F1 2017 – Le pagelle di fine stagione: promossi Hamilton, Vettel e la Ferrari

La stagione 2017 è andata agli archivi, con il quarto titolo mondiale in carriera di un Lewis Hamilton che si fa spazio con sempre maggiore forza tra i più grandi di sempre e una Mercedes che, con il quarto iride costruttori consecutivo, ribadisce una volta di più la sua forza. Ma è stato anche il Mondiale del ritorno alla lotta che più conta da parte della Ferrari, finalmente protagonista, con un Sebastian Vettel che, tra tanti slanci e qualche passaggio a vuoto (spesso non dovuto a proprie mancanze), è tornato a far palpitare come un tempo i cuori degli amanti del Cavallino Rampante. E’ stato il Mondiale di un Bottas al debutto su una monoposto da titolo, che per un pò crede anche nel colpaccio, e di un Raikkonen al quale è mancato l’acuto. La Red Bull, incompiuta in particolare causa propulsore Renault, ha comunque mostrato le potenzialità della sua coppia di piloti, con Verstappen che si candida a gran voce come protagonista del prossimo futuro. C’è tanto altro ancora da sottolineare, e lo andiamo a fare insieme a voi, con i nostri voti alla stagione conclusasi negli Emirati.

La gioia di Lewis Hamilton, sventolando la Union Jack all’interno dello stadio di baseball dell’Hermanos Rodriguez (foto da: motoringresearch.com)

 

LEWIS HAMILTON, VOTO 10: Come giustamente detto da Vettel nella conferenza stampa pre-Abu Dhabi, colui che vince il titolo merita il massimo dei voti. Che poi il diretto interessato si sia dato un 9, per aver vinto il 45% delle gare in programma, conta relativamente. Lewis Hamilton ha vinto un titolo, il 4° in carriera (eguagliando lo stesso Vettel nonché Prost), con una maturità mai vista prima, che gli ha consentito di spuntarla nel lungo duello con il ferrarista. Un Hamilton capace di vincere in 9 occasioni (13 i podi), con ben 11 pole position (raggiungendo e superando il record assoluto di Michael Schumacher), 7 giri record, 4 hat-trick, 3 Grand Chelem e giungendo sempre a punti, cosa riuscita soltanto ad altri due campioni del mondo, ovvero Juan Manuel Fangio (1954) e Michael Schumacher (2002). Questi numeri direi che sono emblematici della stagione vissuta dal nativo di Stevenage, pur con una dose di fortuna, nella fase cruciale della stagione, sempre importante a questi livelli. Un Hamilton, rockstar e social ai massimi livelli, che si prepara a gettare nuovamente il guanto di sfida a Vettel, stavolta nella gara a chi arriverà prima ai 5 titoli mondiali. P.S. Si dirà che Hamilton ha vinto con la vettura più competitiva del lotto. E’ vero, ma più di una volta Lewis ha dato la netta sensazione di averci messo del suo.

VALTTERI BOTTAS , VOTO 7,5: Cosa si può dire del pilota finlandese, al suo debutto in un top-team? Fino alla pausa estiva, o meglio fino alla certezza del rinnovo per il 2018, Bottas aveva fatto molto bene, sorprendendo anche, ritrovandosi in lotta per il titolo. Pietre miliari la prima pole in carriera, in Bahrain (ne seguiranno altre tre), e la prima vittoria, a Sochi (l’altra al Red Bull Ring). Con 8 podi nelle prime 11 gare, il finlandese andava in vacanza terzo in classifica, ad appena 19 punti da Hamilton e a -33 da Vettel. La situazione cambia da Spa in poi. Valtteri comincia a prenderle pesantemente nel confronto con Hamilton, soprattutto in qualifica, cominciando a faticare maledettamente in gara, tanto da poter pensare di insidiare il secondo posto di Vettel solo per i guai passati dal ferrarista e non certo per meriti propri. Le due pole di Interlagos e Yas Marina, pista sulla quale Bottas ha anche vinto, gli hanno fatto chiudere l’anno con un sorriso. La realtà, però, è che anche il 2018 sarà per lui un’annata da passare perennemente sotto esame.

MERCEDES, VOTO 10: Il dominio del team anglo-tedesco nell’era ibrida continua. Il 2017 ha regalato alla Mercedes la quarta accoppiata Piloti-Costruttori consecutiva, portando a casa 12 vittorie, 15 pole, 9 giri record, 26 podi totali e 4 doppiette. Dal combinato lavoro delle fabbriche di Brackley e di Brixwoth è venuta fuori la W08 Hybrid, monoposto fantastica, che ha fatto penare inizialmente i piloti a causa di una certa difficoltà nel settarla e nello sfruttare la giusta finestra di utilizzo degli pneumatici. Sistemate le cose, nella seconda metà di stagione, la Freccia d’Argento è tornata di prepotenza la vettura migliore, coadiuvando al meglio Hamilton nella sua corsa iridata. In più, la nuova coppia di piloti ha permesso di avere un clima molto più disteso nel box. Sinceramente, è arduo chiedere di più.

Lewis Hamilton e Valtteri Bottas, protagonisti della doppietta Mercedes a Silverstone (foto da: crash.net)

 

SEBASTIAN VETTEL, VOTO 9: Al terzo anno a Maranello, Sebastian Vettel aveva l’imperativo di cancellare il difficile 2016. E potremmo dire che ci è riuscito benissimo. Vincitore di 5 gare (come non accadeva dai tempi di Alonso, nel 2010), con 4 pole position, 13 podi totali, 5 giri record; questi i numeri del tedesco. Autore di una prima parte di stagione ai limiti della perfezione, Seb ha fatto davvero sognare i ferraristi, guidando in modo fantastico ed efficace e restando al comando fino a Monza. Il maledetto trittico asiatico ha rovinato tutto, lasciando un enorme amaro in bocca in primis allo stesso Seb. Addossargli tutte (o gran parte) le colpe per non aver vinto il mondiale, come fatto da tanti (anche addetti ai lavori), è oltremodo ingiusto, oltre che stupido. L’unico vero errore di Vettel è stato il fallo di reazione di Baku; vero, inoltre, che non sempre Seb è stato perfetto in qualifica. Ma la realtà dei fatti è che ha perso per strada qualcosa come 71 punti potenziali per problemi non dipendenti dalla sua volontà (56 dei quali solo tra Singapore e Suzuka), che avrebbero fatto tutta la differenza di questo mondo. Dei tanti momenti da inserire nel libro dei ricordi, non possono mancare i sorpassi del tedesco, su tutti quelli a Ricciardo in Cina e a Bottas in Spagna. Il 2018, senza dubbio, vedrà Vettel pronto a dare battaglia, per far avverare un sogno che sfugge ormai da più di un decennio. 

KIMI RAIKKONEN, VOTO 7: Stagione positiva, quella del finlandese, capace di essere costante e limitando al meglio, rispetto agli anni scorsi, gli errori. Con 7 podi totali, il 4° posto in classifica arriva in volata, soffiandolo a Ricciardo giusto ad Abu Dhabi. C’è anche il ritorno in pole, con un magnifico giro a Monaco. Guardando nel complesso, però, non si può negare come da Kimi ci si aspetti di più. Sono ancora troppe le gare dove si limita al compitino, mentre le grandi gare cominciano a diventare degli exploit. La vittoria ancora non arriva (anche se tra Monaco e Budapest l’occasione era ghiotta) e in qualifica, tranne poche occasioni, lo smalto dei tempi d’oro è ormai smarrito. Eppure, la Ferrari gli ha rinnovato la fiducia per un ulteriore (e probabilmente ultimo) anno. In molti hanno storto il naso, criticando la Ferrari per non saper rischiare con i piloti. La realtà è che Kimi è la spalla perfetta, al momento, di Vettel; uomo-squadra come pochissimi, talmente devoto alla causa da sacrificare una sicura vittoria per proteggere le spalle al compagno di box in lotta per il titolo. Un vero amante della Ferrari, come spesso è stato definito.

FERRARI, VOTO 8,5: Bisogna stare attenti nel valutare il 2017 della Ferrari. Soprattutto, non bisogna farsi prendere dall’emotività di quanto successo nella seconda metà di stagione. Non deve dimenticarsi da quale situazione arrivava la Rossa, dopo un 2016 deludente sotto tutti gli aspetti, continuamente sotto attacco tra voci destabilizzanti e presunte monoposto B in progettazione praticamente a Gennaio. Dopo un inverno di silenzi auto-imposti, invece, ecco che Binotto e gli uomini di Maranello fanno il miracolo. La SF70-H, a sorpresa viste le premesse, è da subito competitiva e riesce nell’impensabile, ovvero sfidare a viso aperto la corazzata Mercedes. La nuova nata di Maranello è veloce e performante praticamente in ogni condizione e su quasi ogni pista; come non si vedeva dai bei tempi, anche gli aggiornamenti, in grandissima parte, trovano riscontri positivi in pista. Nella fase decisiva della stagione, su piste dove la SF70-H era super competitiva, si verificano quegli inconvenienti tecnici che tarpano le ali al sogno. Pur nella delusione dell’esito di questa stagione, non va dimenticato quanto di buono è stato fatto, nella consapevolezza che l’anno prossimo a Maranello hanno tutta l’intenzione di riprovarci.

Uno dei punti più alti della stagione ferrarista. Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen, sul podio del Principato. Era dal 2001 che la Rossa non vinceva, con tanto di doppietta, a Monaco (foto da: FOTO STUDIO COLOMBO PER FERRARI MEDIA)

 

DANIEL RICCIARDO, VOTO 8: Non dev’essere semplice essere Daniel Ricciardo in questo momento. Pur con un talento indubbio, con tanti risultati e un ancor più consistente carica di simpatia, il rischio di ‘webberizzarsi‘ è molto alto. Le parole del front-office Red Bull, d’altronde, sono chiarissime, circa la volontà di costruire un nuovo ciclo vincente su Max Verstappen, dicendo in pratica all’australiano ‘O ti adegui o te ne puoi anche andare’. Eppure, quando le cose a Verstappen andavano male è stato lui a tenere in piedi la baracca, con la rocambolesca vittoria di Baku a spiccare, inserita in una serie di 9 podi in 12 gare tra Barcellona e Suzuka. Nelle ultime gare, una Red Bull spompata ed inaffidabile gli è costata la 4° posizione a favore di Raikkonen, ma Daniel è un pilota che merita una chance di battagliare per il titolo.

MAX VERSTAPPEN, VOTO 8,5: Se possibile, scommettiamo che l’olandese, del suo 2017, voglia ricordare solo la parte finale. Il suo indiscusso talento, infatti, gli ha fruttato le vittorie #2 e #3 in carriera, a Sepang e a Città del Messico, dove ha vinto dominando. Nettamente più performante in qualifica (14-6 il confronto con Ricciardo), Verstappen ha spesso pagato i problemi della power unit Renault (TAG-Heuer, cit.), rimediando ben sette ritiri. Max si è confermato un fenomeno in divenire, potenzialmente devastante, con manovre da spellarsi le mani. Restano i ‘ma’, riguardanti la sua esuberanza e la sua tendenza nel provocare incidenti. Quello che ancora di più dà da pensare è il lato mentale: pur quando ha torto marcio, Verstappen non chiede mai scusa, mostrando spesso e volentieri un rispetto per i colleghi che rasenta lo zero. Se vuole diventare Campione con la C maiuscola, Max dovrà lavorare molto su questo aspetto, anche se vivere in un ambiente come la Red Bull, con vicino un tipo come papà Jos, non so quanto potrà aiutare.

RED BULL, VOTO 7,5: L’intento della scuderia di Mateschitz, dal 2009 in poi, è sempre di provare a lottare per il titolo. Chiaro, poi, che bisogna guardare alla realtà e con questo propulsore Renault non si potevano fare voli pindarici. In più, come accaduto sempre da quando ha fatto il suo ingresso l’ibrido in Formula 1, il progetto della monoposto è iniziato male rispetto agli avversari, con una RB13 non all’altezza della situazione. Nel corso della stagione, ancora una volta, Newey e il suo staff sono riusciti a migliorare tanto, al punto da rendere la monoposto in determinate occasioni anche competitiva per la vittoria. L’obiettivo per il 2018, oltre alla speranza di una power unit Renault più solida e veloce, è quello di essere competitivi per la vittoria sin da Melbourne.

Gran Premio del Messico, Max Verstappen regala la terza vittoria stagionale alla Red Bull (foto da: twitter.com/F1)

 

SERGIO PEREZ, VOTO 7,5: Non ha avuto affatto vita facile Checo. Pur confermandosi pilota veloce e con grandi doti di esperienza e concretezza, il messicano ha dovuto fare i conti con una bega inaspettata, che porta il nome di Esteban Ocon. Il francesino lo ha seguito come un’ombra sin da Melbourne, portando con la sua sfrontatezza giovanile Perez più volte sull’orlo di una crisi di nervi, soprattutto in estate. Il nostro, però, ha poi saputo riordinare le idee, portando a compimento una stagione molto solida (100 punti all’attivo e 7° posto nella generale), pur mancando per la prima volta da quando corre per la Force India l’appuntamento con il podio.

ESTEBAN OCON, VOTO 8: E’ stato la sensazione del 2017. Alzi la mano chi avrebbe azzardato un Ocon così in palla sin da subito con la VJ10, capace di mettere alle corde un pilota smaliziato e veloce come Perez, mettendo in pista insospettabili doti e velocistiche e di costanza che lo hanno portato ad arrivare al traguardo 19 volte su 20 e a punti ben 18 volte, con Barcellona e Città del Messico come acuti più importanti (5°). Alle spalle di Verstappen (almeno come interessamento mediatico) c’è sicuramente lui e, da pilota del vivaio Mercedes qual’è, se dovesse confermarsi su questi livelli, migliorando se possibile, per lui potrebbero aprirsi a breve le porte di Brackley.

FORCE INDIA, VOTO 9: Cos’altro aggiungere su questa scuderia? Per il secondo anno di fila, e ancora più in scioltezza rispetto al 2016, con tanto di record storico di punti (187), la Force India si è confermata al 4° posto nei Costruttori, realtà ormai consolidata della Formula 1 nonostante un proprietario ormai braccato in tutto il mondo dalla polizia del suo paese e una situazione finanziaria tutt’altro che positiva, tanto da porre il team all’ultimo posto come investimenti. E’ mancato solo il podio in questo 2017, che ha visto l’ormai famosa Pink Car giungere a punti sempre tranne che a Monaco, e per ben 16 volte con entrambe le monoposto. Le grane maggiori, per Fernley e compagnia, sono arrivate proprio dalla coppia di piloti, protagonista di svariati ruota a ruota (a volte, come a Baku e a Spa, estremamente rischiosi), tanto da spingere i vertici del team ad usare il pugno duro. Ma con una coppia così, sotto sotto è lecito pensare che a Silverstone siano contenti di cosa si trovino per le mani.

Esteban Ocon e Sergio Perez, trascinatori di una Force India sempre più realtà della Formula 1 (foto da: wtf1.com)

 

FELIPE MASSA, VOTO 6,5: Potremmo definirlo quasi come ‘il pensionato più veloce del mondo’. Tornato in pista dopo il ritiro più breve di sempre nella storia di questo sport, il buon Felipe ha disputato comunque una stagione discreta, spesso e volentieri ben più veloce e consistente del proprio compagno di box. Concludere la propria carriera arrivando a punti 13 volte su 17 gare completate (6° in Australia e Bahrain come migliori risultati) non è affatto da buttare, anche se la sensazione diffusa (non limitata a questo 2017) era che chiaramente il meglio di Felipe fosse ampiamente alle spalle. Ciò detto, non potrà non mancare un personaggio come lui nel paddock.

LANCE STROLL, VOTO 6: E’ stata una stagione vissuta sulle montagne russe, quella del rookie canadese. Da una parte abbiamo i 40 punti racimolati durante l’anno, frutto in particolare di exploit come il podio di Baku (rookie più giovane di sempre a riuscirci); senza contare quanto fatto nelle qualifiche di Monza dove, mostrando un’ottima abilità sul bagnato e grazie agli arretramenti delle Red Bull, è diventato il più giovane in assoluto a scattare dalla prima fila. Dall’altra parte, però, Stroll ha mostrato una guida nella maggior parte dei casi ancora acerba, estremamente nervosa (gli onboard sono emblematici), colma di tanti piccoli errori. Nel confronto con Massa, poi, il canadese è spesso stato molto più lento, soprattutto sul giro singolo. Discussioni sul papà a parte (che comunque fa il bello ed il cattivo tempo), sembra chiaro come a Lance avrebbe giovato molto di più almeno un anno di apprendistato in Formula 2, per poi fare il salto l’anno prossimo.

WILLIAMS, VOTO 5,5: Stagione sicuramente non all’altezza del nome e della storia del team di Didcot, con una regressione tecnica che, a partire dal 2015, per adesso non si è arrestata. L’approdo di Paddy Lowe, per il momento, non ha portato miglioramenti, con una FW40 che si porta dietro gli ormai cronici problemi nel generare carico e, di conseguenza, nello sfruttare al meglio gli pneumatici. Il 5° posto Costruttori non è male alla fin fine; ma giungere a 104 punti dalla Force India, con uno squilibrio di forza economica come quello presente a vantaggio della Williams, non può non indurre ad una seria riflessione.

Il sorriso di Lance Stroll, dopo il primo podio in carriera in quel di Baku (foto da: facebook.com/WilliamsF1Team)

 

 

NICO HULKENBERG, VOTO 7: Pilota incompiuto ormai per antonomasia, almeno ai livelli più alti, il buon Nico ha comunque fatto ampiamente il suo dovere, al volante di una R.S.17 spesso e volentieri molto veloce in qualifica, ma a tratti inadeguata nella gestione degli pneumatici in gara. Il tedesco, quando possibile, è sempre giunto a punti, non mancando quasi mai l’occasione, togliendosi anche la soddisfazione di regalare il 6° posto al team con l’omonimo piazzamento a Yas Marina. Con 135 gare senza podio, Hulkenberg è il pilota con più gare all’attivo a non aver mai visto la top-3. Questa è una statistica fastidiosa che il nostro proverà assolutamente a cancellare nel 2018, sperando in una Renault più competitiva.

JOLYON PALMER, VOTO 5: La sua conferma aveva destato molte perplessità nell’ambiente a fine 2016. E la stagione appena conclusa non ha fatto altro che confermare i dubbi sulla consistenza del figlio di Jonathan. Sempre dietro a Hulkenberg, l’inglese è stato alla fine lasciato a piedi dopo il Gran Premio del Giappone. Il 6° posto di Singapore, suo miglior piazzamento di sempre, è stato il classico tentativo riparatore giunto a buoi abbondantemente scappati dalla stalla.

CARLOS SAINZ, VOTO 7: Come e più che con Hulkenberg, l’acquisto dello spagnolo, il cui arrivo è stato anticipato alle ultime quattro gare del 2017, si pone come mossa che promette di regalare grossi dividendi nel prossimo futuro. Messosi ampiamente in luce già con la Toro Rosso (9 arrivi a punti su 10 gare concluse, tra cui lo spettacolare 4° posto a Marina Bay), pur evidenziando la tendenza a strafare a volte, Sainz si è inserito benissimo da subito all’interno del box Renault, al punto da riuscire a mettersi al livello del compagno di box immediatamente. Ottimo al debutto in giallo-nero (7° ad Austin), Carlos ha poi pagato i problemi della Renault nelle ultime uscite. Ciò non toglie che questa stagione lo abbia ormai consacrato.

RENAULT, VOTO 6,5 (MOTORISTA 4,5): Bisogna scindere l’annata della Renault in due parti, come team e come motorista. Sotto il primo aspetto, alla prima vera stagione dopo l’arrabattato 2016, ad Enstone hanno mostrato segnali incoraggianti, con una R.S.17 veloce anche se ancora in affanno nella gestione delle Pirelli. Il sorpasso all’ultima gara sulla Toro Rosso e, in particolare, il tanto chiacchierato approdo di Marcin Budkowski direttamente dalla FIA, inducono a guardare con positività al futuro. C’è, però, il rovescio della medaglia, e riguarda la power unit. Se da un lato è indubbio che, a livello di potenza, la Renault sia riuscita a recuperare qualcosa, sotto l’aspetto dell’affidabilità la seconda metà di 2017 ha fatto scattare l’allarme rosso a Viry-Chatillon. Con un 2018 da appena tre power unit in 21 gare, infatti, la moria clamorosa in particolare di MGU-H vissuta nelle ultime gare non lascerà dormire sonni tranquilli nè alla Renault né ai team clienti (Red Bull in primis).

Il muretto Renault festeggia il 6° posto di Nico Hulkenberg, utile per superare la Toro Rosso in classifica Costruttori (foto da: twitter.com)

 

DANIIL KVYAT, VOTO 5: Defenestrato in malo modo, e per la seconda volta, da Mamma Red Bull, Daniil Kvyat ha vissuto un 2017 davvero difficile, conclusosi con l’appiedamento definitivo avvenuto dopo il 10° posto di Austin. Non dev’essere stato per nulla semplice per il russo convivere in un ambiente del genere, anche se, ad essere onesti, Daniil non ha fatto faville durante l’anno, anzi. Perennemente dietro Sainz (ad eccezione di Monza), l’ex Red Bull ha anche commesso non pochi errori. Ciò detto, non si può negare come, ad ora, Kvyat sia l’ennesimo pilota bruciato da quel tritacarne che è il sistema Red Bull.

PIERRE GASLY, VOTO 6: Il Campione GP2 2016 aveva cominciato il 2017 con la delusione della mancata nomina a pilota Toro Rosso, proprio in favore di Kvyat. Consapevole comunque di avere un posto assicurato nel 2018, il giovane transalpino si è trovato al volante della STR12 a partire da Sepang e, da lì in avanti (ad eccezione di Austin a causa del viaggio a vuoto di Suzuka per il finale della Super Formula), fino alla fine. Nessun punto per lui, ma c’è da dire che Gasly si è ritrovato per le mani una monoposto ormai lenta, soprattutto a causa delle power unit Renault depotenziate, non facendo comunque nessun danno. Ogni giudizio, quindi, è bene rimandarlo all’anno venturo.

BRENDON HARTLEY, s.v.: Discorso pressochè identico per il neozelandese, presenza a sorpresa del finale di stagione, prima part-time poi addirittura confermato per il 2018. Protagonista indiscusso nell’Endurance, con due titoli iridati (2015 e 2017) e vincitore a Le Mans (2017), Hartley ha avuto una dose di sfiga eccessiva, partendo sempre dal fondo in ogni gara, sempre per colpa di sostituzioni di elementi della power unit, finendo ritirato in due occasioni, ancora con il posteriore della sua monoposto in fumo. Chiaro come tutto ciò non gli abbia per nulla permesso di mostrare alcunché.

TORO ROSSO, VOTO 6: Stagione a due volti, quella della scuderia di Faenza, che ha perso un importante 6° posto nei Costruttori proprio all’ultimo tuffo, per soli 4 punti. Fino a Singapore, la Toro Rosso, grazie all’ottimo binomio formato dalla buona STR12 e da Sainz, era di certo tra le note liete della stagione, stazionando con merito al 6° posto e, con un Kvyat più incisivo, probabilmente avrebbe potuto avere anche velleità di insidiare la Williams. Nelle ultime 6 gare, però, la situazione è diventata disastrosa. L’addio anticipato di Sainz e l’appiedamento di Kvyat, con l’arrivo di due piloti inesperti come Gasly e Hartley, ha complicato non poco il settore piloti. L’inaffidabilità imbarazzante delle power unit francesi ha fatto il resto, al punto che, nelle ultime gare, non sono mancati gli scambi d’accuse, anche molto accesi e diretti, tra Tost ed Abiteboul. Nel 2018 la Toro Rosso passerà a Honda e, per la prima volta nella sua storia, si troverà ad essere fornita in esclusiva da un motorista. Un’occasione da non perdere per entrambe le parti.

Brendon Hartley e Pierre Gasly i piloti titolari della Toro Rosso nel 2018 (foto da: franceracing.fr)

 

ROMAIN GROSJEAN, VOTO 6,5: Annata di alti e bassi per il francese nativo di Ginevra, con ottime prestazioni alternate ad errori anche pesanti vista la sua esperienza, oltre agli immancabili team radio, divenuti ormai una costante nel paddock, tanto da affibbiargli la nomea di pilota particolarmente lamentoso nei riguardi della squadra. Dopo una prima metà di campionato a tratti molto convincente, avente il suo apice nel 6° posto del Red Bull Ring, Romain si perde un pò nella seconda parte, prendendo a volte anche paga dal compagno di box. Stesso andamento anche per le qualifiche, dove raccoglie 5 top-10 nella prima fase (due volte in terza fila in Australia ed Austria), mentre è molto più in affanno da Spa in poi.

KEVIN MAGNUSSEN, VOTO 6: La sufficienza, il pilota danese, la merita per il discreto bottino di punti (19) che raccoglie durante l’anno (top il 7° posto di Baku, di gran lunga la sua gara migliore), regalando alla Haas una consistenza ben maggiore rispetto all’anonimo Gutierrez (non che ci volesse molto…). Il buon Kevin ha regalato spesso una buona dose di spettacolo, con sorpassi e duelli nemmeno banali. Una gran grinta messa in pista, che però spesso e volentieri è sfociata nell’errore e negli improperi da parte dei rivali. Ecco, diciamo che al momento il danese sta simpatico a ben pochi colleghi nel paddock. Il “Suck my b***s, honey“, rifilato a bruciapelo a Hulkenberg nel ring delle interviste post Budapest è già entrato di diritto nella storia dell’ignoranza (nel senso corrente su molte pagine social) made in Formula 1.

HAAS, VOTO 6,5: Confermarsi dopo una buona stagione d’esordio non è mai semplice. La Haas, rispetto al 2016, ha migliorato il proprio bottino di punti (47 a 29) ma non la posizione finale, chiudendo sempre all’8° posto. Nel team di Gene Haas c’è tanto impegno e voglia d’imparare, ma l’inesperienza, soprattutto con una VF-17 spesso molto difficile da settare nel modo giusto, non ha aiutato. Se a ciò aggiungiamo i frequenti svarioni dei piloti, ecco che si materializza la sensazione di un’annata che poteva regalare qualche soddisfazione in più.

Con 28 punti all’attivo, Romain Grosjean (in foto al Montmelò) ha chiuso la stagione al 13.esimo posto (foto da: f1only.fr)

 

FERNANDO ALONSO, VOTO 8: Un vero leone, che combatte sempre e comunque, sfoderando gli artigli quando la monoposto gliel’ha consentito. Anche il 2017, anno III (ed ultimo) della coppia McLaren-Honda 2.0, si è rivelato un vero disastro per l’asturiano, che ha collezionato rospi da ingoiare in serie, regalandoci ancora perle ai team radio. Penserete che il voto sia troppo alto per il buon Nando, a punti in 5 occasioni (miglior risultato il 6° posto di Budapest) per appena 17 punti ed un misero 15° posto in classifica. Alonso ha anche cercato conforto altrove, dando spettacolo in una comunque sfortunata partecipazione alla 500 Miglia d’Indianapolis. Avrebbe potuto mollare tutto, il due volte campione del mondo. E invece no, ha continuato a dare tutto fino all’ultimo, scegliendo di restare ancora in McLaren, sperando che l’arrivo dei propulsori Renault riporti tutto il team in alto. Non dimenticando la sua volontà di coronare un sogno chiamato Triple Crown, già di per sé meritevole di tanti applausi. P.S. Nella serata di ieri, Alonso è stato ufficialmente inserito nella FIA Hall of Fame. Come chiudere un anno difficile con il sorriso.

STOFFEL VANDOORNE, VOTO 6,5: Non è facile decifrare la stagione della promessa belga. Stretto tra l’inaffidabilità della sua MCL32 e l’ingombranza di un compagno di box del calibro di Alonso, il nativo di Courtrai ha faticato non poco nel mettersi in luce, in particolare nella prima parte di stagione. La fase centrale è stata positiva, culminante con i due 7° posti in fila di Singapore e Sepang, che per qualche gara l’avevano anche piazzato davanti allo spagnolo in classifica. Le ultime gare, però, hanno visto un Vandoorne nuovamente in affanno, spesso colpito dalle penalità in griglia. Per farci un’idea compiuta su Stoffel, penso sia meglio attendere la prossima stagione.

MCLAREN, VOTO 5,5 (HONDA, VOTO 3): Finalmente è finita. La collaborazione tra il team di Woking e il motorista nipponico, fallimentare su tutta la linea, termina a fine 2017, per dare il via alla partnership con la Renault. Con 46 punti in meno rispetto al 2016, solo i tre piazzamenti nella top-10 di Alonso nelle ultime tre gare hanno permesso alla McLaren di fare un pelo meglio dell’orripilante 2015. Il team inglese ha pagato la pochezza irritante della power unit Honda, scarsa sia come prestazioni che come affidabilità; cosa inammissibile per un progetto oramai quadriennale. La monoposto, dal punto di vista telaistico, ha mostrato di essere valida, fornendo buone prestazioni soprattutto in circuiti dove la power unit non era preponderante. Una McLaren competitiva non può che far bene alla Formula 1, sperando in un 2018 migliore. Per la Honda, invece, si riparte più in basso, con la Toro Rosso. Vedremo cosa ne verrà fuori.

Fernando Alonso, sempre combattivo nonostante una monoposto, la McLaren.Honda, non proprio all’altezza della situazione (foto da: thecheckeredflag.co.uk)

 

PASCAL WEHRLEIN, VOTO 6,5: Una stagione amara per il pilota tedesco, cominciata già con la doppia bocciatura prima in Mercedes a favore di Bottas poi in Force India, con il team anglo-indiano a preferirgli Ocon per ‘problematiche emerse nel rapporto con gli uomini del team’, oltre all’infortunio fastidiosissimo rimediato nella Race of Champions di Miami. Nonostante queste mazzate, Wehrlein ce l’ha messa tutta, riuscendo anche nell’impresa di arrivare due volte a punti con la C36, splendido 8° a Barcellona e 10° a Baku. Con il prosieguo del campionato, la competitività sempre più scarsa della Sauber ha ovviamente influito sul suo rendimento, tanto che qualche volta Ericsson è riuscito a stargli davanti, sia al sabato che la domenica. Dulcis in fundo, l’appiedamento in favore di Leclerc.

MARCUS ERICSSON, VOTO 5: Aurea Mediocritas, citando Orazio. Sinceramente, non potrebbe essere definito diversamente il 2017 del pilota svedese. Pur se mostra qualche miglioramento, fallisce per il secondo anno consecutivo la conquista di almeno un punto iridato, cogliendo due 11.esimi posti come migliori piazzamenti. La conferma anche nella nuova veste del team elvetico, con l’approdo dell’Alfa Romeo, dovrebbe spiegare una volta per tutte il perchè continui a restare su quel sedile. Ha le spalle protette il ragazzo.

SAUBER, VOTO 5: Stagione a dir poco complicata per il team di Hinwil, come nelle previsioni della vigilia d’altronde. Si sapeva che con il propulsore Ferrari 2016 e con una situazione generale non molto rosea (nonostante gli sforzi di Longbow Finance) l’annata sarebbe stata difficile, in particolare a partire da metà campionato in poi. In effetti, all’inizio c’è qualche exploit, grazie a Wehrlein; poi la situazione velocemente è precipitata, con le due C36 che, al netto delle penalità che hanno colpito altri team, sono sempre state relegate sul fondo della griglia, molto staccate. Con l’arrivo di Furbatto, però, nelle ultime gare qualche spiraglio di sereno si è fatto strada, e la speranza è quella di rivedere una Sauber il prossimo anno in posizioni più consone alla sua storia.

Pascal Wehrlein, durante il felice weekend del Montmelò, dove ha ottenuto il miglior risultato in carriera, 8°
(foto da: sauberf1team.com)

 

ANTONIO GIOVINAZZI, JENSON BUTTON, PAUL DI RESTA, S.V.: Presenza fugace, chi più e chi meno, in questa stagione. Il nostro Giovi, pur presente in gran parte degli appuntamenti come terzo pilota, disputa le prime due gare in Sauber. A Melbourne viene letteralmente catapultato sulla C36 dopo il forfait di Wehrlein, non sfigurando; in Cina, però, due errori in fotocopia mostrano una volta di più quanto labile sia il confine tra gioia e delusione. Anche Button, in pista a Monaco al posto di Alonso, impegnato ad Indianapolis, incrocia la strada con Wehrlein, spedito di lato dall’inglese contro le barriere in uscita dal Portier. Presenza simpatica (e nostalgica) come il Campione 2009 quella di Paul Di Resta, che in poche ore a Budapest passa dal microfono dell’opinionista al volante della Williams. Nonostante la situazione paradossale, Paul non sfigura nemmeno chissà quanto, ma tutta l’avventura resta un effimero tutto nel passato.

 

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