Sono passati poco più di tre mesi da quel terribile 26 giugno, giorno in cui la pilota spagnola Maria De Villota, test driver della scuderia Marussia, andò a schiantarsi contro un camion parcheggiato a bordo della pista inglese del Duxford Airport, dove stava effettuando alcuni test aerodinamici per conto del team russo. Un incidente terribile, che fece temere per la vita della ragazza, salvata grazie al pronto ricovero in ospedale e all’assistenza dei dottori che l’hanno presa in cura. Ora la De Villota è fuori pericolo, anche se per alcuni versi molte cose non saranno più come prima: la spagnola, infatti, ha perso l’uso dell’occhio destro; inoltre dovrà sottoporsi ad un nuovo intervento chirurgico.
Tuttavia, Maria non si è arresa, vogliosa di guarire il più in fretta possibile e, se ce ne sarà la possibilità, di tornare in pista. Questo almeno è quanto trapela dalla prima intervistapost incidente che la De Villota ha concesso al settimanale spagnolo, in cui, tra l’altro, compare una sua fotografia che la ritrae com’è attualmente. “Mi ricordo tutto, anche il momento dell’impatto. Quando mi sono ripresa c’erano tantissime persone intorno a me e non sapevano se avrei parlato o come avrei parlato. Dunque, ho iniziato a parlare in inglese perché pensavo che si trattasse di un controllo medico della FIA”.
“Poi mio padre mi ha chiesto di parlare in spagnolo, – precisa la pilota trentaduenne – dicendomi che mia madre non aveva capito la metà delle cose che avevo detto. A quel punto mi sono resa conto di tutto: cosa era successo, dove ero e perché”. La ragazza parla anche della sua reazione avuta la prima volta che si è guardata allo specchio nel post operazione: “All’inizio l’occhio destro era coperto, quindi non riuscivo a vederlo. La prima volta che sono riuscita a vedermi allo specchio con il volto completamente scoperto avevo 140 punti e sembrava che fossero stati cuciti con una fune da barca. Inoltre avevo perso il mio occhio destro: ero terrorizzata”.
Sul suo futuro nei motori aggiunge: “Non so ancora, dipende dalla licenza. So che negli Stati Uniti ci sono dei piloti che corrono anche se hanno un occhio solo. Il problema è che ho perso il senso della profondità, perchè è il funzionamento congiunto dei due occhi che ti fa percepire la prospettiva. Dunque, mi chiedo spesso se nel mio futuro c’è ancora un ruolo da pilota o dovrò inventarmi qualcosa di diverso: al momento però non ho ancora una risposta. La mia vita comunque ora va oltre i miei sogni, perché il mio era la Formula 1 e l’ho raggiunto. Io comunque mi sento ancora un pilota”.
Michele Pannozzo
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