Iga Swiatek è la nuova campionessa del Roland Garros, un trionfo storico per lei e per la sua nazione, una vittoria netta, mai in discussione, contro la numero quattro del seeding, e da domani del mondo, Sofia Kenin (6-4 6-1), in un torneo letteralmente dominato.
A Roma aveva perso all’esordio dall’olandese Arantxa Rus, a Parigi lo scorso anno, neo diciottenne, conquistò sì per la prima volta gli ottavi di finale in uno slam, ma immaginarla, alla vigilia del torneo, con il trofeo in mano era davvero fuori da ogni schema.
Eppure, dopo aver dominato i primi tre turni, piegando tra le altre, all’esordio, la finalista della scorsa edizione Marketa Vondrousova, era arrivata quella vittoria travolgente, in poco più di un’ora, concedendo appena tre giochi, contro Simona Halep, numero uno del seeding e dei bookmakers.
Ecco, lì qualcosa è cambiato, improvvisamente, anche senza titoli alle spalle, senza esperienza dai quarti in poi in uno slam, senza riferimenti per gestire una situazione così strana e allo stesso tempo pesante, Swiatek, agli occhi dei più, appariva d’un tratto come la favorita, di lì a poco come un nome da ricordare.
Dal nulla agli occhi puntati addosso, eppure la giovane polacca, 19 anni compiuti a maggio, ha gestito tanto bene l’inizio del torneo, a fari spenti, quanto il rush finale, con i riflettori rivolti a sé, con un pizzico di fortuna sì, trovando le qualificate Trevisan e Podoroska sulla strada per la finale, ma con tanta, innata, autorevolezza.
Bastano pochi scambi per trovare un aggettivo al suo tennis, completo, sa fare praticamente tutto, alcune cose meglio, come il diritto, pesante, carico di rotazione, percentuale, altre con minore naturalezza, talvolta vittima della tensione, come il rovescio, colpo che, infatti, nel cuore del primo set, l’ha un po’ tradita permettendo a Kenin di aggiungere qualche game in più.
Servizio efficace, vario, pulito nelle diverse direzioni a sua disposizione, intelligente anche come spartiacque per il punto che verrà, repertorio completo accompagnato da una buona preparazione fisica, leggera, veloce negli spostamenti, a suo agio a sporcarsi sulla terra rossa.
Un successo inaspettato il suo ma quanto mai meritato, lo dice il campo e lo confermano i numeri con gli appena 28 giochi concessi nell’arco di queste due settimane, mai più di 4 game ceduti in un set, scalpi prestigiosi, pressione crescente, tutto sostenuto con semplicità, “c’mon” e “pugnetti”, testa alta, senza paura come di fronte ad un destino a lei già noto.
La finale contro Kenin, già campionessa slam a Melbourne quest’anno, non ha offerto la qualità che poteva promettere, la tensione era alta, la statunitense acciaccata fisicamente da un problema alla gambe, il nervosismo padrone del campo ma, fin dall’inizio, l’esito sembrava già scritto nell’aria.
La partenza sprint di Swiatek, un parziale di 12 punti a 3, poi un momento di flessione, colpi meno sciolti, irrigiditi con l’avanzare della consapevolezza di potercela fare e poi, di nuovo, da predestinata, ecco che il gioco propositivo e completo ritorna a far male a Kenin in balia dei nervi, della fatica e dell’incapacità di fronteggiare una che ha una soluzione per tutto.
Per Swiatek, che da domani sarà numero 17 del mondo, si tratta addirittura del primo titolo della carriera, il primo major per lei e per la Polonia, più giovane campionessa a Parigi dai tempi di Monica Seles, in assoluto, invece, in questo nuovo secolo.
“Ho soltanto fatto quello che mi era riuscito anche nei turni precedenti”, il volto semplice e pulito, proprio come il suo gioco, di una nuova generazione di campionesse che scalpita e che inizia a sfondare, una nuova regina per il rosso di Parigi, la regina teenager, un nome da ricordare.
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