Socrates “il Dottore”, fra calcio e democrazia

Socrates nasce nel nord del Brasile il 19 febbraio 1954, in una città vicina alla foresta amazzonica. Suo padre gli trasmette l’amore per i libri, la politica e la filosofia, e gli da il nome del grande filosofo greco, dopo aver letto La Repubblica di Platone. Cresce però a 300 chilometri da San Paolo, cuore pulsante di una parte del paese, che si divide da sempre fra Rio, e la città paulista. 

Nonostante la povertà in cui cresce, il padre gli assicura i migliori studi, e lui, mentre gioca e incanta con la maglia del Botafogo, si iscrive all’Università, e si laurea in Medicina, precisamente pediatria. Un evento straordinario, per un calciatore, soprattutto se cresciuto in quel Brasile, in piena dittatura militare. Nel frattempo il suo carattere lo porta a discutere con tutti di politica, in un’epoca in cui non era la cosa più sicura, quando approderà al Corinthians, storica squadra di San Paolo con i conti in rosso, la politica diventerà il centro anche del calcio, o forse, viceversa.

DEMOCRAZIA CORINTHIANA

Gli anni al Corinthians sono i più belli, quasi da romanzo, o da pellicola cinematografica. Socrates diventa il capitano di una squadra unica, per talento, ma anche per organizzazione.

I calciatori si autogestiscono, tutte le decisioni del club venivano prese per maggioranza dopo una votazione alla quale partecipavano tutti, dal presidente ai dirigenti, giocatori titolari e riserve fino ai magazzinieri, e ogni voto aveva lo stesso peso. La squadra andava in campo con scritte che inneggiavano alla democrazia, e al diritto di voto.

In Brasile, infatti, da tempo, il popolo non eleggeva il presidente, che veniva invece scelto dal Parlamento. Il risultato era un susseguirsi di generali dell’esercito, che accentravano il potere, e affamavano i brasiliani. Una cosa inaccettabile per il centrocampista longilineo ma pieno di classe, che giocava per divertirsi, ma soprattutto per dare un esempio al paese.

Dal Corinthians, vincitore di tre campionati paulisti, nasce una vera e propria rivoluzione che si spingerà oltre il semplice sport, il Brasile è stanco del presidente Figueiredo, la gente scende in piazza a protestare, Socrates in un comizio fa una scommessa: se, in parlamento, non fosse stato votato un emendamento costituzionale per ristabilire libere elezioni, lui sarebbe andato via. 

L’emendamento non passò, e la favola della Democrazia Corinthiana finì.

IL MUNDIAL 82

Prima di finire la sua storia al Timao, tuttavia, Socrates aveva giocato tante partite con la nazionale brasiliana, e al Mondiale dell’82, in cui i brasiliani arrivavano da favoriti assoluti, era anche capitano della squadra.

I brasiliani erano così convinti di vincere, che si litigava negli spogliatoi per dove si sarebbe dovuto andare a festeggiare, una volta tornati a casa. A San Paolo, o a Rio de Janeiro? Una continua dicotomia.

Il dubbio lo risolse per fortuna nostra Pablito Rossi, che con una tripletta al Sarria di Barcellona, manda a casa quella squadra che aveva Zico, Paulo Roberto Falcão, Júnior, Toninho Cerezo, Éder ed era allenata dal grande Telê Santana.

https://www.youtube.com/watch?v=fser8knw8Ws

 

 FIRENZE E GRAMSCI

Socrates decide di sbarcare in Italia nel 1984, e sceglie Firenze. Alla domanda del giornalista, su chi preferisse fra Mazzola e Rivera, risponde: “Non li conosco. Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio.”

Non il miglior modo per presentarsi a un popolo che da sempre ha amato di più i propri calciatori, che i propri politici o filosofi.

In realtà quello che non andò, nell’avventura del Tacco di Dio a Firenze, fu altro. Non amava i ritiri, non amava allenarsi come ci si allenava in Italia, e, come era prevedibile, non accettava molto l’autorità dell’allenatore, inoltre la squadra non accettava la sua leadership, era una rosa ancora traumatizzata dal brutto infortunio che aveva lasciato fuori per più di un anno il vero leader, Giancarlo Antognoni, e quel brasiliano che amava far tardi per bere, fumare, e parlare di politica, che con i giornalisti aveva un rapporto quasi unico, non andava a genio a tutti.

Lascerà l’Italia, con pochi rimpianti, dopo una stagione e tornerà in Brasile, per vedere rifiorire il suo paese. Ma di fatto, la sua carriera ad alti livelli finirà lì.

FRA BIRRA E SOCIALISMO

La storia d’amore fra il Dottore, e il calcio, si chiude in maniera poco gloriosa, fra Flamengo, Santos e una parentesi che ha dell’incredibile, con il Garforth Town, a quasi 20 anni dal primo ritiro.

Ha lasciato questa terra il 4 dicembre 2011, il suo altro grande vizio, l’alcool, lo ha portato via, il giorno in cui il Corinthians, grande amore della sua vita, dopo 21 anni tornava a vincere un Campionato brasiliano. Il Dottore, nell’83’ aveva espresso un desiderio: vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo.

Desiderio esaudito.

I campioni del Corinthians salutano Socrates, come lui avrebbe voluto. Con il pugno destro chiuso, e alzato verso il cielo.

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