Era la partita di Serena Williams, tutto girava intorno a lei e al suo incredibile ritorno,a dieci mesi di distanza dal parto che ha dato alla luce la piccola Alexis Olimpia, in una finale slam.
Tutti gli occhi erano su di lei e sulla concreta possibilità di fare la storia, di trionfare nuovamente a Wimbledon, di conquistare il ventiquattresimo titolo slam di una immensa carriera e di tornare, prepotentemente già nelle prime venti giocatrici del mondo.
Ma la statunitense ed il pubblico del grande tennis non avevano fatto i conti con la ragazza dall’altra parte della rete, una Angelique Kerber che solo chi segue saltuariamente questo sport poteva sottostimare.
La tennista tedesca infatti, ex numero uno del mondo e già due volte campionessa slam, aveva collezionato un’incredibile gloria nel 2016 prima di subire un inaspettato tracollo nella stagione successiva, il “dalle stelle alle stalle” più classico nella tradizione sportiva.
Un’annata sicuramente dispendiosa e la necessità di confermare le enormi aspettative sulle sue spalle le avevano fatto smarrire fiducia, gioco e risultati, ma, all’inizio di questo 2018, Angelique ha scelto di rimettersi in gioco cambiando guida tecnica, legandosi all’ottimo Wim Fissette per dimostrare di non essere stata una meteora.
Fin qui la stagione era stata decisamente positiva con il raggiungimento almeno dei quarti di finale in tutti i tornei disputati eccetto due, ma, in mezzo a tanti buoni piazzamenti, il grande acuto continuava a mancare.
Sull’erba di Wimbledon dove Kerber aveva già giocato una finale, nel suo magnifico 2016, persa proprio contro Serena Williams, la tedesca ha ritrovato la grazia dei tempi migliori, il suo gioco fatto di quantità lampante unita ad una qualità, forse meno evidente, ma ugualmente efficace.
Una potenza disarmante nelle gambe che costantemente le consentiva di appoggiarsi sul terreno e disinnescare le sfuriate della Williams sfruttando la sua spinta di palla e contrattaccando con un eccellente timing, praticamente perfetto.
Un duplice 6-3 che non lascia repliche e che, nella sua limpidezza, colpisce enormemente visto che Serena, a Wimbledon, aveva perso solo due delle precedenti nove finali disputate.
Un successo che regala a Kerber un ritorno tra le prime quattro giocatrici del mondo, il terzo titolo slam della carriera dopo Melbourne e New York 2016, e tanta tanta gioia, simbolo di una volontà di non mollare mai, di rimettersi in discussione per dimostrare di non essere stato solo un grande abbaglio, di una classe operaia che mai come ieri ha rovinato la festa ai piani alti e a chi, una volta di più, si aspettava la stessa campionessa.
Bentornata Serena è vero, ma soprattutto, finalmente, bentornata Angelique!
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