Un vero e proprio scandalo potrebbe coinvolgere Hamed e Amad Traorè, i due “fratelli”, promesse della nostra Serie A, che giocano rispettivamente per Sassuolo e Atalanta. La Procura di Parma ha infatti avviato un procedimento per “falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” nel quale sarebbero rimaste coinvolte cinque persone di nazionalità ivoriana: il cinquantaseienne Bly Blaise Tehe, la quarantunenne Marina Edwige Carine Teher (dipendente dell’Atalanta, squadra nella quale gioca Amad), il quarantaduenne Zadi Gildas Abdou, la trentanovenne Larissa Ghislaine Teher e il quarantacinquenne Hamed Mamadou Traorè: quest’ultimo avrebbe fatto da “prestanome” fingendosi padre dei due ragazzi per favorirne l’approdo in Italia (attraverso ricongiungimento familiare) e, dunque, l’ingaggio come calciatori professionisti. Le due società sono state giudicate estranee ai fatti, mentre i due ragazzi sono stati ascoltati in Procura come persone informate sui fatti.
Hamed e Amad Traorè: da dove nasce l’inchiesta sulla falsa identità
L’inchiesta della Procura di Parma, che rischia ora di costare ai fratelli Traorè una lunga squalifica qualora venisse accertata la loro falsa identità, è scaturita dalle dichiarazioni di Giovanni Damiano Drago, arrestato insieme ad altri due complici nell’ambito dell’operazione “Piccoli elefanti”, (dicembre 2017). Drago ha dichiarato alla Procura che “Bly Blaise Teher, coimputato nello stesso processo, oltre ai falsi ricongiungimenti familiari già contestatigli tra il 2014 e il 2015, con la complicità di altri suoi due connazionali, avrebbe favorito l’ingresso irregolare di altre cinque giovanissime promesse del calcio ivoriano, alcune delle quali sarebbero state ingaggiate da società di calcio professionistico”.
Tra questi anche Amad e Hamed Traorè, approdati in Italia nel 2014, dopo che Hamed Mamadou Traorè e Marina Edwige Carine Teher ne avevano ottenuto il ricongiungimento in qualità di “genitori. I due, come spiega la Procura, sono stati “immediatamente avviati all’attività calcistica”, insieme ad altri tre giovani calciatori, “figli” degli altri coimputati.
Il “precedente” Eriberto
Non è la prima volta che in Serie A accade un caso simile. Ne sa qualcosa Eriberto, al secolo Luciano, ex ala destra del Chievo di Del Neri. Il brasiliano, nato a Rio il 3 dicembre del 1975, si era procurato in Patria un passaporto falso da cui risultava che avesse quattro anni in meno, così da poter entrare nella squadra del Palmeiras dopo aver fallito in precedenza quattro provini a causa della sua età “avanzata”.
Luciano rivela la sua vera identità solo nel 2002, mentre milita nelle file del Chievo. Dopo aver rischiato il carcere, il tribunale sportivo gli commina sei mesi di squalifica e 160.000 euro di multa: toccherà la stessa sorte ai “fratelli” Traorè? Non resta che seguire gli sviluppi della vicenda per capirlo.
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