Il pareggio di Bologna permette alla squadra di muovere la classifica, pur restando terza, e scongiurare il pericolo di un record negativo datato 61-62. Ma il gruppo non appare tranquillo, come dimostra anche il rigore sbagliato da Milik, e dalle parti di Torino si respira un’aria mefitica, tra nuove penalizzazioni che incombono, spifferi di spogliatoio che andrebbero placati e una stagione che rischia di scivolare via senza trofei. Maggio deve segnare una riscossa.
La Juventus ha pareggiato a Bologna. Se non è una boccata d’ossigeno, il risultato del Dall’Ara consente ai bianconeri di tornare quantomeno a fare punti, dopo tre sconfitte consecutive in campionato, e scongiurare una serie negativa che non capitava dal campionato 61-62.
Può bastare? Assolutamente no. Perché la squadra resta al terzo posto, nonostante una Lazio che ha vistosamente rallentato nelle ultime due gare, e alle sue spalle avanza un’Inter che appare in netta ripresa. Proprio quell’Inter che l’ha eliminata dalla Coppa Italia mercoledì scorso, aggravando ancor più il bilancio di un aprile che recita tre vittorie, due pareggi e quattro sconfitte in nove gare. Doveva essere il mese della svolta definitiva, ha finito per mettere a nudo tutte le fragilità di un ambiente che non è, e non può, essere tranquillo.
Da troppo tempo a questa parte il clima che avvolge la squadra è diventato irrespirabile. Neanche il tempo di vedersi restituire i 15 punti di penalizzazione, che sulla squadra si abbattono i venti di una nuova inchiesta. E mentre ci si chiede quale verdetto le infliggerà la UEFA, con l’esclusione dalle coppe che renderebbe vano anche lottare per la conquista dell’Europa League, unico trofeo ancora raggiungibile, dalla lacera cortina bianconera escono spifferi che destabilizzano ancor più l’ambiente, restituendone un’immagine lontana da quello che dovrebbe essere lo stile Juve.
Un esempio su tutti: le parole ingiuriose che Allegri avrebbe pronunciato all’indirizzo dei dirigenti dell’Inter dopo la gara in Coppa Italia sarebbero dovute rimanere nel ventre di San Siro. Prima di tutto, perché della vicenda, che non ha ricevuto alcuna conferma dalle parti in causa, è stata fornita una ricostruzione parziale, senza spiegare da cosa sarebbe scaturita la presunta reazione; in secondo luogo, perché simili accadimenti non aggiungono nulla di rilevante alla narrazione di un’annata che la squadra sta conducendo comunque con orgoglio, nonostante le costanti pressioni cui è sottoposta.
La Juventus sta attraversando il periodo più difficile della propria storia. Ancor più di Calciopoli, perché se allora il verdetto arrivò a giochi già fatti, quest’anno il gruppo è stato condannato a un calvario estenuante, che la vede ogni giorno sommersa da un mare di attenzioni mediatiche, in cui si impastano notizie necessarie e voci evitabili.
Allegri deve riuscire a trasmettere nuova serenità al gruppo, e i giocatori devono mostrare di che pasta sono fatti. Maggio è un mese importante, importantissimo. Non solo per le prospettive future del club (dalla qualificazione alla Champions passano anche le strategie di mercato), ma anche per l’immagine che lo stesso vuole restituire all’esterno e all’interno del mondo del calcio, istituzioni comprese. Vincere la Coppa UEFA manderebbe un messaggio chiaro e diretto a Nyon: “La Juventus non muore mai”.
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