Avremmo potuto consolarci, al termine del più terrificante capitolo della storia della nostra Italia, pensando che dopo il più profondo buio, ci sarà sempre la luce più splendente, ma la verità, in fondo, la conosciamo tutti.
Domani ci sveglieremo e conosceremo già ogni singola parola scritta in un giornale, ogni singola frase pronunciata da qualche imparrucato opinionista televisivo improvvisato, sentiremo degli schemi tattici imbarazzanti, delle esclusioni eccellenti, del 3-5-2, 4-3-3, 4-2-4, forse qualcuno farà il nome di Balotelli (dopo averlo seppellito letteralmente di assurdità prima e di indifferenza dopo), qualcun altro di Insigne, come se un calciatore in più o in meno avesse fatto la differenza, in un naufragio annunciato, che scaturisce da ragioni profonde e antiche come questo paese, ma sappiamo già che sabato tutto sarà passato.
C’è un campionato da continuare, 20 squadre che dovranno pur sfamare le TV, che di show vivono, e si sa… show must go on.
Nessuno ricorderà questa sconfitta per quello che è, per le profonde radici che ha, avremo eliminato il ramo cadente, l’ennesimo capro espiatorio, che questa volta si chiama Ventura, ma altre volte ha preso le sembianze di Donadoni, o Prandelli, e la giostra ricomincerà.
Che peccato, perché questa potrebbe essere una grande occasione. Adesso abbiamo tempo per programmare, analizzare, e soprattutto agire. Possiamo anche far finta che il problema dell’Italia siano i numeri, i cross lanciati verso l’area, i centimetri che separano un gol da un tiro sbagliato, ma è inutile nasconderci dietro un dito.
Calcisticamente siamo arretrati, non è solo un discorso di stadi, ma di infrastrutture fisiche ed etiche. Non solo non abbiamo avuto un ricambio generazionale dopo la grande generazione degli anni 70-80, non siamo stati bravi a ricrearlo, a foraggiarlo, indaffarati com’eravamo a star appresso alle polemiche, ai salottini, agli scandali da rotocalchi settimanali, ad ingrossare le tasche dei padroni del calcio, mentre i piccoli club di provincia (quelli che la storia della nostra nazionale l’hanno sempre fatta) piangono da tempo e chiedono disperatamente aiuto.
O forse ci dimentichiamo che Fabio Grosso, il principale eroe di Berlino 2006, giocava nel Palermo? Che se dici Paolo Rossi, devi per forza pensare al Lanerossi Vicenza? Che non ci sarebbero stati Buffon, Cannavaro e chissà quanti altri campioni senza la piccola Parma?
Siamo arretrati, così arretrati, da far eleggere e rieleggere Carlo Tavecchio come presidente della FIGC, così arretrati da credere che un allenatore con una bella storia di provincia, qualche problema caratteriale, e tante lacune tattiche, possa spingere una nazionale ai minimi storici di fronte a colossi che invece stanno crescendo di giorno in giorno.
Perché siamo abituati a social-izzare, a scrivere che gli inglesi si…l’avranno pure inventato il calcio, ma contro di noi perdono sempre, senza accorgerci che hanno vinto, o sono arrivati in finale, in tutte le ultime competizioni a livello giovanile.
Siamo abituati a prendere in giro i tedeschi, che si… saranno forti, ma contro di noi perdono sempre, senza accorgerci che ci hanno surclassato, come movimento calcistico, come organizzazione (non una novità) e addirittura come qualità di gioco.
Per non parlare degli spagnoli eh. Quante sberle dovremo prendere da quegli antipatici spagnoli, sempre con la palla al piede, sempre così organizzati, sempre così guardiolisti e noiosi, pochi attenti alle marcature a uomo, prima di capire che forse, se una nazionale come la Spagna è passata dal vincere zero, al vincere tutto, un motivo ci sarà?
Guardando il fallimento di questa nazionale, forse, bisogna farsi tutti un esame di coscienza. Noi tifosi, noi analisti, noi giornalisti, in campo non scendiamo ma influenziamo giornalmente l’aria che tutti respirano, compresi i dirigenti, i primi colpevoli, compresi gli allenatori, compresi i calciatori.
Dubito che lo sarà, ma vorrei tanto che fosse l’anno zero per gli Azzurri. Che si cominciasse a mettere in discussione Tavecchio, e le sue dubbie frequentazioni (Lotito), che si cominciasse a parlare di riforma del settore giovanile, perché forse le nostre Primavere non diventeranno mai floride se non vengono inserite in contesti migliori, perché forse le nostre categorie inferiori, così terribilmente incasinate, al limite del cervellotico, dovrebbero accogliere i nostri ragazzi, piuttosto che fungere da cimitero degli elefanti, che si cominciasse a parlare di fatti, concreti, di programmazione, di attese forse, ma di sviluppo vero.
Non di semplici esoneri, pagelline di fine anno, e poi tutti a casa. Altrimenti rischieremo di ritrovarci forse già fra due anni, a parlare di un Europeo non giocato, e poi la non qualificazione dell’Italia diventerà la normalità, quando invece non lo è, e non lo sarà mai.
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