A 82 anni è morto Pelè, leggenda del calcio mondiale

Edson Arantes do Nascimiento è morto di cancro a 82 anni. L’uomo che inventò il calcio.

Edson Arantes do Nascimiento si è spento all’età di 82 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro che, nell’ultimo stadio, si era esteso a diversi organi del suo corpo, ma Pelè, lo pseudonimo che lo ha accompagnato per tutta la carriera, non morirà mai.

E’ morto l’uomo, ma non tutto ciò che ha rappresentato come simbolo del Brasile e come esponente di uno sport che ha fatto diventare arte più di chiunque altro.

Eppure ci piace pensare che questa sia l’ennesima volta in cui “O Rei” ha deciso di elevarsi al di sopra di tutto e tutti, distaccandosi dal mondo terreno per mostrare ancora la sua aura divina. La stessa che, nel Mondiale del 1970, travolse tutti in quell’imperioso stacco di testa nella finale contro l’Italia.

Il lascito più grande di questa autentica icona dello sport, non è un gol o un trofeo vinto, ma il calcio stesso.

Sarebbe inutile fare paragoni con altri grandi che hanno calcato il terreno da gioco, uno su tutti Maradona con il quale ha condiviso, per anni, lo scettro di migliore della storia con l’opinione pubblica che si è sempre divisa tra chi preferiva l’argentino e chi, invece, il brasiliano.

La realtà dei fatti è che Pelè è imparagonabile a qualsiasi altro calciatore mai esistito perché ogni sua giocata, ogni sua clamorosa invenzione, sembrava anticipare il calcio di 20 o 30 anni.

Pelè ha tramandato il gioco e lo ha consegnato nelle mani del futuro che non esclude il fatto che è potuto (o potrà) esserci qualcuno che lo interpreti anche meglio dell’asso brasiliano, ma nessuno, oltre lui, avrà l’onore di poterlo creare da zero e farne propria immagine e somiglianza.

Si consegna al cielo, l’uomo baciato dagli angeli, colui verso il quale non possono esistere aggettivi degni di poterlo descrivere al meglio ma che lascia, a chi lo ha visto giocare e chi lo ha potuto ammirare solo tramite video o racconti, quel senso di stupore e di meraviglia che solo qualcosa di veramente idilliaco può lasciare.

E’ il 23 ottobre del 1940 quando in Brasile, precisamente a Tres Coracoes, cambia definitivamente la storia del calcio. Non ci vorranno molti anni per capire che quel ragazzino, nato povero, è in realtà il diamante più raro che una terra brasiliana potesse concepire.

Il più lesto ad accorgersene è Waldemar de Brito che lo notò quando il giovane Pelè aveva solo 15 anni e lo convinse a fare un provino per il Santos. “Diventerà il miglior calciatore del Mondo”, disse Waldemar alla dirigenza per convincerli a credere nel ragazzo che, intanto, li aveva già sedotti con il suo calcio fatto di divertimento ed estro purissimo.

Ci è andato vicino, Waldemar, nel pensare che quel ragazzo potesse diventare il migliore del Mondo, forse non immaginando che, con la maglia del Santos, dei Cosmos e, soprattutto, del Brasile, sarebbe diventato il migliore della storia.

Di Pelè si commemora tutto e si glorifica ogni suo singolo passo fatto su un terreno di gioco, ma più di ogni altra cosa, va lodata la sua umiltà: il suo essere un esempio dentro e fuori dal campo, una fonte di ispirazione per le “star” del domani e per tutti i bambini che credono in un sogno.

Anche nella vecchiaia e nella malattia che, purtroppo, lo ha stroncato, Pelè è rimasto sempre Pelè: dignitoso, sorridente e con quell’alone di onnipotenza che ci ha fatto credere che anche questa volta l’esito sarebbe potuto essere diverso.

Perché, dunque, Pelè è il calcio? Semplicemente perché rappresenta il nostro ideale di questo sport, quello fatto di divertimento, di risate, di stupore e di infinito amore per un pallone.

Pelè è più dei 1279 gol ufficiali siglati in carriera, vale più dei 3 Mondiali vinti, record ancora oggi mai battuto, ma è anche più di quella maglia numero 10 verdeoro che ha incantato il Mondo.

Pelè è quel ragazzino che a 17 anni vince un Mondiale con una maturità che non si addice a uno di quell’età; è il “futbol bailado” che doveva trasmettere allegria e che era lontano dagli schemi compassati dei ragionamenti tattici che tutt’oggi regnano nel calcio; è la rovesciata in “Fuga della Vittoria”, perché uno come lui ha voluto siglare anche il gol più bello della storia del cinema; è colui che segna “O Millesimo” lo stesso giorno in cui ci fu il secondo sbarco sulla luna e spingendo i giornali a scrivere: “Luna, già vista, Pelè, mai visto”.

Edson Arantes do Nascimiento è stato il ritratto del calcio, la sua opera più bella e il suo vanto più grande.

In Brasile hanno goduto di ogni singolo attimo regalato da Pelè su un campo da calcio, in Europa, invece, non ha mai vestito maglie di alcun club, ma basta una rapida ricerca nell’almanacco statistico di questo campione per vedere (e capire) che il suo Santos ha sgretolato tutte le più grandi difese d’Europa.

In questo sport esisteranno tanti fuoriclasse degni di far parte del dibattito per chi sia veramente il “migliore della storia”, ma non esisterà, mai più, nessun Pelè.

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