Polemiche dopo che i due giocatori svizzeri, entrambi di origine kosovare, hanno esultato con il provocatorio gesto dell’aquila albanese.
Ha lasciato degli strascichi il 2-1 di Kaliningrad nel match tra Serbia e Svizzera, con il gol di Shaqiri che al 90′ ha permesso agli elvetici di ribaltare l’iniziale vantaggio di Mitrovic. A firmare le due reti che hanno consentito alla Svizzera di portarsi provvisoriamente in testa al girone inseme al Brasile, proprio i due calciatori di origini kosovare, Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri.
Al gol quasi a tempo scaduto dell’ex interista, i due hanno esultato con il gesto delle braccia incrociate sul petto e le mani aperte, a simboleggiare l’aquila bicipite albanese. Proprio quell’Albania che della repressione serba fu vittima durante la guerra jugoslava. Una chiara provocazione verso gli avversari: Xhaka e Shaqiri (il terzo kosovaro-svizzero in campo era Valon Behrami, ndr) sono dovuti entrambi fuggire dalla loro terra d’origine (il padre di Xhaka fu anche prigioniero politico nella Jugoslavia comunista) ai tempi della persecuzioni della guerra, ottenendo così la cittadinanza elvetica.
“C’è stata una guerra durissima per molti genitori dei nostri giocatori. C’erano pressioni e provocazioni, quindi per me Xhaka e Shaqiri hanno fatto bene” – le parole del capitano della Svizzera Stephan Lichtsteiner a fine match. Potrebbe non essere dello stesso avviso la FIFA che in campo internazionale ha da sempre osteggiato ogni tipo di messaggio politico. E anche in questo caso non sono dunque escluse sanzioni o squalifiche. Con la Federcalcio serba che, considerando il gesto provocatorio, ha già presentato ricorso.
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