Roma, caso Totti-Spalletti: denigrata anche l’ultima Bandiera

tottiNegli ultimi giorni è scoppiato il caso Francesco Totti a Roma, inaspettato, inatteso, ma la parola giusta sarebbe impensabile. Perché mai nessuno avrebbe potuto credere nella possibilità che il capitano potesse diventare un problema. Tra romanticismo e realtà, un filo sottile che difficilmente può essere tagliato dai meandri di un calcio divorato dall’economia.

Ma andiamo con ordine. Non poteva iniziare meglio di così la stagione di Totti, che aveva festeggiato il gol numero 300 con la maglia giallorossa con Rudi Garçia in panchina. Il rapporto con il tecnico francese è sempre stato pieno di empatia. Qualche infortunio aveva rallentato il capitano, che aveva provato a dare il suo supporto morale alla squadra nel momento di maggiore difficoltà con la sua leadership nello spogliatoio.

L’addio di Garçia e il ritorno di Luciano Spalletti avevano portato ad una clamorosa rottura tra il tecnico toscano e Totti, quasi mai preso in considerazione. Troppo pochi i minuti giocati sotto la guida del vecchio maestro. Troppo umiliante sentire sempre le stesse spiegazioni alla stampa, quasi come se fosse un peso per la squadra, un lusso che la Roma non può permettersi, nonostante fino alla scorsa stagione fosse il faro della squadra.

Impossibile non sfogarsi, impossibile non dire la sua ai giornalisti, con tanto di velato accenno ad un addio anticipato, ma non al calcio giocato, solo alla sua squadra del cuore, che non aveva lasciato nemmeno di fronte alle offerte di Milan e Real Madrid, tra le altre, con le quali avrebbe vinto sicuramente di più, sia a livello personale, sia a livello di squadra. Non l’ha presa certamente bene Spalletti, che ha allontanato il capitano dall’allenamento di Trigoria durante la preparazione della sfida, poi vinta, contro il Palermo. Ma è proprio contro i siciliani che è successo l’impensabile.

Il caso è sembrato rientrare con la presenza di Totti allo Stadio Olimpico. Il pubblico non si è nascosto, inneggiando con cori e applausi al proprio capitano e con qualche fischio, anche se pochi, a Spalletti. Non è riuscito a nascondere tutta la propria commozione, perché Totti è prima un uomo, poi un ‘semplice’, se si può dire così, giocatore, dopo questa dimostrazione di affetto, stima e riconoscenza. 

Il suo nome sarà sempre ricordato come quello di una leggenda del calcio. Ha scritto la storia della Roma e del calcio italiano, ma Totti è molto più di questo. E’ l’ultima bandiera rimasta, l’ultimo simbolo di una città intera. E’ l’ottavo di Re di Roma, Er Pupone, colui che ha riportato il club giallorosso a vincere uno Scudetto, nel 2000-2001, dopo anni di anonimato. Ma anche uno dei protagonisti assoluti del Mondiale vinto dall’Italia in Germania nell’ormai sempre più lontano 2006. 

Dando uno sguardo a Wikipedia, la carriera di Totti è semplicemente da record, una leggenda che risuonerà nel corso dei secoli, un’eco che rimbomberà in generazione in generazione. Perché il Capitano, uno dei pochi che si possono soprannominare con la C in maiuscolo, è l’emblema della romanità, vissuta a colpi di record. Ben 300 gol in 749 presenze ufficiali in tutte le competizioni, di cui 244 gol in 593 presenze in Serie A, che lo rendono il secondo marcatore di sempre nella storia della massima competizione italiana, nonché il più grande marcatore vivente del calcio italiano. Ma anche una Scarpa d’Oro nel 2007, uno dei pochi italiani a ricevere un premio così prestigioso. 

La storia del calcio insegna che più volte le bandiere sono state ‘ammainate’ con polemiche e denigrazione, quasi come se fossero state frammentate per apporre una pietra miliare al passato, così da poter costruire il futuro senza il peso di ombre troppo ingombranti. 

Solo per ricordare qualche caso illustre, Paolo Maldini aveva appeso le scarpette al chiodo con i fischi della Curva Sud dello Stadio San Siro, lasciandosi non certo bene con il Milan. Ma anche Alessandro Del Piero, quasi cacciato dalla Juventus senza troppa esitazione, ma omaggiato dalla standing ovation del pubblico dello Stadium. Solo tanti applausi e lacrime per l’addio di Steven Gerrard al Liverpool e Xavi al Barcellona, che non erano riusciti a convincerlo a restare ancora nelle rispettive squadre. Separazioni impensabili quelle di Iker Casillas e Raul Gonzalez Blanco dal Real Madrid, ma anche quella di Frank Lampard dal Chelsea ha lasciato molto amaro in bocca. 

Ormai, ci si ricorda solo di Giampiero Boniperti e Javier Zanetti come capitani ritirati dal calcio giocato in armonia. Il primo ha spirato l’ultimo sospiro sempre da emblema della Juventus. Il secondo è oggi il vice presidente dell’Inter

Casi unici, casi eccezionali, si potrebbe dire. Perché con Totti anche l’ultima bandiera della vecchia generazione verrebbe meno. Una generazione che viveva prima su valori morali, valori etici, poi su tutto il resto. Valori che sono andati perduti in questo nuovo calcio, forse più spettacolare, ma anche più apatico e mercerizzato, svuotato della sua metafora di vita vera, vita vissuta, vita conquistata e difesa a forza di sacrifici e grandi imprese, più forti di qualsiasi difficoltà. 

Il possibile addio di Totti porterebbe alla scissione di quella simbiosi tra corpo e cuore, tra mente e spirito. Una simbiosi che viveva sulla necessità di difendere la propria maglia, esaltare e portare prestigio alla propria città. 

Il caso Totti e la diatriba con Spalletti è l’ennesima dimostrazione della capacità del calcio di oggi di dimenticare la storia, denigrarla e umiliarla. E’ l’ennesima conferma di mancanza di rispetto, perché la bandiera è l’ultimo baluardo di umanità in un mondo, quello del calcio internazionale, dove il romanticismo viene ridicolizzato e sbeffeggiato. Non resta che guardare in noi stessi e provare a dare nuova linfa alla sempre più secchezza morale dei nostri tempi.  

Non resta che chiudere in bellezza con le gesta dell’ultimo grande eroe del calcio italiano, forse il più grande di tutta la mitologia del Belpaese dello sport più bello ed amato nel mondo: 

#iostocontotti

Benito Letizia © Stadio Sport

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