Calcio e razzismo. Un binomio che non riesce a scindersi. A leggere i giornali di questi giorni, sembra che il calcio sia divorato da questo male atavico che rovina lo sport più bello del mondo. A farne una lettura superficiale potrebbe sembrare così, ma basta andare un po’ a fondo per capire che tutto questo buonismo di fondo cela equivoci irrisolti che i mass media e le forze dell’ordine fingono di non vedere.
Partiamo dai cori che vengono definiti razzisti. Gli ululati contro i calciatori di colore sono deprorevoli, vergognosi e sicuramente da condannare. Ma nessuno si è accorto che sono sempre cori che vengono fatti contro i giocatori di colore dell’altra squadra? Prendiamo Inter-Napoli. Fischi e cori vergognosi contro Koulibaly, applausi a scena aperta per i giocatori di colore dell’Inter come Asamoah e Joao Mario.
Anche perché ogni legge nasconde le sue insidie. Se la tifoseria dell’Inter fosse davvero razzista come dicono, fischierebbe anche Asamoah. Perché questo non avviene? Semplicemente perché non è razzismo. Si tratta esclusivamente di cori di pessimo gusto volti a intimorire e snervare l’avversario. Colpiamo questi comportamenti, penalizziamo questi tifosi beceri ma non parliamo di razzismo. C’è solo ipocrisia e ignoranza.
Mi viene in mente l’Inter del Triplete: in ogni stadio veniva cantato un coro contro Eto’o: “Eto’o, Eto’o, Eto’o, Eto’o, Eto’o, t’hanno visto, con le rose, con le rose sul metro“. Un coro intriso di razzismo ma che non ha impedito al camerunense e all’Inter di vincere tutto. Di conseguenza, le parole dell’avvocato Grassani (legale del Napoli) stamattina sembrano un po’ fuoriluogo. Grassani parla di partita falsata e di credibilità del campionato messa in discussione.
Come può essere falsata una partita che se non fosse stato per il salvataggio miracoloso di Asamoah sulla linea A POCHI MINUTI DALLA FINE sarebbe finita 1-0 per il Napoli? Come può essere minata la credibilità del campionato se nessuna partita è mai stata sospesa o interrotta per cori razzisti? Non nascondiamoci dietro un dito. Il Napoli ha perso perché nel secondo tempo ha giochicchiato e non ha affondato il colpo quando l’Inter sembrava aver mollato la presa.
L’espulsione di Koulibaly sul campo è sacrosanta (l’applauso è da secondo giallo) e una squadra di professionisti ha il dovere di mantenere la calma. Anche in caso di decisione inventata. C’è bisogno di regolamenti, non di buonismo. C’è bisogno di educazione, non di ipocrisia. Condanniamo i colpevoli, isoliamoli, impediamo che questa gentaglia vada allo stadio ma non fermiamo il calcio.
Codacons, esteti del calcio, professoroni: tutti uniti nel dire che la partita andava sospesa e interrotta. Va bene, ma le 65 mila persone che erano allo stadio? Se la partita viene interrotta per razzismo, cosa succede? Si gioca il giorno dopo? Si rimborsa il biglietto? Si infligge una sconfitta a tavolino? Sembrano domande futili ma invece sono fondamentali.
E il problema violenza nel calcio non lo risolveremo mai se non andremo a fondo del problema. Le curve non sono razziste, sono in mano a persone con precedenti penali che fanno il bello e il cattivo tempo. Persone che decidono quali cori fare, persone che gestiscono le trasferte e che sono “a capo” di una tifoseria honoris causa. Vogliamo cambiare il calcio? Non fermiamolo. Andiamo a prendere questi signori, indaghiamo sulle tifoserie organizzate, aumentiamo i controlli durante le partite a rischio.
Le partite con gli stadi pieni sono più belle. Vi immaginate un Inter-Napoli a porte chiuse?
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