Olimpiadi Tokyo 2021, gli atleti e le atlete copertina dei Giochi

Le Olimpiadi Tokyo 2021 sono appena andate in archivio. Stadiosport prova ad eleggere gli atleti e le atlete simbolo di questi Giochi.

Che belle Olimpiadi sono state! Tokyo 2021 resterà negli annali come l’edizione dei Giochi in cui l’Italia ha riscritto i propri record: sono 40 le medaglie ottenute dalla nostra spedizione, per un totale di 16 sport diversi. Ma queste Olimpiadi, come da loro tradizione, hanno raccontato storie di uomini e donne che, nell’arco di queste tre settimane, hanno provato a sfidare e superare i propri limiti.

Storie di miti che sono caduti e hanno subito trovato la forza di rialzarsi. Come Simone Biles, l’icona della ginnastica artistica, che ha svelato il suo dolore al mondo, riscoprendosi d’un tratto fragile e delicata come le movenze che accompagnano i suoi esercizi in pedana. Ma che, allo stesso tempo, ha dato fondo alla grande determinazione, assimilata con anni di duro allenamento, per salire ancora una volta sul podio e gratificare se stessa più che il pubblico.

O come Caleb Dressel, la freccia della Florida, che insegue medaglie e record nel segno del suo eroe Michael Phelps. A questi idoli di oggi e del domani, Stadiosport ha voluto dedicare la sua copertina, scegliendo tra gli atleti chi più abbia lasciato il segno in questa rassegna a Cinque cerchi.

Caleb Dressel: cinque ori nel segno di Phelps

Un record du monde et encore de l'or pour Caeleb Dressel

È sicuramente lui l’uomo copertina di queste Olimpiadi: la spedizione americana, già molto forte, si affida al pluricampione del mondo per fare manbassa di ori e record. E lui, come da previsione, non delude le aspettative: si è preso cinque ori, confermandosi padrone delle distanze che lo avevano già incoronato campione iridato, i 50 e 100 stile, oltre ai 100 farfalla. Ad impreziosire il tutto arrivano le vittorie nelle due 4X100, le gare in cui l’Italia ha conquistato argento e bronzo, concedendosi l’onore di condividere il podio con una simile leggenda vivente.

Quattro i nuovi primati stabiliti, equamente divisi tra record olimpici e mondiali. Sette le medaglie d’oro olimpiche finora complessivamente conquistate. E pensare che deve compiere ancora 25 anni: tempo per riscrivere la storia del nuoto ce n’è parecchio all’orizzonte.

Marcell Jacobs: due ori per risollevare l’atletica italiana

C’è anche tanta Italia sulle prime pagine di queste Olimpiadi, a dimostrazione di come la squadra azzurra abbia fatto cose grandiose, sovvertendo anche i pronostici. Non ci fosse stato il fenomeno Dressel, la palma di uomo copertina sarebbe stata appannaggio di Marcell Jacobs. Italiano di El Paso (Texas), qui ritratto insieme a Gianmarco Tamberi, un altro che ha riscritto la storia dello sport tricolore con l’oro nel salto in alto.

Marcell ha fatto di più: ha vinto i 100 metri, gara simbolo delle Olimpiadi, sfatando una maledizione che vedeva nessun italiano capace neanche di raggiungerne la finale. Stavolta c’erano due velocisti ai blocchi di partenza: lui e Filippo Tortu. E Marcell ha corso una gara da fenomeno, con la sua solita progressione micidiale. Il cronometro recita 9.80 (nuovo record europeo). Il tabellone lo vede davanti a Fred Kerley ed Andre De Grasse, gente abituata ad abbattere i muri dei secondi e che, in questa Olimpiade, si è tolta anche la soddisfazione di vincere un oro (De Grasse, nei 200).

Non contento, Marcell ci ha voluto regalare una seconda impresa tutta da incorniciare: la vittoria nella 4X100, insieme a Tortu, Desalu e Patta. È lui l’unico italiano dell’atletica leggera a vincere un doppio oro su pista nella stessa edizione. Eguagliato un mito della marcia come

Karsten Warholm: sotto il muro dei 46” nei 400 ostacoli

Karsten Warholm, ph credits: Reuters Dylan Martinez

Ha partecipato, vincendola, a una delle finali più avvincenti della storia di tutti i Giochi olimpici, per intenderci: una finale nella quale il terzo classificato si è fermato a due centesimi dal record mondiale che, non deve stupirci, lui stesso aveva stabilito. Parliamo di Karsten Warholm, l’ostacolista norvegese che a Tokyo ha conquistato l’oro nella prova dei 400 metri, scendendo per la prima volta nella storia sotto il muro dei 46 secondi.

Lo ha fatto in una gara epica, per l’appunto, contro avversari che, in un contesto normale, sarebbero stati essi stessi da primato del mondo. Basti pensare che lo statunitense Rai Benjamin, argento alla fine, ha fermato il cronometrto sul 46.17, battendo il record di 46.70 che proprio a Warholm apparteneva. Terzo il brasiliano Dos Santos il quale, come dicevamo poc’anzi, si è fermato a soli due centesimi da quel record (46.72). Una gara da mantenere negli archivi e rivedere più e più volte.

Andrew Hoy: il cavaliere gentiluomo, medagliato a 62 anni

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Andrew Hoy in sella al suo Vassily de Lassos. Foto tratta dal profilo Twitter dell’atleta

“Quando mi incontrano nel villaggio olimpico mi chiedono cosa stia facendo lì, se sia un funzionario. Rispondo loro che no, sono un atleta”. Basta questa frase, pronunciata dopo aver conquistato il bronzo nell’all around individuale, e aver scritto una pagina importante di storia olimpica, per tratteggiare la classe e lo humor di un personaggio come Andrew Hoy.

Il cavaliere australiano è diventato, a 62 anni e 175 giorni, l’atleta più anziano a vincere una medaglia olimpica dal 1968. In realtà i titoli sono stati ben due: argento nella prova a squadre, dietro alla Gran Bretagna, e bronzo nella prova individuale. Altre due medaglie che vanno ad arricchire ulteriormente il palmares di un vero fuoriclasse dell’equitazione. Già a Barcellona 1992, quando poteva vantarsi di essere uno dei più giovani in squadra, come lui stesso autoironicamente ha dichiarato, aveva collezionato un oro nella prova a squadre. Adesso gli allori olimpici ammontano ad otto.

E il prossimo obiettivo? Semplice, vincere medaglie anche a Parigi 2024 e Los Angeles 2028, per battere Louis Noverraz, medagliato della vela a 66 anni nel 1968, e diventare definitivamente l’atleta più longevo ad entrare nell’Olimpo dello sport. Guardiamo troppo avanti, dite? Con Andrew Hoy mai lasciare nulla di intentato…

Gregorio Paltrinieri: il doppio graffio di un campione sfortunato

Gregorio Paltrinieri bronzo alle Olimpiadi Tokyo 2021 nella gara di fondo del nuoto

È vero: non ha vinto medaglie d’oro, nè frantumato record. Ma Gregorio Paltrinieri va menzionato per il cuore racchiuso tra quei polmoni d’acciaio, che gli ha permesso di regalarci una doppia medaglia e un piazzamento ai piedi del podio, nonostante fosse reduce da una mononucleosi che ne aveva inficiato la preparazione in vista dei Giochi. Greg non è riuscito a difendere il titolo nei 1500, ma si è comunque confermato uno dei migliori (se non il migliore) mezzofondisti al mondo, conquistando l’argento negli 800 m. Il capolavoro è stato completato dal bronzo nella 10 km, primo titolo italiano al maschile nel fondo. Non resta che dirgli: grazie, Greg!

Dani Alves: a un passo dal vincere tutto

La sua impresa era stata celebrata, giorni fa, con un articolo apposito uscito sulle nostre pagine. Non possiamo omettere Dani Alves tra i principali uomini copertina di questa rassegna. In uno sport che non va certamente “d’accordo” con le Olimpiadi, il calcio, Alves ha compiuto l’ennesima impresa della sua carriera longeva e pluridecorata. Vincere un oro olimpico a 38 anni, nelle vesti di capitano, significa per lui dover aggiungere alla propria bacheca solo Mondiali e Copa Libertadores per poter dire di aver vinto davvero TUTTO quello che c’era da vincere. Con 45 titoli si conferma l’atleta più vincente negli sport di squadra. Appuntamento a Qatar 2022, per sapere se la sua storia diventerà leggenda.

Emma Mckeon: la nuotatrice australiana più vincente di sempre

Australian swimmer Emma McKeon closing in on record medal haul | The Japan  Times

Se Dressel si è preso la copertina dei Giochi grazie ai suoi cinque ori, non si può certo trascurare l’impresa compiuta da Emma Mckeon. Lei e la connazionale Arianne Titmus hanno portato in alto il nome dell’Australia: la Mckeon è oro nei 50 e nei 100 stile, dove ha stabilito anche i nuovi record olimpici, ma rispetto alla Titmus e a Katie Ledecky, altra grande protagonista della rassegna a cinque cerchi, al suo bottino personale si aggiungono gli ori conquistati nelle due staffette, 4X100 stile libero e 4X100 misti (donne).

Le medaglie sono in tutto sette, contando i tre bronzi nella 4X100 mista (donna-uomo), nei 200 metri farfalla e nei 4X200 stile libero. Con queste fanno 11 medaglie conquistate in due Olimpiadi. Una storia partita da Rio e che, a soli 27 anni, fanno della Mckeon la nuotatrice australiana più vincente di sempre in una rassegna olimpica. E la strada per migliorarsi ulteriormente è ancora lunga.

Elaine Thompson Hera: tripletta d’oro per la regina dell’atletica

Elaine Thompson-Herah vince l'oro dei 100m piani femminili a Tokyo | 2020.

È lei la regina dell’atletica leggera: Elaine Thompson Hera, oro nei 100, 200 e nella 4X100 femminile. Un hattrick di medaglie che aveva già sfiorato nell’edizione di Rio de Janeiro (la staffetta fu argento dietro agli Usa). Mai nessuna donna come lei, che in questa edizione dei Giochi ha anche stabilito il nuovo primato olimpico dei 100 in 10.61.

Sifan Hassan: un miracolo soltanto sfiorato

Sifan Hassan migliora ancora il record europeo dei 5.000 a Londra |  atleticanotizie

Un’altra fuoriclasse dell’atletica leggera. L’olandese di origine etiope ha provato a fare qualcosa di umanamente inimmaginabile: vincere l’oro nei 1500, nei 5000 e nei 10.000 metri piani. Impresa sfiorata con un doppio oro nelle distanze più lunghe, mentre dai 1500 è arrivato “solo” un bronzo. Resta, e va premiata, l’intenzione di fare qualcosa di epico.

Allyson Felix: la wonder woman dell’atletica a stelle e strisce

Allyson Felix da record, sono undici le medaglie olimpiche - la Repubblica

La pista del Tokyo Olympic Stadium ha scritto grandi pagine di sport: una porta la firma di Alysson Felix, l’inossidabile velocista statunitense, che è diventata ufficialmente l’atleta americana più medagliata della storia. Sono 11 le medaglie conquistate dalla specialista dei 200 e 400, che ha trascinato all’oro le compagne della 4X400, e vinto il bronzo nella distanza che l’aveva vista vicecampionessa a Rio. 11 medaglie che la incoronano donna più vincente della storia olimpica, nonché velocista statunitense più titolata in assoluto. Ancor più del “Figlio del vento”, Carl Lewis, che di medaglie olimpiche ne ha vinte 10.

Simone Biles: la farfalla che ha sfidato i demoni

Simone Biles conquista il bronzo alle travi durante le Olimpiadi Tokyo 2021. Ph credits: Mike Blake (Reuters)

Era lei la donna più attesa delle Olimpiadi: quando a Rio de Janeiro aveva dominato la scena della ginnastica artistica conquistando quattro ori e un bronzo, il mondo si era accorto che fosse nata una stella. Quello stesso mondo che stavolta ha inizialmente faticato a capire.

Quando l’ha vista atterrare in maniera scomposta sul materassino dell’Ariake Guymnastics Centre, durante l’esercizio al volteggio nella prova a squadre, l’intero mondo non poteva sapere che Simone aveva appesantito quel salto di un fardello che il suo esile corpo, lungo solo 146 centimetri, faticava a sostenere. Depressione: uno spettro che si è insinuato nella mente di un’atleta inscalfibile agli occhi del pubblico, e che invece a Tokyo si è riscoperta d’improvviso fragile.

Un suo errore è costato agli Stati Uniti, campioni in carica, la terza conferma consecutiva sul gradino più alto del podio. Schiacciata dal peso di un problema che poteva divorarla, Simone Biles ha però trovato l’energia necessaria per reagire istantaneamente. Solo una settimana dopo dal suo annuncio scioccante, si è ripresentata in pedana per affrontare l’esercizio alla trave. Già bronzo a Rio, la ginnasta americana ha replicato il proprio piazzamento, che però stavolta ha un doppio peso specifico.

Già, perché magari non avrà conquistato l’en plein di sei ori che l’avrebbe consegnata a gloria imperitura, ma col suo “misero” bronzo individuale Simone Biles ha dato una lezione di vita a chi, spesso, si fa preda dell’inerzia degli eventi. E si è regalata la soddisfazione più grande: vincere per se stessi, senza l’incombenza delle aspettative altrui.

Tijana Boskovic: la donna di ghiaccio che ha trascinato la Serbia al bronzo

Tijana Boskovic

Lo sguardo cattivo, affamato, è di quelli che identificano i grandi campioni: Tijana Boskovic non avrà vinto l’oro, ma entra di diritto nel Gotha degli atleti più rappresentativi di questa Olimpiade. D’altronde, se la Serbia ha raggiunto la finale per il bronzo è merito del suo opposto, ad oggi la migliore giocatrice del pianeta, A decretarlo è il campo, dove la Boskovic ha nettamente battuto la rivale numero uno, Paola Egonu, in un match amaro per i colori azzurri. Il gioco di Ognjenovic si appoggia per oltre la metà sulla cannoniera dell’Eczacibasi, e lei la ripaga superando la soglia dei 170 punti (172 in totale). L’Olimpiade l’ha incoronata, anche senza consacrarla del tutto. Ora ci saranno gli Europei a salvare una stagione che non la vedrà protagonista in Champions League. L’appuntamento con l’oro olimpico è rimandato di tre anni. Parigi non è poi così lontana.

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