Rinus Michels e l’invenzione del ‘Calcio Totale’: l’allenatore del secolo

Monaco, 7 luglio 1974, sono passate da poco le 16, undici uomini in maglia arancione mettono in scena l’azione più famosa della storia del calcio. Nei 50 secondi che aprono la finale dei Mondiali tedeschi c’è tutta la filosofia di quella squadra rivoluzionaria, e il rigore successivamente realizzato da Neeskens, sembra la conclusione logica di un’avventura incredibile, ma in realtà fu sono l’ultimo acuto, prima della sconfitta più immeritata. Sulla panchina olandese dello stadio Olimpico di Monaco sbuffa un signore stempiato, vestito con un impermeabile beige. A fine partita dirà che la sua squadra ha dimenticato di segnare il 2-0, e che, nonostante la sconfitta, non si arrenderà fino a quando non vedrà il suo paese festeggiare per una vittoria calcistica. Rinus Michels è ignaro del fatto che quelle parole saranno profezia e 14 anni dopo, nello stesso stadio, sulla stessa panchina, potrà regalare la più grande gioia all’Olanda del calcio.

LE PRIME SCARPE

In una fredda giornata di Febbraio, ad Amsterdam, Marinus Jacobus Hendricus Michels riceve le sue prime scarpe da calcio. Ha 9 anni, la guerra sembra ancora lontana dalla splendida Olanda, e sulle scarpe in bella vista c’è lo stemma della sua squadra del cuore: l’Ajax. Il bambino con il nome di un console romano, che tutti chiameremo poi Rinus, capisce che da quel momento in poi tutto ruoterà attorno a quelle scarpe, e alla palla che calcerà con esse.

Nel dopo guerra comincerà a giocare con i Lancieri, e sarà una bandiera. Un buon calciatore attaccato alla maglia, non proprio sensazionale tecnicamente, ma che fa tanti gol (122 in 264 partite). Il 1958 è l’anno in cui, anticipatamente, deve appendere le scarpette al chiodo, per dei problemi fisici.

Ma non sarà la fine della sua avventura, bensì l’inizio della più grande storia di rivoluzione calcistica europea.

IL CALCIO TOTALE

 

6 anni dopo l’Ajax pensa proprio a Michels, per succedere al grande Vic Buckingam, che nel frattempo, nell’ultimo anno in panchina, aveva fatto esordire Johan Cruijff. Rinus ha delle idee straordinarie in mente. 

Rivoluziona, innanzitutto, il modo di allenarsi della sua squadra. Basta correre così tanto, senza palla. Più aerobica, e più gioco con la sfera; inoltre è convinto che i calciatori olandesi siano in adattati a livello fisico al resto d’Europa, così sceglie accuratamente ogni nuovo acquisto, e aspetta con pazienza che arrivi la grande nidiata dal settore giovanile.

Il modulo che andava per la maggiore nei Paesi Bassi era il 2-3-5, la Piramide. Anche qui Michels fa un taglio netto con il passato, e il suo Ajax comincerà a giocare con un 4-2-4, che a volte si trasforma in 4-3-3. Al centro del suo progetto, manco a dirlo, il ragazzino con i piedi piatti, il figlio del Fruttivendolo e della signora delle pulizie: Johan Cruijff.

Il suo calcio totale non passa solo dai numeri. Ogni giocatore deve saper ricoprire tutti i ruoli, c’è un’anarchia quasi totale in mezzo al campo, ma è solo un’illusione, perché ognuno sa quello che deve fare. La difesa per la prima volta effettua il fuorigioco. L’introduzione di questa tattica ha lo stesso effetto che l’invenzione della stampa ha avuto per l’evoluzione dell’umanità. La linea difensiva, rigorosamente a 4, rigorosamente altissima, si alza sempre, e mette in fuorigioco gli avversari, mentre i centrocampisti pressano sì, ma difendendo in avanti. Il campo, per Michels, non ha un’ampiezza ed una larghezza predefinita, è la squadra che può decidere di quanto restringerlo, e il momento giusto in cui farlo. 

Lo spazio è al centro del concetto di calcio totale, la ricerca quasi scientifica dello spazio in campo, e lo spazio che l’allenatore deve lasciare ai suoi calciatori per esprimersi dentro il rettangolo da gioco, e anche fuori da esso.

Il suo Ajax è una meraviglia dell’ingegneria calcistica, nel 1969 arriva fino alla finale di Coppa dei Campioni di Madrid, perde contro il grande Milan di Nereo Rocco, ma si ha la netta sensazione che da quel momento in poi tutto cambierà. Infatti, nel 1971 vince la Coppa dei Campioni ai danni del Panathinaikos allenato da Puskas (quanto è meraviglioso questo sport, fatto di incroci così involontari, ma anche così epici?).

Proprio sul più bello, però, Michels abbandona i Lancieri. E’ una sua consuetudine lasciare quando si è al vertice. Il testimone lo raccoglierà il romeno Kovacs (ricordate la storia di Hagi?) che vincerà altre due coppe dei Campioni consecutive, seguendo la strada tracciata dal Generale Michels.

Michels alza al cielo la prima ed unica Coppa dei Campioni vinta nella sua carriera, contro il Panathinaikos, a Wembley.

 

1974, DI RINUS MICHELS

Il periodo d’oro di Michels non è ancora finito, decide di approdare a Barcellona, ed esportare lì i suoi concetti rivoluzionari. Il suo arrivo in Catalogna segnerà l’inizio di una nuova era del calcio. Non vincerà molto, ma abbastanza per essere ricordato, e porterà Cruijff, ancora lui, in Spagna.

I risultati del suo lavoro esploderanno nell’anno decisivo della sua carriera, il 1974.

Il 19 febbraio 1974 rifila una manita al Real Madrid di Francisco Franco, al Bernabeu, e a fine anno porta in trionfo il Barcellona, mentre dal paese Madre arriva una chiamata che non si può rifiutare. La nazionale olandese ha bisogno di Michels per affrontare gli imminenti Mondiali in Germania. L’odiata Germania.

Il mondo musicale è ancora sconvolto dallo scioglimento della più grande band della storia, i Beatles, avvenuto 4 anni fa, ma per un mese, chi ama il calcio, se ne dimentica. Perché l’Ajax di Michels, e poi Kovacs, ritorna in scena, e disputa un Mondiale pazzesco, da predestinati.

Nel secondo gruppo del Mondiale, affronta addirittura il Brasile di Pelè, che il 3 luglio viene battuto. Sembra un passaggio di consegne, ma alla fine saranno i tedeschi a vincere.

14 ANNI DOPO

La vita di Rinus Michels dopo il 1974 è un continuo ritorno sui suoi passi. Torna all’Ajax, ma non vince, va anche in Germania, vince poco, ritorna ancora a Barcellona, e continua a non vincere.

Qualcuno comincia a cantare il “de profundis” ma poi il calcio da all’allenatore di Amsterdam l’occasione che non può non cogliere. Si gioca l’Europeo, in Germania, e i padroni di casa sono i favoriti. Nel frattempo l’Olanda, e in particolare l’Ajax, hanno coltivato bene quello che Michels aveva lasciato, ed è cresciuta una nuova generazione di fenomeni che sta incantando.

Un abbraccio di una squadra, che in fondo è quello di un paese intero.

L’Europeo dei Tulipani non è brillante, ma hanno una squadra così forte, un centravanti così forte, che è quasi impossibile non arrivare in Finale. La vendetta si consuma ad Amburgo, e i tedeschi vengono eliminati in semifinale, mentre la finale di Monaco (si, proprio Monaco) contro l’URSS viene decisa dai suoi uomini più forti, prima Gullit, e poi Van Basten, con il gol che resterà nella storia del calcio.

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Ad oggi quello è l’ultimo successo della nazionale Olandese nella storia del calcio. Nessuno ha replicato il lavoro di Rinus Michels, ma se oggi vediamo Jordi Alba sovrapporsi sulla fascia sinistra del Barcellona, o ci alziamo in piedi ogni volta che Nainggolan e Vidal vanno a recuperare un pallone in una zona del campo importante, se oggi abbiamo tutti il culto del Barcellona come squadra più bella della storia, e ogni volta che sentiamo parlare di Pep Guardiola speriamo che venga ad allenare la nostra squadre del cuore dall’estate successiva, è perché Rinus Michels, nato ad Amsterdam, e morto ad Aalst a 77 anni, ci ha regalato il suo sapere, e le sue idee, e le ha rese realtà.

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