Tempi di bilanci in casa nerazzurra. L’eliminazione in Champions League dopo 6 punti in 2 partite è uno smacco troppo grande per essere affrontato con superficialità. E non basta sottolineare che la serata storta dell’Inter nasca da una autentica follia di Asamoah, che perde una palla sanguinosa e regala il vantaggio agli olandesi. Il flop Champions parte da lontano e per capire le cause di questo disastro bisogna partire da lontano. Molto lontano.
ASPETTATIVE
La qualificazione negli ultimi minuti contro la Lazio l’anno scorso e un mercato senza dubbio importante hanno fatto credere ai nerazzurri di poter essere competitivi fin da subito.
E in questo clima di entusiasmo generale si sono inseriti i quotidiani sportivi e i giornalisti, che dopo le prime due vittorie nel girone (all’ultimo respiro contro il Tottenham e soffertissima contro il Psv) hanno iniziato una campagna di lodi e complimenti alla coesione e all’esperienza di un gruppo che, in fin dei conti, si affacciava quasi per la prima volta in un palcoscenico del genere.
ESPERIENZA
La Champions League è un torneo, non è un campionato. Servono energie mentali, passione, orgoglio, sentimento. E soprattutto esperienza. La maggior parte dei calciatori dell’Inter si affacciavano quasi per la prima volta in questa competizione e si è visto. Fragilità mentale, disordine tecnico, inconcludenza. Dopo il gol del Psv, l’Inter ha perso tutte le certezze e ha iniziato una gara fatta di rincorse sterili, palloni lanciati a caso, passaggi sbagliati. A testimonianza di un gruppo che non è ancora pronto per giocare partite da dentro o fuori.
ALLENATORE
La mancata qualificazione non è solo colpa dei giocatori ma anche e soprattutto di Spalletti. Non è riuscito a lavorare sui giocatori a livello mentale e ha trasmesso loro le stesse insicurezze che, qualche anno fa, trasferiva ai giocatori della Roma. Dicembre per lui è un mese nero. Basti pensare al tonfo di Bergamo, alla sconfitta bruciante di Londra, al pareggio beffa dell’Olimpico contro la Roma, alla sconfitta contro la Juventus dello scorso week end.
Tutte queste sconfitte non possono essere un caso. Cambi sbagliati, scelte discutibili, improvvisazione. Da quasi un mese Spalletti non riesce a caricare i suoi giocatori e anziché prendere di petto la situazione preferisce sciorinare scuse, scusanti e giustificazioni. In nessuna intervista ha ammesso le sue colpe, sembra che l’Inter perda entusiasmo e certezze per colpa di qualche fenomeno paranormale che aleggia nell’aria di Milano. I social, dopo il pareggio incriminato, si sono scagliati contro Spalletti e ora la sua panchina inizia davvero a traballare.
PERISIC
Anche ieri sera, fra i peggiori in campo. Ormai la sua parabola più che discendente sembra proprio in caduta libera. A un certo punto della partita, si è messo addirittura a fare il terzino. Non riesce più a saltare l’uomo, non riesce a innescare Icardi, non crea la superiorità numerica necessaria per fare male all’avversario. Se al Mondiale sembrava un top-player, ora sembra un giocatore normale, fin troppo normale. La sua presenza in campo è più utile in fase difensiva che in fase offensiva.
Qualsiasi altro allenatore avrebbe iniziato a metterlo in panchina, Spalletti invece continua a farlo giocare e anziché recuperare la forma fisica e la brillantezza continua a fargli spendere energie in corse inutili e soprattutto sterili. La rinascita dell’Inter parte senza dubbio dalla risoluzione di questo equivoco tattico che si sta protraendo ormai da troppi mesi.
ATTACCO
6 partite di Champions League. 6 reti. 4 segnate da Icardi, 2 da Vecino e Nainggolan. Troppo poco per superare il turno ed entrare nelle migliori 16 squadre d’Europa. È evidente che per essere competitivi serva qualcosa in più. Si chiama Coppa dei Campioni e non puoi permetterti di segnare con un solo giocatore. Capello, a fine gara, ha fatto emergere proprio questo.
All’Inter mancano alternative là davanti, Perisic è fuori ruolo, l’unico davvero in grado di fare la differenza è Matteo Politano. È lui l’anima dell’Inter al momento, tutti i palloni pericolosi passano dai suoi piedi. Ma è evidente che per superare un girone di Champions serve qualcosa in più.
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