Nessun acquirente salva il Parma: ripartirà dai Dilettanti
Ieri, lunedì 22 maggio 2015, alle ore 14.00 è ufficialmente finita l’era del Parma. Tramite un comunicato ufficiale, infatti, i curatori fallimentari che da parecchi mesi hanno cercato -invano- di vendere la società ducale hanno dovuto necessariamente dichiarare il fallimento del Parma Calcio.
Di seguito riportiamo il comunicato ufficiale.
“I curatori fallimentari del Parma FC S.p.A., dott. Angelo Anedda e dott. Alberto Guiotto, comunicano che alle ore 14.00 di oggi 22 giugno 2015 non è pervenuta alcuna offerta per l’acquisto dell’azienda sportiva. Nelle prossime ore i curatori si riuniranno con il Comitato dei Creditori e il Giudice Delegato dott. Pietro Rogato per le necessarie determinazioni in merito alla procedura fallimentare e all’esercizio provvisorio dell’impresa”.
Tutte le aste organizzate per provare a scovare acquirenti, infatti, sono risultate vuote e questa penuria di offerte è risultata fatale; qualche timido interessamento da parte di un paio di cordate, ma niente più. Alla fine anche quella capeggiata da Mike Di Piazza ha lasciato ancor prima di incominciare a causa del debito troppo alto da risanare.
Lo spettro dei Dilettanti, ossia la Serie D, ora per il Parma si è trasformato da uno spauracchio da evitare a nuda e cruda realtà.
Andiamo a ripercorrere la storia di questa gloriosa società dagli anni ’90 fino ai giorni nostri.
Parma, 1990-2003: l’esordio in Serie A e gli anni vincenti della dirigenza Pedraneschi-Tanzi
Nella stagione 1990-1991 il Parma viene ufficialmente promosso in Serie A, dopo una stagione fenomenale nella serie cadetta. In quella stessa estate avviene il cambio di proprietà: la nuova dirigenza è capeggiata dalla multinazionale di Collecchio, ossia la Parmalat di Callisto Tanzi. Alla presidenza del club viene chiamato Giorgio Pedraneschi.
Da neopromossa, la compagine ducale disputa una prima stagione nella massima serie italiano a dir poco sensazionale ed oltre le più rosee aspettative riuscendo a conquistare un sesto posto che gli consentirà di qualificarsi per la successiva Coppa UEFA.
Nelle stagioni successive avviene un vero e proprio miracolo sportivo, anche grazie ad acquisti mirati e vittoriosi come Asprilla e Zola: arriva la vittoria della Coppa Italia, una Supercoppa europea ed una Coppa delle Coppe.
I successi e le gioie per i tifosi continuano ad arrivare imperterriti, se pensiamo che soltanto tre anni prima i Ducali giungevano come neopromossi in Serie A, eppure l’annata 1995-1996 è vissuta sotto tono: questo fatto porta inevitabilmente alla chiusura del ciclo firmato Pedraneschi, il quale viene sostituito da Stefano Tanzi, figlio di Callisto.
Il cambio di proprietà fa bene al club, il quale pone sulla propria panchina Ancelotti, il quale conquista una storica qualificazione alla Champions League.
Il cambio di panchina, che porta Malesani, coincide con la vittoria della Coppa UEFA, simbolo di un ritrovato spirito che dovrebbe portare necessariamente vittorie e successi per una società ormai abituata a vincere, nonostante le due stagioni successive portino soltanto una Coppa Italia e tanti cambi di allenatori. Invece non è così.
Parma, 2004-2014: lo scandalo Parmalat e l’arrivo di Ghirardi
Come un fulmine a ciel sereno arriva il famossissimo, quanto triste e deludente, scandalo Parmalat nel quale, purtroppo, tocca anche il mondo del calcio.
Sono 28, infatti, gli indagati tra ex giocatori ed ex dirigenti del Parma (per la precisione 12 calciatori e 16 dirigenti del Parma AC) tutti sotto la gestione Stefano Tanzi, figlio di Callisto.
Si scopre che in quel periodo ai calciatori della squadra arrivavano, oltre ai normali stipendi, cospicui compensi extra, non compresi nei contratti per l’ingaggio: somme distratte che provenivano dai fondi della Parmalat, che nel 2003 è andato in bancarotta.
A quanto riferito, i pagamenti in nero non riguardavano solo i giocatori, ma venivano utilizzati anche negli acquisti e nelle cessioni di mercato: per questo l’inchiesta coinvolge sia le figure dirigenziali che gestivano il Parma.
Dopo il crac del 2003 il Parma Associazione Calcio venne ridenominato Parma Football Club, si svincolò dalla proprietà Parma e iniziò una nuova era sotto Tommaso Ghirardi, che guiderà la società dei Ducali fino al 2014 apparentemente senza troppi problemi sotto tutti i punti di vista. La verità, però, viene a galla.
Parma, Ghirardi-Taçi-Manenti: dall’esclusione dall’Europa League ad oggi
Giampietro ManentiOrmai è chiaro a tutti: la crisi del Parma sotto l’era Ghirardi non è iniziata con l’esclusione dei ducali dall’Europa League. Il mancato pagamento dell’Irpef -circa 300 mila euro, 263 per la precisione- rappresenta la goccia che ha fatto traboccare il vaso, o meglio, è stata la prima prova tangibile e pubblica del fatto che qualcosa all’interno della società emiliana non andava per il verso giusto.
Il fatto sconvolgente, però, è un altro: Ghirardi ha commentato così l’esclusione dalle coppe europee
Sono amareggiato da questo mondo del calcio. Ho pagato stipendi per 14 milioni e ora ci tolgono l’Europa per 260 mila euro che non credevamo di dover pagare. È un’ingiustizia.
Dichiarazioni di rito? Non proprio. La Uefa, infatti, dopo la qualificazione del Parma ai preliminari di Europa League, ha svolto indagini molto approfondite sulla situazione economico-societaria del club scoprendo dei veri e propri buchi neri nei bilanci del club mai ripianati o, nel caso peggiore, risanati con decine e decine di prestiti bancari.
E’ proprio nell’estate scorsa che qualcosa comincia a trapelare all’esterno, dopo anni di sostanziale silenzio che tutti avevano considerato benaugurante.
I giocatori del Parma, infatti, cominciano a non percepire gli stipendi; la data ultima per adempiere agli obblighi contrattuali viene sancita ai primi di novembre, data in cui Ghirardi avrebbe dovuto sborsare circa 15 milioni di euro. Non accade, le finanze non ci sono: la conseguenza è un -misero- punto di penalizzazione a campionato in corso che pare quasi una beffa in relazione all’entità del danno umano dei chiamati in causa
A dicembre avviene il passaggio delle consegne: il nuovo proprietario, misterioso come non mai, è una fantomatica cordata russo-cipriota. Di nomi chiari e sicuri, però, nemmeno l’ombra.
L’unica certezza è che Ghirardi ha venduto la quota di maggioranza della Eventi Sportivi SPA a qualcuno il cui identikit è ignoto; la Figc dovrebbe far chiarezza, dovrebbe scendere in campo e fermare il tutto, ma rimane immobile.
Si scoprirà che il nuovo presidente sarà tale Pietro Doca, di professione gioielliere. Si decide, allora, di assumere l’avvocato Fabio Giordano in qualità di presidente tecnico, il quale annuncerà
La nuova proprietà è la Dastraso Holding Limited.
Tutto sembra poter andare nel verso giusto, peccato che la società in questione fosse stata fondata a novembre dello stesso anno, e il capitale a disposizione ammonta a 1000 euro.
A gennaio scende in campo Rezart Taci, petroliere albanese che promette di ripianare i debiti investendo oltre 45 milioni di euro nel Parma; il nuovo presidente sarà un giovanissimo quanto sconosciuto Ermir Kodra.
In realtà tutto questo denaro non arriverà mai, tanto che si vocifera che il presunto magnate in patria non se la stia passando proprio bene.
Taci, poco a poco, si defilerà e Ghirardi sarà costretto a vendere la società ducale ad una nuova cordata -quella di Manenti– in un accordo siglato in fretta e furia in una notte, nei pressi del basso Lodigiano. Il resto è storia recente e fin troppo nota, fatta di promesse ed arresti fino, fino alla bancarotta di ieri.
Ma quali sono davvero le cause del disastro-Parma firmato Ghirardi?
Parma, 22 Giugno 2015: le ragioni del fallimento
I debiti del Parma ammontano a circa 100 milioni di euro. Se andiamo ad analizzare attentamente i numeri -nuda e cruda matematica- delle operazioni svolte nelle finestre di calciomercato da parte di Ghirardi e soci, scopriamo che nel triennio 2012-2015 gli acquisti sono stati 240 e le cessioni 715, per un totale di ben 755 operazioni tra entrate ed uscite.
Il Parma, solo in questo lasso di tempo, ha dovuto accollarsi ogni anno lo stipendio di oltre 240 giocatori. Oltre a quelli in rosa, infatti, i gialloblu hanno dovuto pagare gli stipendi -interi o parziali- della miriade di uomini e ragazzini prestati a mezza italia, dalla Serie A alla Serie D.
Acquistare i De Sena o i Velardi, senza nulla togliere ai professionisti che sono, dubitiamo possa essere stato produttivo per il futuro del club.
Non sono ovviamente loro i problemi dei ducali, ma se sommati ad altri 238 forse lo potrebbero anche diventare.
Grillo, Lombardi, Ravaglia, Altobelli, Dragonetti: vi dicono qualcosa?
Eppure sappiate che il Parma ha continuato a pagare per anni i loro stipendi,così come quelli di tanti altri.
Lo ripetiamo ancora: non stiamo considerando la professionalità dei calciatori, quanto piuttosto quelli che hanno deciso di accollarsi il loro stipendio per poi girarli in prestito nelle categorie più impensabili.
Basti pensare che il Gubbio, società amica del Parma militante in Lega Pro, nella stagione 2013-2014 su un totale di 25 elementi in rosa (di cui 24 nuovi volti rispetto alla stagione passata, tutti in prestito da squadre di A e B) possiede ben 8 giocatori in prestito dal Parma e, di conseguenza, altrettanti stipendi a libro paga dei gialloblu.
Il Crotone, iscritto quest’anno al campionato cadetto, ne possiede ben 9.
La Nova Gorica -massima serie slovena- ne ha 7. Ne abbiamo analizzate soltanto tre, le più famose, ma lo stesso discorso andrebbe fatto per molte altre.
Così termina la storia di una delle piazze storiche e più prestigiose del nostro calcio e queste sono -alcune- delle cause del suo fallimento. Ai tifosi del Parma un augurio di pronta risalita là in alto, dove meritano di stare.
Francesco Bergamaschi
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