è l‘immagine dell’antidivo: schivo, riservato, umile, raramente concede interviste. In quel 2010 forse avrebbe meritato anche il Pallone d’Oro ma erano già gli anni in cui la diarchia Messi-Cristiano Ronaldo la faceva da padrone.

Eppure, in quella stagione 2009-2010, nessuno è stato decisivo quanto lui. Quell’anno nessuno avrebbe meritato il massimo riconoscimento individuale più di Diego Milito che, incredibilmente, non finì classificato nemmeno tra i primi 23. Sconcerto e indignazione da parte di molti esponenti illustri del mondo del calcio, tra cui Sir Alex Ferguson e Platini. Da parte di Milito mai una polemica, nemmeno in quell’occasione.

Signore dentro e fuori dal campo, ha lasciato una traccia indelebile nel cuore dei tifosi dell’Inter che non potranno mai dimenticare il contributo di quell’argentino arrivato in punta di piedi nell’estate 2010: il Principe, l’eroe della notte di Madrid, l’uomo della storia. Diego Milito.

 

 

 

 

 

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